Allegato al numero di giugno di Ruoteclassiche, in edicola dal 6 di questo mese, potete acquistare il quinto volume della collana Icone, dedicato alle auto più indicate per la stagione estiva che è alle porte, le spider. Ogni fascicolo ha 146 pagine in cui vi raccontiamo la nascita, l’importanza per il mercato italiano e i particolari meno noti dei vari modelli. Di ciascuno ripercorriamo la storia e l’evoluzione, illustriamo la tecnica, raccontiamo le curiosità e gli aneddoti meno conosciuti, oltre a riportare quanto scritto e rilevato da Quattroruote, o Ruoteclassiche, nelle prove pubblicate al tempo.
La grande bellezza. Cioè quella delle Alfa Romeo Giulietta Spider e “Duetto”, comprendendo sotto questa famiglia tutte le Spider, questo il nome ufficiale, prodotte fino al 1994. La Giulietta Spider è stata costruita fra il 1955 e il 1962 in tre serie successive, seguite dalla Giulia Spider, che altro non era che una Giulietta con il motore portato a 1.600. La “Duetto”, invece, resa subito famosa dal film “Il laureato” con Dustin Hoffman, nasce nel 1966 con la caratteristica forma a “osso di seppia”, con la coda tonda. Le fa seguito la cosiddetta “coda tronca”, sostituita dall'”Aerodinamica” e poi dall’ultima versione che riguadagna la pulizia di forme dovuta a Pininfarina.
La “Z” del futuro. Contenuta nella sigla della BMW Z3, l’iniziale di Zukunft contraddice in realtà le forme e la ripartizione dei volumi vagamente rétro della spider bavarese, che anche quanto a piacere di guida si rifà più ai tempi andati che a quelli di là da venire. Nasce come 1.800 e 1.900 a quattro cilindri, ma nel tempo arrivano i sei cilindri 2.800 e 3.200, quest’ultimo destinato alla grintosissima Z3 M da 321 CV, derivato dal propulsore della M3. Al debutto, viene guidata da James Bond nel film “GoldenEye”.
California dreaming. Grandissimo successo in terra americana per la Fiat 124 Sport Spider, che comunque ha riscosso notevoli consensi anche in patria, pur essendosi fermata la sua commercializzazione, da noi, nel 1975, mentre Oltreoceano ha continuato a essere proposta ancora a lungo. Uno dei tanti capolavori di Pininfarina, per mano di Tom Tjaarda. La Dino Spider, invece, sempre firmata dalla carrozzeria torinese, nasce per consentire l’omologazione dei motori V6 Ferrari destinati alla F.2. Prima con cilindrata 2.000 e poi 2.400, è una sportiva grintosa e affascinante. La Barchetta del 1995 si rifà alle linee della Ferrari 166 MM, ma conquista anche per le prestazioni e la godibilità del suo 1.700 quattro cilindri. Resta sul mercato per dieci anni.
Lascia senza fiato. La Jaguar E-Type è un’icona fra le auto di tutti i tempi, con uno stile personale e così azzeccato da restare sulla breccia dal 1961 al 1975, con motori a sei cilindri 3.800 e 4.200 e a 12 cilindri 5.300. Con 269 CV, comunque, anche le prestazioni sono sbalorditive: la versione coupé, nella prova di Quattroruote, raggiunse addirittura i 256 km/h, un risultato incredibile per l’epoca. La V12 era disponibile anche con il cambio automatico, per andare incontro ai gusti della clientela americana. La E-Type, in totale, è stata costruita in 34.000 esemplari circa.
Eleganza italiana. Per quanto pensata e nata per il mercato americano, tanto da essere talvolta chiamata anche “America”, la Lancia Aurelia B24 è una pietra miliare del design e dell’eleganza nostrane. Dotata del celebre V6 di 2.5 litri per 118 CV, ha frizione, cambio e differenziale al ponte posteriore, con i freni a tamburo “inboard”. Viene prodotta in due serie, la Spider con parabrezza panoramico, semiparaurti e interno spartano, e la Convertibile con parabrezza tradizionale, deflettori, paraurti a lama e interno più confortevole.
Fascino orientale. In un periodo in cui le spider non vanno certo per la maggiore, la Mazda prova a risollevare l’interesse del pubblico con la MX-5, e ci riesce. La linea strizza l’occhio alla Lotus Elan, mentre l’aspetto del motore ricorda quello del bialbero Alfa Romeo. Tutto l’insieme ha un sapore anni 60 che fa innamorare migliaia di persone, anche per la tipica qualità giapponese della nuova due posti. Vi illustriamo le prime tre serie, la NA del 1989, la NB del 1997 e la NC del 2005.
Una “Pagoda” tedesca. Il nomignolo deriva dalla forma concava del padiglione della Mercedes SL “W113”, che poi non è un tetto vero e proprio, ma un hardtop, dato che la 230 SL del 1963 è una spider, seguita poi dalla 250 SL e infine dalla 280 SL. Crescono di cilindrata i motori, ma la linea resta inalterata per tutto il ciclo produttivo, ed è opera di Paul Bracq, del quale viene considerata il capolavoro. la generazione successiva è quella della “R107”, che debutta nel 1971 e resta a listino addirittura fino al 1989, passando attraverso restyling e svariate motorizzazioni che non ne alterano mai lo spirito né il design complessivo. Per finire, la generazione delle “R129”, le SL degli anni 90 create da Bruno Sacco e caratterizzate dall’estrema pulizia delle linee, che le rende insensibili al passare degli anni.
Spensieratezza britannica. I primi anni 60, in Gran Bretagna, sono un ribollire di vitalità, gioia di vivere e sperimentazione, anche musicale e artistica. Uno dei simboli dell’Inghilterra del tempo è la MG B, lanciata nel 1962. Bella, continuamente migliorata nell’arco della produzione, non costa una follia e ha parecchio successo. Il motore è un quattro cilindri 1.800 non potentissimo, ma sufficiente per garantire buone prestazioni. La misura del gradimento del pubblico la danno i quasi 400.000 esemplari prodotti fino al 1980.
Linea made in Italy. Si deve a Giovanni Michelotti lo stile della Triumph Spitfire, spiderina d’Oltremanica di cilindrata contenuta e prezzo alla portata di molti. Il divertimento che sa offrire è grande e infatti resta a listino per diciott’anni. Aggiornata più volte, sale di cilindrata da 1.100 a 1.500 e cresce nella potenza da 63 a 75 CV. Il telaio è ancora separato dalla carrozzeria e il motore ha la distribuzione ad aste e bilancieri, ma l’assetto, il cambio e i freni consentono di togliersi delle soddisfazioni.