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16/03/2015 | di Redazione Ruoteclassiche
Marzo 1955, la Maserati 300 S debutta in pista
La vettura per le gare Sport del Tridente fu uno dei modelli fondamentali nella sua storia sportiva. Arrivò a un passo dal titolo mondiale del 1956, che le fu strappato dal Cavallino per una manciata di punti.
16/03/2015 | di Redazione Ruoteclassiche

13 marzo 1955: alla 12 Ore di Sebring debuttò la Maserati 300 S, evoluzione del tipo A6 GCS ’53 per le impegnative e combattutissime gare Sport. In uno scenario già abbondantemente animato da Ferrari, Jaguar, Alfa Romeo, Aston Martin e Mercedes, Maserati decise di fare il salto di qualità rispetto alla classe 2 litri.

Tre telai, schierati da Briggs Cunningham, si presentarono al via con ottime premesse: il n.3051 affidato a Bill Lloyd, il n. 3052 e il n. 3053 nelle mani di Bill Spear e Sherwood Johnson.

A causa del ritiro delle prime due, solo la terza portò a termine la corsa, per altro piazzando un ottimo terzo posto assoluto. La 300 S era giunta al traguardo con 2 giri di ritardo rispetto alla 750 Monza di Phil Hill/Carroll Shelby e alla Jaguar D-Type (anche lei del team Cunningham) portata alla vittoria da Mike Hawthorn e Phil Walters. La 3053 era riuscita a battere anche una quarta vettura sorella, la n. 3061 privata ma assistita ufficialmente dalla Casa, guidata da Cesare Perdisa e Gino Valenzano. I due piloti italiani si classificarono quarti assoluti.

UN PO’ DI STORIA
Anticipata da un modello intermedio, il tipo 250 S con motore 2.5 litri, e da un propulsore sperimentale con cilindra portata a 2.8, il tipo 300 S seguiva il naturale sviluppo della gamma Maserati per le corse, che già poteva contare su A6 GCS ’53, 150 S e 200 S.

Chiamato a sviluppare un’unità motrice adeguata, l’ingegner Vittorio Bellentani aveva attinto a piene mani al bagaglio tecnico della 250 F, al punto che il nuovo 6 cilindri in linea di 3 litri della nuova vettura Sport era simmetricamente analogo a quello della monoposto, salvo integrarvi gli aggiornamenti necessari a produrre un risultato migliore in termini di affidabilità per le gare di durata.

Allo stesso modo il telaio (una classica struttura a traliccio tubolare con tubi di sezione ellittica e circolare) sfruttava ampliamente l’architettura della 250 F con risultati pressoché identici nell’ambito della distribuzione dei pesi. Praticamente, la 300 S risultava una specie di 250 F biposto. L’ossatura della 300 S fu prodotta inizialmente dalla Maserati e successivamente dall’esperto telaista Gilco.

Il motore era collegato, mediante un tubo rigido di collegamento, al gruppo cambio (a 4 marce) – differenziale, posizionato al posteriore secondo la classica architettura Transaxle (come sulla monoposto). Sempre sul posteriore si trovava una classica sospensione con Ponte De Dion rovesciato. Ulteriori punti di collegamento con la sua “musa ispiratrice” si ravvisavano nell’impianto freni.

Lo stile, opera dell’esperto Fantuzzi, declinava il più classico schema della vettura Sport: muso lungo con ampia calandra anteriore, abitacolo aperto con piccolo parabrezza singolo per il pilota o doppio anche per il passeggero, eventuale rollbar per la testa del pilota, coda capiente per il serbatoio carburante (ben 150 litri) e quello per il lubrificante (20 litri). Il motore scaricava sulla fiancata attraverso due tubi sovrapposti. L’accesso all’abitacolo avveniva mediante una minuta porticina.

La 300 S subì pochi interventi di miglioria nel corso del suo impiego in gara, goduti per condivisione con le novità introdotte sulla 250 F e sulla mostruosa 450 S da 400 CV: apertura di prese d’aria anteriori e posteriori per rinfrescare adeguatamente i tamburi, carburatori maggiorati, impianto freni della 450 S.  L’ing. Giulio Alfieri, responsabile del monumentale V8 4.5 della 450 S, tentò anche l’installazione dell’iniezione ma senza risultato.

Non è possibile ascrivere alla 300 S una lunga lista di vittorie. Ciononostante le va riconosciuto il merito di una carriera estremamente regolare, che la portò a un passo dalla conquista del titolo mondiale nella stagione ’56. Dopo una stagione ’55 dal sapore interlocutorio (la prima vittoria arrivò solo al G.P. di Bari; alla Mille Miglia e a Le Mans fu sempre costretta al ritiro; al Gran Premio del Venezuela Manuel Fangio ottenne l’agognato successo) l’anno successivo la Maserati era intenzionata a fare sul serio assoldando niente meno che Stirling Moss.

La 300 S vinse la gara inaugurale, la 1000 Chilometri di Buenos Aires (Gendebien/Hill), la 1000 Chilometri del Nurburgring (Moss/Behra), la 1000 Chilometri di Parigi, il GP di Venezuela, il Gp di Bari, il Tourist Trophy in Australia e il Gran Premio di Roma. Ma il titolo le fu strappato da Ferrari per una manciata di punti.

Vittima della feroce campagna contro le gare in Europa all’indomani del terribile incidente di Le Mans del ’55 e messa in secondo piano dalla 450 S, l’arma della Maserati in quella che sarebbe stata la sua ultima stagione ufficiale, nel ’57 la 300 S subì il calo di interesse da parte della clientela europea. Per contro cominciò una nuova vita sportiva in America, testimoniato anche dall’andamento della produzione, i cui ultimi esemplari prodotti presero direttamente la via degli Stati Uniti.

Il telaio 3053, esattamente la 300 S giunta terza assoluta al suo esordio a Sebring, è stata venduta nel luglio 2013 all’asta da Bonhams durante i giorni del Festival of Speed di Goodwood, per oltre 5,6 milioni di euro.

Alvise-Marco Seno

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