Come ha inciso sui collezionisti di auto storiche la Brexit secondo il Financial Time, che ha dedicato all’argomento una sua inchiesta. Ecco in sintesi le conclusioni a cui è arrivato il quotidiano economico inglese. In attesa di capire come la presa di posizione delle autorità inglesi possano cambiare ancora una volta le carte in tavola.
Il Financial Times (FT) non fa in tempo a dedicare una fotografia al mercato delle auto classiche che arriva da Londra, notizia di ieri, un nuovo elemento a sparigliare il gioco: l’Alta Corte britannica ha accolto il ricorso di due cittadini (una consulente finanziaria e un parrucchiere) rimettendo nelle mani del Parlamento la pronuncia prima che il Governo possa avviare le procedure di recesso dall’Europa. Nei momenti successivi all’annuncio, il valore della Sterlina è tornato in recupero e quindi, al di là della concitazione attuale e di quello che davvero accadrà, vale comunque la pena dare un occhiata ai dati della prestigiosa testata inglese tendendo conto però che, molto, potrebbe ancora cambiare.
A pochi mesi dalla Brexit si iniziano comunque a vedere i primi effetti sul mercato dei beni da collezione e quindi anche delle auto classiche. Come avevamo anticipato nei mesi scorsi, ci possono essere notizie positive e negative in base a tipologia e residenza degli acquirenti al di qua e al di là della Manica. Ad occuparsi del tema è il Financial Times e, semplificando, si potrebbe dire che dopo i primi entusiasmi ora iniziano i primi problemi, per gli appassionati e per gli operatori inglesi, derivanti dalla sterlina bassa e svalutata rispetto a Euro o Dollaro.
Il FT rileva che per i beni da collezione – che si tratti di vini, auto o stampe antiche – dopo gli incrementi delle vendite, derivanti in particolare dall’arrivo di acquirenti con valute che si erano apprezzate nei confronti della Sterlina, e i primi momenti di euforia, in molti casi l’approvvigionamento delle “merci” o dei “beni” oltre confine sta diventando problematica. Agli operatori del settore non rimane che la scelta tra aumentare i prezzi, trasferendo i maggiori costi di acquisto all’utente finale (fatto che non aiuta evidentemente le vendite) oppure ridurre i margini di guadagno, cosa non sempre possibile in business “sottili” (ovvero con margini risicati) anche se si tratta di beni di lusso.
Due esempi per tutti riportati nell’articolo rendono l’idea: una bottiglia di prestigioso vino francese Chateaux Lafite oggi costa 7.800 Sterline contro le 6.400 preBrexit; una Ferrari F40 che prima veniva venduta a 850.000 Sterline dopo la Brexit, a parità di condizioni, costerebbe 950.000. Oltre al fattore aumento di prezzi legato alla valuta, nel caso delle auto classiche ci sono da tenere in conto altri fattori interessanti. Per esempio: che le auto sopra le 500.000 Sterline sono solitamente vendute a collezionisti abbienti, che magari ragionano su varie valute e si muovono in ottica globale. Il FT non lo dice, ma normalmente chi detiene patrimoni milionari e ricche collezioni non ragiona e non maniene tutte le sue ricchezze in una sola valuta, proprio per “proteggersi”, mentre le auto meno costose sono tipicamente acquistate da clienti inglesi e non necessariamente paperoni globali. Che quindi con la Brexit hanno visto ridursi il loro potere di acquisto.
Se un appassionato o un commerciante inglese vuole acquistare una Lancia Stratos in Italia piuttosto che una Sierra Cosworth in Germania ora deve spednere di più causa il deprezzamento della sterlina. Tutto questo avrebbe portato a un raffreddamento della domanda interna ed un aumento di acquirenti stranieri che, però, trattano duramente sul prezzo. Tutto lascia pensare che l’altalena non si fermerà e un 10% di rivaltazione della Sterlina sull’Euro o viceversa potrebbe prtare a fare profitti interessanti su auto di grande o medio valore, anche con le valutazioni ferme, nell’arco di pochi mesi.
Altri temi più specialistici di cui il FT non si occupa sono i servizi e ricambi nonché la partecipazione ad aste e gare storiche da parte di appassionati inglesi in Europa (per loro saranno piu costosi) e viceversa più vantaggiose per chi in Inghilterra non ci vive. I contorni della Brexit e la loro influenza sul valore della Sterlina e regole di importazione e tassazione saranno argomento caldo nei prossimi mesi sia per chi le classiche le ama sia per chi ne ha fatto un business o vede il proprio posto di lavoro legato all’indotto.
Luca Pezzoni