14 aprile 1926: 90 anni fa nasceva la prima Maserati, la Tipo 26 - Ruoteclassiche
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15/04/2016 | di Alvise-Marco Seno
14 aprile 1926: 90 anni fa nasceva la prima Maserati, la Tipo 26
La storia della Maserati racconta di coraggio, intraprendenza, passione per l’automobile. In un’epoca ormai leggendaria, mentre tutto è ancora da inventare, le energie delle menti più brillanti in campo motoristico creano avventure emozionanti. Tra gli “spiriti magni” di quell’epoca pionieristica, Alfieri Maserati si fece strada con il suo progetto. E il 14 aprile di 90 […]
15/04/2016 | di Alvise-Marco Seno

La storia della Maserati racconta di coraggio, intraprendenza, passione per l'automobile. In un'epoca ormai leggendaria, mentre tutto è ancora da inventare, le energie delle menti più brillanti in campo motoristico creano avventure emozionanti. Tra gli "spiriti magni" di quell'epoca pionieristica, Alfieri Maserati si fece strada con il suo progetto. E il 14 aprile di 90 anni fa la prima auto con il marchio del Tridente, la Tipo 26, nasceva a Bologna. (in apertura: la Tipo 26 alla Targa Florio del 1926)

La società Officine Alfieri Maserati era stata fondata l'1 dicembre 1914 a Bologna per la riparazione e preparazione di auto da corsa. Alfieri II Maserati, classe 1887, uno di sette fratelli originari di Voghera (Alfieri I nacque nel 1885 ma morì dopo solo un anno di vita), il condottiero di questa piccola truppa di appassionati, aveva dato concretizzazione alla passione sua e dei consanguinei, Ettore ed Ernesto, e li aveva trascinati in questa straordinaria avventura.

I FRATELLI MASERATI
Probabilmente, col senno di poi, non avrebbe potuto essere altrimenti: già dagli esordi del secolo, infatti, i fratelli Maserati si erano distinti nel campo motoristico. Era stato il fratello più anziano, Carlo, a diffondere il germe del fervore per l'automobile. Dopo gli esordi in piccole aziende nel milanese, nel 1901 era entrato alla FIAT e nel 1903 all'Isotta Fraschini (dove fece assumere anche Alfieri); nel 1907 passò alla Bianchi e nel 1908 fondò la Junior Car Company (Alfieri rimase), raggiunto poi da Ettore. ma nel 1910, nemmeno 30 anni compiuti, morì per una malattia respiratoria. In quello stesso anno Bindo entrò come meccanico presso l'azienda di Viale Monterosa, dove rimase fino al '32. Ernesto, il più giovane, entrò in scena diciottenne direttamente con la fondazione della Maserati e l'ultimo dei fratelli, Mario, non fu mai coinvolto dal fervore per l'automobilismo degli altri ma aveva, comunque, saputo dare un contributo determinante: dedicatosi alle arti, aveva tracciato i contorni del logo ufficiale, il tridente - ispirandosi alla statua della Fontana del Nettuno ubicata a Bologna nell'omonima piazza.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Dopo una serie di viaggi di lavoro in giro per il mondo, nel 1912 Alfieri ed Ettore si trasferirono a Bologna per aprire un'officina per le Isotta Fraschini. Tappa fondamentale, questa, verso la piena indipendenza imprenditoriale, che fu raggiunta due anni dopo con la fondazione dell'azienda recante il loro cognome. Scoppiata la guerra lo slancio dei Maserati fu bruscamente frenato (eccezion fatta per il progetto per una candela d'accensione qualche tempo prima della fine del conflitto, che portò alla creazione, a Milano, della Fabbrica Candele Maserati).

L'ISOTTA FRASCHINI - HISPANO SUIZA - MASERATI
Terminata la guerra le Officine Alfieri Maserati si riorganizzarono: nuova sede in località Ponte Vecchio e accorpamento, in un unico edificio, oltre alla manutenzione e preparazione di auto, soprattutto Isotta Fraschini, anche della produzione di candele. Nonostante un'attività ormai ben avviata covava il sogno del progetto di un'automobile tutta dei Maserati. Alfieri, spirito volitivo e intraprendente, partì con un progetto tutto suo: telaio Isotta Fraschini, motore aeronautico Hispano Suiza (8 cilindri, 10.000 di cilindrata). Con lei si iscrisse nelle gare più prestigiose del tempo - Circuito del Mugello, Susa Moncenisio, Aosta Gran San Bernardo - cogliendo successi e visibilità straordinari che lo lanciarono in poco tempo alla ribalta della scena motoristica.

Fu la torinese Diatto a farsi avanti per approfittare della bravura dei Maserati: affidò loro la preparazione dei modelli da corsa e nel 1924, per cercare presentarsi alle competizioni in possesso di un prodotto valido e competitivo, ccmissionò la progettazione ex novo di una nuova auto, motore incluso.

IL MOTORE MASERATI PER LA DIATTO DA CORSA
I Maserati (Alfieri, Ettore ed Ernesto) progettano un nuovo motore 8 cilindri in linea, compressore centrifugo, due litri di cilindrata, pistoni in elektron (una lega di magnesio) e testa bialbero. Montato su un telaio Diatto, la Diatto 20 S esordì alla Parma - Poggio di Berceto dell'11 maggio '24 con alla guida lo stesso Alfieri, il quale si impose nella classe fino a 3 litri.

Un successo straordinario, ma che dovette fare i conti, di lì a poco, con le difficoltà economiche della Casa Madre. Questa fu costretta a interrompere la collaborazione con la Maserati nel '25.

NASCE LA TIPO 26
Tutto il bagaglio culturale accumulato, unito a un livello di esperienza ineguagliabile, furono da stimolo per continuare lo sviluppo e ricavarne una nuova macchina. Convinto di quell'idea - difficilissima: un'auto da corsa rappresenta il punto più alto di espressione della tecnica automobilistica - Alfieri Maserati si dedicò anima e corpo alla progettazione.

Ispirandosi alle Diatto da Grand Prix, ne riprese il telaio, con uguale passo e carreggiata, ma dovette mettere mano al motore per ridurre la cilindrata da 2 a 1,5 litri secondo le nuove regole della formula. L'obbiettivo era il completamento della macchina per un importante appuntamento: la Targa Florio.

Il 14 aprile 1926 la prima vettura dell'avventura ufficiale della Maserati come costruttore, denominata tipo 26 come l'anno in cui era venuta al mondo, fu completata per i primi test e il successivo 25 aprile, meno di due settimane dopo, Alfieri si presentò al cospetto di Vincenzo Florio. Gara durissima, animata dalla crème de la crème dell'automobilismo sportivo (Ferdinando Minoia, Baconin Borzacchini, Renato Balestrero, Diego de Sterlich, Robert Benoist e altri ancora) per altrettante vetture molto forti sulla carta (oltre a un eseercito di Bugatti anche Alfa Romeo, Delage, Peugeot, OM...).

Partirono in 34 ma arrivarono al traguardo solo in 15. Vinse Meo Costantini con la Bugatti 35. E all'ottavo posto, prima di categoria, una nuova automobile, con un Tridente sulla calandra, guidata da un uomo che in quel progetto aveva messo tutto sé stesso. E c'era riuscito! Era nato il mito del Tridente.

Alvise-Marco Seno

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