Il primo compleanno degli “anta” può essere allo stesso tempo ostico ed emozionante. Nel caso della BMW M5 E28, la prima a fregiarsi di questa mitica sigla, propendiamo decisamente per il secondo, in quanto non si può certo negare che, quando fu presentata al Salone di Amsterdam del 1984, non fece esattamente scalpore. E, forse, è apprezzata di più adesso, che è diventata da tempo un’auto da collezione.
Cuore di razza. In un’epoca in cui le esagerazioni estetiche, tra adesivi di dimensioni cubitali inneggianti al turbo – BMW ne sapeva qualcosa, vedi 2002 turbo – e spoiler visibili a distanza – ci risiamo, con la 3.0 CSL – la prima M5 era insolitamente sobria, addirittura meno aggressiva della M535i che l’aveva preceduta. Il meglio era nascosto sotto il cofano e si trattava di qualcosa di molto prezioso: inizialmente progettato per la prima supercar bavarese, la M1, il 6 cilindri in linea M88/3 di 3.453 cm³ sprigionava 286 CV e catapultava la berlina nell’olimpo delle sportive. Più potente di una coeva Ferrari 328, con uno 0-100 in 6,5 secondi e 245 km/h di velocità massima, la M5 lasciava a bocca aperta.
Sobria, ma pronta a scatenarsi. Cosa che non accadeva se per esempio se ne trovava una ferma in un parcheggio. Poco la distingueva da una pacifica 520i, se non un accenno di spoiler sul baule e, soprattutto, i cerchi di lega BBS, con l’impronta a terra degli pneumatici 220/55. Anche il logo – ora arcinoto – della M GmbH diceva tutto e niente, eccetto ai fortunati proprietari, che si ritrovavano per le mani un’auto capace di comportarsi da comoda e affidabile berlina per la famiglia, con tanta coppia a disposizione e un’andatura fluida in tutte le marce, oppure, affondando il piede destro, di trasformarsi in una sportiva capace di umiliare modelli importanti. Anche tra le curve.
Costava più di una 911. La Divisione M aveva infatti prestato molta attenzione anche al telaio, potenziando le barre antirollio, montando molle e ammortizzatori Bilstein e un differenziale autobloccante. L’interno della M5 ricalcava la sobrietà esterna, con l’unica concessione alla sportività rappresentata da sedili più profilati e volante a tre razze con dettaglio dei colori M su quella centrale. Prodotta in soli 2.241 esemplari fino al 1987, principalmente per il prezzo salatissimo (superiore persino a quello di una Porsche 911 Carrera) e per il fatto che, volendo rimanere in casa Bmw, la 535i era un’interessante alternativa, la M5 era rara e desiderata già all’epoca.
Prestazioni stellari, quotazioni in linea. La M5, infatti, non aveva praticamente rivali dirette: nessuna berlina poteva avvicinarsi a lei in quanto a prestazioni e dinamica di guida e questa sua unicità è diventata il marchio di fabbrica di tutte le generazioni che l’hanno seguita, contribuendo a cementare il mito di questo modello. Oggi le quotazioni sono letteralmente esplose e gli esemplari sopravvissuti più belli sono ormai finiti nei garage dei collezionisti, mentre per quelle poche rimaste in vendita in Europa si parte dai 47.000 euro per un esemplare in buone condizioni. Per uno perfetto, invece, ce ne vogliono almeno 75 mila.