La felice collaborazione con Enzo Ferrari e Giovanni Michelotti
Al pari di Vignale, Enzo Ferrari aveva da poco fondato la piccola officina di Maranello ed era entrato in contatto con il battilastra torinese attraverso Franco Cornacchia, noto pilota e concessionario a Milano del Cavallino; i due costruttori erano accomunati da alcune peculiari caratteristiche personali, che li videro entrambi primeggiare nell’esasperata dedizione al proprio lavoro e nella consapevolezza di essere i soli a decidere nella delibera di ogni minimo dettaglio. L’accordo fra loro fu raggiunto in un momento in cui Ferrari affidava i propri autotelai alla Touring di Milano, che in effetti contribuì in misura determinante a creare la celebre immagine delle 12 cilindri italiane in campo sportivo e nel gran mondo degli anni Cinquanta. Ma il costruttore di Maranello, allergico agli accordi di lungo termine, era alla ricerca non di un nuovo carrozziere, bensì di un artista autentico, ricco di mestiere ma anche di spavalde intuizioni estetiche, capace di intraprendere con lo stesso entusiasmo il secondo allestimento di una vettura uscita malconcia da un incidente oppure la costruzione ex novo di un’eccentrica carrozzeria per conto di uno dei molti pittoreschi personaggi dell’epoca.
La prima delle inebrianti vetture del Cavallino realizzata nell’atelier di via Cigliano fu la berlinetta “166 MM” (telaio n° 006 I) costruita nel 1950 per conto di Cornacchia. La vettura prese origine da un famoso binomio che negli anni a seguire identificò un gran numero di modelli entrati a buon diritto nella storia dell’automobile italiana: Alfredo Vignale e Giovanni Michelotti, torinese anch’egli (nato nel 1921) e anch’egli formatosi alla celebre scuola dei Farina, che poi abbandonò per affrontare le sue esperienze di stilista presso la carrozzeria Allemano e dedicarsi quindi all’affascinante avventura con Vignale. Quest’ultimo si distinse, in quegli anni pionieristici, per la sua prorompente personalità interpretativa, formatasi attraverso le esperienze giovanili del battilastra, e per l’eccezionale abilità nel trasferire sul foglio di lamiera il piano di forma talvolta tracciato con il gesso sul pavimento.
Fu un momento di grande euforia e appassionante collaborazione: nel caso il bozzetto di Michelotti non esprimesse al meglio l’ispirazione versatile del carrozziere, era quest’ultimo a intervenire con esperienza consumata per conferire una modellazione più semplice, a volte meno trasgressiva. Le Ferrari disegnate da Michelotti ed allestite da Vignale (censite in 156 esemplari) risultarono identificate tutte da quelle forme spontanee che nell’ambiente precedettero la fase della costruzione a mano in piccola serie per passare poi allo stadio successivo che dilagò con il fenomeno del “family look”.
Fra i modelli di eccezionale eleganza creati da Vignale figurò la spider Ferrari “212 Export” (telaio n° 0090 E), che debuttò al Salone dell’auto di Ginevra 1951 e che fu consegnata il 12 marzo a Umberto Marzotto della famosa dinastia di Valdagno; in quella macchina Vignale espresse al meglio la scuola della barchetta all’italiana, con un lungo cofano prominente, fiancate lievemente modellate, parabrezza appena accennato e l’assenza quasi assoluta di decorazioni cromate, volta a valorizzare la bellezza delle forme.
Il felice rapporto di feeling venutosi a creare fra lo stilista d’assalto e il carrozziere veterano prese forma in altre splendide automobili, scolpite come rari oggetti d’arte e che trovarono insigni estimatori in alcuni personaggi della nobiltà europea, come pure presso famosi sportivi e noti uomini di spettacolo. Le Ferrari allestite da Vignale giocarono anche un ruolo decisivo nelle vicende agonistiche del Cavallino (ad esempio le “340 Mexico” della Carrera Panamericana 1952 e le auto che trionfarono alla Mille Miglia nel triennio 1951-53).
Michelotti seppe interpretare con fantasia i gusti e le aspirazioni dei singoli clienti di Ferrari e nel 1954 Vignale realizzò, fra le altre, la splendida “250 Europa” (telaio n° 0359 GT) per conto della principessa del Belgio Liliana de Réthy, una vettura che è rimasta negli annali del Cavallino come uno degli esempi di maggiore equilibrio formale fra le berlinette sportive a due posti.
Il designer torinese, così prolifico di nuove soluzioni e divenuto protagonista in breve tempo della scuola stilistica italiana del dopoguerra, si dedicò con inesauribile eclettismo a progettare l’originale barchetta Alfa Romeo “412” con motore V12 di 4,5 litri, al volante della quale Felice Bonetto si aggiudicò il sesto posto assoluto alla Mille Miglia del 1951, e inoltre la barchetta Maserati “A6 GCS” del 1954 con i lunghi tubi di scarico laterali, che agirono da elemento estetico fortemente innovativo. L’estro di Michelotti non si limitò solo alle macchine granturismo su commessa della clientela più in vista del momento, ma si espresse anche con alcune vetture stravaganti, come la “Spiaggetta” realizzata nel 1957 da Vignale sulla meccanica della Fiat “600 Multipla” e che contribuì in misura determinante ad alimentare il filone effimero delle vetturette da spiaggia nelle località di vacanza più alla moda. Nel 1961 debuttò al Salone di Torino il prototipo della berlinetta Maserati “Sebring 3500 GTI” (220 CV), della quale si allestirono circa 600 esemplari fino al 1968 rinunciando in parte alle lavorazioni manuali di scuola tradizionale.
Vignale cominciò inoltre a produrre in serie limitata le Lancia “Appia” e “Flavia”, nonché le Fiat “600 D” in versione coupé e spider, mentre Michelotti iniziò ad operare nel suo piccolo atelier di carrozzeria, pur continuando a collaborare intensamente fino al 1961 con la piccola officina di via Cigliano, trasferita poi in un moderno stabilimento di 40.000 metri quadrati a Grugliasco (Strada del Portone 177), dove la specifica attività abbandonò le originali tecniche di lavorazione artigianali per assumere quelle semi-industriali.
Il celebre carrozziere torinese presentò le sue ultime proposte nel 1968: una curiosa station wagon su meccanica Ferrari “330 GT 2+2”, commissionata da Luigi Chinetti del North American Racing Team e, per conto della cecoslovacca Tatra, il prototipo della “613”, imponente berlina di rappresentanza a motore V8 posteriore raffreddato ad aria. La nuova fabbrica dovette presto affrontare, come altre nel settore, serie difficoltà finanziarie e la De Tomaso, che già all’epoca aveva allungato le mani sulla carrozzeria Ghia con il sostegno della Ford Motor Company, concluse le trattative per l’acquisto dello stabilimento di Grugliasco. Con tutti i suoi beni, l’azienda venne poi liquidata nel 1973.
Quattro anni prima, la mattina del 16 novembre 1969, Alfredo Vignale era morto, a soli 56 anni, in un oscuro incidente stradale. Scomparve con lui uno dei grandi artefici della carrozzeria italiana, insigne scultore dell’età contemporanea.
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