Ares Project Panther, un Toro travestito da Pantera - Ruoteclassiche
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14/12/2017 | di Alvise-Marco Seno
Ares Project Panther, un Toro travestito da Pantera
Dopo la ATS, svelata lo scorso settembre, un'altra storica Gran Turismo italiana sta per "rinascere", anche se in forma non ufficiale. Dato l'immobilismo della nuova proprietà De Tomaso, il marchio di carrozzeria Ares Design fondato dall'ex numero uno di Lotus, Dany Bahar, metterà in produzione la Pantera del nuovo millennio, che sfrutta una base meccanica ultramoderna. La produzione partirà nella seconda metà del 2018. Intanto, ecco la storia della "vera" Pantera.
14/12/2017 | di Alvise-Marco Seno

Dopo la ATS, svelata lo scorso settembre, un'altra storica Gran Turismo italiana sta per "rinascere", anche se in forma non ufficiale. Dato l'immobilismo della nuova proprietà De Tomaso, il marchio di carrozzeria Ares Design fondato dall'ex numero uno di Lotus, Dany Bahar, metterà in produzione la Pantera del nuovo millennio, che sfrutta una base meccanica ultramoderna. La produzione partirà nella seconda metà del 2018. Intanto, ecco la storia della "vera" Pantera.

ARES Design, marchio di carrozzeria modenese specializzato in trasformazioni su meccaniche di prestigio (Mercedes Classe G AMG, Bentley Mulsanne o Rolls-Royce Wraith sono solo alcuni esempi), annuncia il suo nuovo progetto per il 2018: si chiamerà "Project Panther" e riporterà in auge una delle Gran Turismo più celebri degli anni 70. Dany Bahar, fondatore e AD della Casa, ha dichiarato che la vettura sarà costruita negli stabilimenti di Modena a partire dal prossimo anno.

La Ares Project Panther partirà dalla meccanica della Lamborghini Huracan (telaio space-frame in acciaio e alluminio, motore V10 da 5,2 litri) per riproporre, con un design più avveniristico e una filosofia di chiaro stampo "Bespoke", la coupé a motore centrale che sostituì la De Tomaso Mangusta. Parliamo della mitica Pantera, dotata di un rudimentale ma generosissimo V8 Ford e prodotta per oltre 20 anni, dal 1971 al '93.

La direzione dell'azienda fa sapere, attraverso un comunicato ufficiale, che il processo di creazione del design è quasi concluso. Già in fase di affinamento anche lo studio dell'aerodinamica e i crash test.

LA DE TOMASO? ORA È CINESE
L'azienda fondata nel 1959 da Alejandro De Tomaso nel 2015 è diventata di proprietà cinese: il nuovo proprietario, Ideal Venture Limited, ha acquisito il brand e quel che rimane della storica ditta, salita tristemente agli onori della cronaca nel 2012 per la truffa messa in piedi dall'imprenditore torinese Gian Mario Rossignolo. Allora, tuttavia, il nuovo proprietario del Far East non ha annunciato ambiziosi piani di rilancio, limitandosi a parlare di generiche attività di sfruttamento del brand.

DE TOMASO PANTERA: UN PO' DI STORIA
Potrebbe essere considerata come il più elevato risultato di un'automobile "ibrida", intendendo con ciò l'armonia di elementi di provenienza italiana, con altri di natura squisitamente americana. Non si trattò, in sostanza, solo di un altro esempio di unione tra stile italiano e powertrain "yankee". La De Tomaso Pantera fu molto di più: nata in stretta collaborazione con Ford, volle rappresentare l'arma anti-Corvette dell'Ovale  e, per Alejandro De Tomaso, la possibilità di proporre, nella nicchia delle supercar ad alte prestazioni, una possente coupé a motore centrale di prezzo più accessibile rispetto alle più costose Ferrari, Lmborghini e Maserati.

Il progetto, varato nel '69 e basato su un importante accordo di partnership tra Ford e De Tomaso (il colosso americano non solo avrebbe fornito i motori, ma si sarebbe occupato anche della commercializzazione sul mercato interno attraverso la propria rete Lincoln-Mercury), si concretizzò nel 1970, al Salone di New York: la nuova Pantera era un'avvenente, compatta e aggressiva purosangue da oltre 300 cavalli.

Lo staff tecnico, guidato dall'ingegner Giampaolo Dallara, era partito dallo schema tecnico della Mangusta, dalla quale, tuttavia, decise di non mutuare il telaio a trave centrale. Si optò per un più convenzionale monoscocca (scelta dettata dai costi e imposta da Detroit), dotato di sospensioni a doppi triangoli e freni a disco autoventilanti. Il motore scelto, un poderoso V8 Cleveland da 351 pollici cubici (5,7 litri) e dotato di un unico carburatore a quattro corpi, sviluppava una potenza massima di 310 Cavalli. Era abbinato a un cambio a 5 marce ZF e, naturalmente, alla trazione posteriore. La produzione avveniva negli stabilimenti della Vignale.

Il disegno della carrozzeria fu affidato alla matita di Tom Tjaarda, che produsse un corpo vettura basso, corto e largo: un design tipicamente italiano, dove è evidente l'armonia sapientemente creata tra spigoli e superfici più morbide.

Fu commercializzata in America a un prezzo di poco superiore a 10.000 dollari, comunque la metà del costo di una supersportiva italiana. Oltreoceano le vendite iniziarono con un ritmo soddisfacente, sebbene la macchina non brillasse certo per affidabilità: le Pantera palesavano numerosi problemi relativi alla qualità degli assemblaggi e scarso comfort (il calore che invadeva l'abitacolo era insopportabile). A ciò si aggiunsero le difficoltà della stessa rete di vendita nel riuscire a commercializzare un'auto del genere accanto a vetture estremamente convenzionali per il mercato americano come le Lincoln e le Mercury. La gamma fu presto allargata alla versione "L" (dotata di nuovi e più vistosi paraurti rispondenti alle norme USA) e alla GTS da 350 Cv (con verniciatura bicolore, passaruota allargati e ruote di maggiori dimensioni).

PANTERA II° SERIE
Al Salone di Los Angeles del '74 De Tomaso presentò la seconda serie della Pantera: si trattava di una versione evoluta dal punto di vista dello stile e della sicurezza. Ciononostante la Ford, di fronte ai problemi delle vicende petrolifere del periodo e dell'inasprimento delle normative in tema di sicurezza e inquinamento, abbandonò la partita prima del tempo: gli stabilimenti della Vignale furono chiusi e la produzione (a un ritmo molto più lento) continuò soltanto a Modena (i motori arrivavano ora dall'Australia, poiché in America ne terminò la produzione). La situazione non era certo positiva ma Alejandro De Tomaso, convinto della bontà del progetto (e certamente aiutato da una serie di successi nelle corse) continuò a produrre e ad aggiornare la Pantera.

Negli anni 80 arrivarono la Pantera GT5 e la GT5S, dotate di un vistoso allestimento estetico con alettoni e passaruota specifici. Nel 1986, infine, si decise di adottare un 8 cilindri Windsor, in sostituzione del V8 Cleveland.

Nel 1990 la De Tomaso presentò l'ultima versione: la Pantera 90 si caratterizzava per il design profondamente rivisto (opera di Marcello Gandini) e per il motore 8 cilindri 4,9 di provenienza Ford Mustang (potenziato a 300 Cv). Divenuta, ormai, una specie di "retro-modern-classic", ne vennero costruite meno di 50 fino al 1993. Tra queste uno sparuto manipolo di esemplari Targa (allestiti dalla carrozzeria Pavesi di Milano).

Alvise-Marco Seno

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