Un accordo di collaborazione tra i due Enti siglato ad ottobre 2019 che ha l’obiettivo di fare chiarezza e corretta informazione che prevede l’analisi del materiale particellare, degli ossidi di azoto e di altri contaminanti potenzialmente connessi con le emissioni prodotte dai veicoli storici, in relazione agli usi e ai chilometri annuali realmente percorsi.
Nelle città il riscaldamento domestico incide per il 42%, l’industria per il 17% e l’agricoltura per il 15%. I trasporti stradali emettono invece l’11% del PM10 in sospensione nell’aria. Da qui, secondo l’Asi, la necessità di un approccio integrato al tema delle emissioni in aria e non solo penalizzando e demonizzando i veicoli storici e di interventi su tutte le sorgenti che contribuiscono all’inquinamento atmosferico. Questa in estrema sintesi l’esito della ricerca commissionata dall’Asi all’Istituto Superiore di Sanità come programma di ricerca sugli inquinanti atmosferici prodotti dalla circolazione dei veicoli storici e illustrato in occasione del salone internazionale Automotoretrò, che si è chiuso domenica nei padiglioni di Lingotto Fiere a Torino.
Le conclusioni dell’ISS. Alla presentazione delle conclusioni dello studio hanno partecipato Andrea Piccioli, direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni De Virgilio, ricercatore scientifico, e Gaetano Settimo del Reparto Esposizioni a Contaminanti nell’Aria, Suolo e da Stili di Vita Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS. Quest’ultimo ha esposto una sintetica relazione sull’inquinamento atmosferico, sulle sostanze inquinanti e le rispettive sorgenti. “Per la nostra ricerca – ha spiegato Gaetano Settimo – ci concentreremo su quell’11% emesso dalla circolazione dei mezzi per estrapolare il dato riferito ai soli veicoli storici certificati in base al loro utilizzo e ai chilometri percorsi annualmente, prendendo in considerazione cinque città italiane campione. Si arriverà alla definizione di protocolli guida nazionali per la regolamentazione dell’utilizzo di tali veicoli in ambienti urbani”. Anche il rappresentante dell’Istituto Superiore di Sanità ha sottolineato la necessità di distinguere chiaramente le categorie dei veicoli: “L’impatto ambientale da ricondurre al parco autoveicolare circolante – ha detto – è determinato dai veicoli obsoleti e non certo dai veicoli storici certificati, che rappresentano una percentuale minima rispetto al circolante obsoleto e vanno tutelati”.
L’incidenza delle storiche. In quel contesto è stato anche spiegato come le emissioni derivate dalla circolazione dei veicoli comprendano quelle derivate dai gas di scarico prodotto della combustione dei diversi prodotti petroliferi come benzina, diesel, gas naturale e Gpl, miscele di diversi idrocarburi (che contengono atomi di carbonio e idrogeno). Si associano poi emissioni da abrasione quali prodotti dall’abrasione meccanica (pneumatici, freni, frizione) e dall’usura del manto stradale. L’abrasione è significativa per le sole emissioni di PM e di alcuni metalli. Ci sono poi emissioni evaporative, come prodotti emessi anche quando il veicolo è parcheggiato a motore spento, come la benzina che contiene una varietà di HC diversi (idrocarburi incombusti). Le emissioni evaporative sono importanti solo per i Cov, ovvero i composti organici volatili. “Ovviamente – è stato detto – la quantità delle emissioni da mezzi di trasporto dipende anche dalla densità del parco circolante: su 38 milioni di veicoli la cui età supera gli 11 anni, i veicoli storici rappresentano circa lo 0.9%. Statisticamente in Europa il 57% delle auto storiche (ovvero oltre i 30 anni) percorre meno di 1.000 km l’anno. Solo il 14% supera i 5.000 km. Per la corretta efficienza meccanica va anche detto che questi mezzi necessitano di muoversi e richiedono un vero know-how che va trasmesso mentre c’è carenza di personale qualificato”.
La parola all’ASI. “Questa ricerca – ha commentato Alberto Scuro, presidente dell’Automotoclub Storico Italiano – costituirà la premessa oggettiva e non strumentale per le riflessioni future con le istituzioni competenti in materia legislativa. Asi e Iss hanno individuato il percorso corretto per modernizzare il sistema di regolamentazione della circolazione dei veicoli storici, ossia i 400mila mezzi certificati che non vanno confusi con i 14 milioni di mezzi obsoleti circolanti. Asi, inoltre, si augura di poter mantenere e proseguire il dialogo con le autorità nazionali e parlamentari, che hanno già dimostrato sensibilità e rispetto verso il patrimonio storico e tecnologico e verso gli appassionati, garantendo comunque un elevato senso di responsabilità verso l’ambiente ed il bene comune”.