Dopo oltre 100 anni di storia, dieci anni fa si tira il freno. Aveva tagliato il traguardo di un secolo di attività, ma dieci anni fa, nel 2008, con la chiusura definitiva, anche la AC Cars (Auto Carriers Ltd), fabbrica di automobili del Regno Unito nata nel 1904, è entrata nel novero dei marchi scomparsi.
La fabbrica, con sede principale a Thames Ditton, sobborgo del Surrey vicino a Londra, era nota per la produzione di auto sportive. Meno nota è la sua storia, che attraversa tutto il Novecento.
Gli esordi. L’attività aziendale inizia negli ultimi, scintillanti anni della Belle Époque, durante i quali il veicolo più diffuso è ancora la carrozza a cavalli e l’automobile è simbolo di innovazione, velocità e futuro in tutto il mondo. Come molte attività imprenditoriali di rilievo, l’AC Cars deve il suo inizio ad una circostanza fortunata e cioè all’incontro tra un commerciante di carni e un tecnico delle automobili: sono loro a presentare un veicolo a tre ruote, l’Auto Carrier, con motore monocilindrico, per il trasporto merci.
La prima AC. Comincia così l’avventura della Autocar & Accessories Ltd, fabbrica che produrrà anche una vettura per il trasporto di persone, sempre a tre ruote, la Ac Sociable, fino al 1915. Quest’ultima deve il suo nome al fatto che passeggeri e autista sono seduti uno accanto all’altro e non uno dietro l’altro, come avveniva nella maggior parte dei veicoli a tre ruote del tempo. Per la prima volta, nella storia aziendale, vengono usate le inziali AC.
Le quattro ruote dopo la guerra. I cambiamenti si susseguono veloci, dal cambio della denominazione (l’impresa nel 1907 diventa Auto Carriers Ltd) all’apertura dello stabilimento produttivo di Thames Ditton nel 1911, fino alla progettazione di veicoli a quattro ruote, che entrano in produzione dopo la fine del primo conflitto mondiale. Solo nel 1953 tornerà il modello a tre ruote, la AC petite. Non ebbe grande successo, perché ricordava le auto per disabili che pure furono prodotte dalla fabbrica.
L’accelerazione. O velocità, nel più stretto senso del termine. I test delle vetture si svolgevano sul circuito di Brooklands, situato vicino alla sede di Thames Ditton: qui vengono stabiliti molti record di di categoria. Nel 1919 John Weller progetta un propulsore soprannominato light six ( proprio perché molto leggero) che sarà prodotto per oltre quarant’anni: un’architettura 6 cilindri in linea con una cilindrata di 1.991 cm³. Tre anni dopo l’impresa diventa AC Cars, dopo essere diventata di proprietà del pilota australiano Selwyn Francis Edge; nel 1927 ancora un nuovo nome ( diventa l’AC (Acedes) Ltd) e appena due anni dopo, con la crisi del 1929 si interrompe la produzione, con volontaria liquidazione dell’azienda.
Sembra tutto finito: in realtà il meglio deve ancora venire. Si ricomincia nel 1931, con la produzione artigianale di una vettura sportiva e, dopo la fine della seconda guerra mondiale, con propulsori firmati Bristol e Ford. Sono gli anni della AC Aceca (versione berlinetta) e la AC Ace (versione roadster), utilizzate in molte gare negli anni Sessanta, tra cui la Carrera Panamericana. Nel 1961 un accordo con la Shelby Automobiles consente di produrre la AC Cobra, dotata di propulsore Ford V8 e divenuta poi Shelby Cobra. I modelli sono tre: la Cobra 260, 289 e 427. E ancora vengono sfornate la AC 428, una spider disegnata da Frua e la AC ME 3000, una vettura sportiva del 1973.
Gli anni 90. La parola d’ordine è delocalizzazione: il marchio viene rilevato da Alan Lubinski, che trasferisce la produzione a Malta nel 2004. Esce un nuovo modello, la Mkv, ma il mercato non risponde e nel 2008 la partita per l’ultracentenaria azienda britannica si chiude definitivamente. Un nuovo modello esce in Sud Africa nel 2012: la AC 378 GT Zagato, quando il marchio ormai è di proprietà tedesca.