All’inizio degli anni Ottanta, la Pininfarina si distinse nella realizzazione di due vetture sportive – una rimasta allo stadio di prototipo funzionante, l’altra prodotta in serie – caratterizzate da interni dotati di materiali assolutamente inusuali per il settore automobilistico. Si trattava della Audi Quartz, apparsa al Salone di Ginevra nel 1981, e della Lancia Rally, presentata un anno dopo al Salone di Torino.
La sola Audi di Pininfarina. La Quartz, oggi visibile al Museo Audi, fu la prima – e tuttora unica – vettura dei quattro anelli realizzata dalla Pininfarina (per mano del designer Enrico Fumia). Nel 1980, Audi aveva presentato la sua sportiva Quattro, una coupé a quatto ruote motrici studiata specificatamente per le competizioni. Le soluzioni tecniche adottate vennero subito giudicate idonee dal centro studi Pininfarina – all’epoca diretto da Leonardo Fioravanti – per realizzare uno studio di carrozzeria utilizzando una serie di materiali leggeri già in uso nel settore aeronautico. Così, nell’estate del 1980, arrivò a Torino una Audi Quattro di preserie priva di carrozzeria. Fu lo stesso Ferdinand Piech, direttore tecnico sviluppo della Audi NSU Auto Union AG, che si interessò della vicenda accordando a Sergio Pininfarina la collaborazione per progettare la Quartz. Lo spirito dei torinesi fu quello di realizzare una vettura che desse l’impressione di leggerezza, modernità ed equilibrio delle dimensioni. Piech, alla conclusione dell’opera, fu il primo a offrire un commento degno di nota: “La Audi Quartz è l’espressione perfetta di un maestro della carrozzeria, che riapre il dibattito su quelle che saranno le tendenze delle auto per gli anni Ottanta”.
Materiali innovativi. Una bella soddisfazione per Sergio Pininfarina e per il suo staff, che si era prodigato per creare una vettura innovativa anche all’interno. Vennero utilizzati, infatti, materiali e rivestimenti leggeri secondo un disegno improntato alla massima semplicità e funzionalità. Il prototipo era composto da paraurti in struttura sandwich di Kevlar-nido d’ape-Kevlar. Il cofano motore, il padiglione e i pannelli laterali erano in alluminio. I pannelli porta in laminato sandwich di acciaio-polipropilene-acciaio. Il lunotto in policarbonato, la sua cornice in fibra di carbonio stratificato con resina epossidica. All’interno, le scocche dei sedili e il volante erano in fibra di carbonio, mentre i rivestimenti delle imbottiture erano in tela di paracadute.
E in casa Lancia… La Lancia Rally stradale venne prodotta in 200 esemplari per ottenere l’omologazione sportiva in gruppo B necessaria alla partecipazione nel Campionato del Mondo Rally. Manteneva l’architettura della versione “corsa”, con corpo vettura coupé due posti, motore posteriore longitudinale, trazione posteriore, monoscocca centrale in acciaio con roll-bar incorporato, telai ausiliari anteriore e posteriore in traliccio tubolare per il sostegno degli organi meccanici, carrozzeria in resina (a eccezione delle porte) e sospensioni indipendenti a parallelogramma. La meccanica messa a punto dall’Abarth e le carrozzerie realizzate dalla Pininfarina venivano convogliate nello stabilimento Lancia per l’assemblaggio finale.
Stile e tecnologia. Lo stile di base venne abbozzato direttamente dall’Abarth già nelle prime fasi dello sviluppo per la versione “corsa”, partendo dalla linea della Lancia Beta Montecarlo (a sua volta di origine Pininfarina). La collaborazione della Pininfarina si estese alla definizione dell’abitacolo. La particolare struttura della Rally comportò l’uso di metodi artigianali, con adattamenti “su misura” di ogni scocca al telaio. L’interno era fatto di materiali leggeri e robusti. Un’apparente semplicità nascondeva un’estrema sofisticazione: moquette sul pavimento; velluto di cotone per sedili e braccioli; ossatura della plancia in fibroresina e frontale in lega leggera oxalizzata nera. La plancia, invece, era rivestita con lastre di neopreme: un materiale morbido, piacevole al tatto, comunemente impiegato per la fabbricazione delle tute da sub.