Tutta restaurata, col motore originale e una vittoria di classe alla Mille Miglia del 1953, era un bel bocconcino. Un collezionista giapponese l’ha acquistata, con l’intenzione di spedirla nel suo Paese, privandoci così di un pezzo di valore. Prima della partenza, un ultimo test sulla nostra pista di Vairano. Motore “1100” bialbero da 92 CV.
Questa Osca “MT4” telaio n. 1118 ha lasciato un segno nella storia dello sport. Nelle mani dell’equipaggio Venezian-Albarelli vinse la Mille Miglia del 1953 (categoria “Sport 1100”) e l’anno prima, sempre alla Mille Miglia ma con carrozzeria spider di colore giallo era arrivata seconda con Giuseppe Pagani. Era stato lui ad acquistarla dai fratelli Maserati, il 30 aprile del ’52. Ma fu Venezian che, dopo averla rilevata nel ’53, le aveva fatto rifare la carrozzeria: il colore lo volle rosso con una “V” blu sul cofano. Con questo aspetto divenne la vettura ufficiale della Osca, che a settembre ’53 l’aveva ricomprata da Venezian per affidarla a Giulio Cabianca.
Nel G.P. Supercortemaggiore corse con un nuovo motore di 1450 cm³. Poi passò ad Angelo Poggio (’54) e a Gianfranco Stanga (’59). In quegli anni montò un motore Osca di 750 cm³, poi un altro di 850, portato poi a 1000. Dopo il 1963 la vettura, non più competitiva e incidentata, concluse la sua carriera a Pistoia, dove un attento collezionista ne ha ricostruito la storia, riuscendo anche a ritrovare il suo motore originale (bialbero, con monoblocco in alluminio), quello con cui Venezian aveva vinto la Mille Miglia del 1953. Erano in 36 a battersi per il primato nelle “Sport 1100”. Contro Stanguellini, Cisitalia, Ermini, Gordini e Porsche, le Osca (8 equipaggi) presero la testa fin dalle prime battute. Venezian e Albarelli passarono in testa a Pescara vi rimasero fino all’arrivo a Brescia.
Prima che questa vettura parta per il Giappone (l’abbiamo “persa”, come molti altri nostri preziosi “pezzi”) l’abbiamo portata sulla nostra pista di Vairano per riassaporare le sensazioni dei piloti che l’avevano guidata. Si ha paura di affondare sul gas, ma il motore in compenso non ha paura di alzare la voce e ci catapulta in avanti. Si va in un attimo oltre i cento orari, con una botta sulla schiena che si ripete ad ogni cambiata. Il limite è ancora lontano, ma a noi pare ugualmente di volare.