Le Crown Imperial Limousine sono state le vetture più prestigiose della gamma Chrysler. Appannaggio di una ristrettissima élite, tra il 1957 e il 1965 erano realizzate solo su richiesta e venivano prodotte a Torino dalla Carrozzeria Ghia. Nel ristretto novero di clienti, anche alcuni esponenti del jet set: da Nelson Rockefeller a Jackie Kennedy.
C’è stato un tempo in cui, per evocare modernità e opulenza, le Case automobilistiche guardavano Oltreoceano. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il “Sogno Americano” esercitava una potente fascinazione, che passava dallo stile al design industriale estendendosi a molti aspetti della vita quotidiana. Per contrappasso, la clientela americana (quella più facoltosa ed eclettica) guardava con vivido interesse ai modelli europei, più concettuali e raffinati rispetto ai luccicanti incrociatori stradali di origine statunitense.
Nei primi anni 50, si delineò una sorta di ponte culturale tra Torino e Detroit, due capitali mondiali dell’automobile. La Chrysler trovò nella Carrozzeria Ghia un valido partner per la definizione di concept car elegantissime (si pensi alla leggendaria Norseman, andata perduta con l’affondamento dell’Andrea Doria) ma anche di modelli di produzione extralusso.
Per fare concorrenza a Lincoln e Cadillac, a partire dal 1955, la Chrysler Corporation utilizzò il marchio Imperial: un brand che traeva origine da una linea di modelli di lusso. Il sodalizio tra Chrysler e Ghia venne sancito proprio per elevare il posizionamento delle fuoriserie Imperial, un’alleanza che durò otto anni, dal 1957 al 1965. L’accordo industriale venne coordinato da Paul Farago, un ingegnere italo-americano della Chrysler. Farago era vicino a Virgil Exner (l’allora direttore del Centro Stile Chrysler) e a Luigi Segre (presidente della Ghia). In questi anni la Chrysler realizzò alcune delle auto più imponenti e lussuose del tempo, che si fecero portavoce di uno stile peculiare e sofisticato.
Forward Look. Con il model year 1957, Virgil Exner introdusse un nuovo corso stilistico per i modelli del gruppo Chrysler: il “Forward Look”.
A seguito di questo cambio di rotta, in termini stilistici i modelli Chrysler, Plymouth, DeSoto, Dodge e Imperial diventarono il nuovo metro di paragone. La vista laterale si caratterizzava per il padiglione più basso e slanciato, con un senso di dinamismo accentuato dalle pinne posteriori, molto pronunciate: must nella seconda metà degli anni 50. Exner, a differenza dei colleghi, interpretò le pinne posteriori (di chiara ispirazione aeronautica) in chiave tecnica per ottimizzare l’aerodinamica delle vetture. Anche la Imperial Crown Limousine del 1957, il modello al vertice della vasta gamma Chrysler beneficiò del nuovo stile, distintivo e fortemente scenografico.
A differenza degli altri modelli, le scocche delle Crown Imperial Limousine venivano inviate a Torino dove tutte le lavorazioni di carrozzeria e allestimento erano eseguite dalla Ghia. I semilavorati tornavano a Detroit, dove l’assemblaggio era completato con il montaggio della meccanica e, prima della consegna, venivano effettuati i test di collaudo per ciascun esemplare.
la tecnica. La base di partenza era quella della Imperial Crown, di per sé un’auto imponente, lunga 5,70 m e larga due. Il cuore pulsante era il celebre 6,4 litri “Hemi” da 325 CV. La limousine, indicata col nome del modello anteposto alla marca, venne ulteriormente allungata (50 cm) e opportunamente rinforzata per offrire il massimo comfort ai fortunati occupanti del vano posteriore.
Nel 1957, i modelli Imperial, come tutte le auto costruite da Chrysler, erano dotati della sospensione “Torsion-Aire”. Lo schema prevedeva una barra di torsione ad azione indiretta sull’asse anteriore, che riduceva le masse non sospese e spostava il centro di gravità dell’auto verso il basso e verso il posteriore. Agendo in combinazione con le balestre a più foglie sull’asse posteriore, ne derivavano una guida più fluida e una migliore maneggevolezza rispetto alla concorrenza.
Considerato l’impiego istituzionale, la Imperial mantenne il telaio a longheroni fino al 1966 mentre tutti gli altri modelli, dal 1960, viaggiavano su telai a scocca portante.
Piaceva all’élite. Il modello Crown Limousine, al pari delle berline Custom, Crown e LeBaron, incarnava pienamente il motto della Imperial: “America’s Most Carefully Built Car” (l’auto americana costruita con più cura). La costruzione di queste grandi fuoriserie era eseguita con la massima perizia. Leggenda vuole che la sola messa a punto delle portiere richiedesse fino a 17 ore mentre per la consegna erano necessari almeno sei mesi.
A fronte di una qualità tanto elevata, tutte le Imperial scontarono una strategia commerciale poco lungimirante: i modelli top di gamma erano venduti attraverso rete vendita Chrysler, insieme alle auto di categoria inferiore. Una scelta che, nell’immaginario comune rese le Imperial alla stregua di semplici Chrysler imbellettate. La rarità e la ricercatezza delle Imperial conquistò invece un ristretto novero di VIP, come David Sarnoff della RCA (Radio Corporation America), la scrittrice Pearl Buck, diversi sovrani del Medio Oriente (il Re dell’Arabia Saudita, gli emiri del Kuwait e del Qatar), così come Rafael Trujillo, a capo della Repubblica Dominicana, il Presidente dell’Indonesia Sukarno (1959) e il magnate Nelson Rockefeller. La Crown Limousine venne impiegata anche durante la visita della Regina Elisabetta II a Toronto (Canada)
Comfort totale. Nel suo primo anno, la produzione delle Crown Imperial si assestò sulle 36 unità. A causa della sua tardiva introduzione nel 1957, la Crown Imperial Limousine del 1958 rimase uguale al modello dell’anno precedente.
L’aria condizionata, il servosterzo, gli alzacristalli elettrici e il servofreno erano solo alcune delle specifiche standard: tutti accessori che sulla maggioranza delle auto coeve erano disponibili soltanto come optional.
Con il model year 1959, venne adottato un motore ancora più grande da 6,8 litri, mentre la griglia con listelli a sviluppo orizzontale venne sostituita con una di nuovo disegno con inserti verticali.
A differenza delle Lincoln Limousine realizzate dalla Lehman-Peterson Lincoln, tra le prime con il terzo finestrino tra una portiera e l’altra, la Crown Imperial era carrozzata come una limousine di configurazione classica e non una mera versione allungata. Alla luce di questo aspetto, anche alla guida, la Imperial Crown non risentiva delle torsioni e degli scricchiolii che affliggono tutt’oggi le limousine, nemmeno sulle strade più accidentate.
Esemplare unico. Progettata in osservanza del “galateo delle limousine”, la Crown Imperial prevedeva l’accesso alla parte centrale dell’auto, con il divano arretrato rispetto alla soglia d’ingresso. Quest’ultimo era quindi incastonato nel sontuoso vano posteriore. La portiera, essendo lontana dal sedile evitava che eventuali passeggeri dovessero scavalcare gli occupanti del sedile posteriore, i quali potevano godersi la permanenza a bordo fino all’ultimo istante. L’idea era rendere l’abitacolo un bozzolo accogliente e separato dal resto del mondo. Il piccolo finestrino posteriore e le tendine contribuivano alla privacy e all’isolamento.
Nel 1960 lo stile venne rimaneggiato su tutti i modelli Imperial: il frontale si fece particolarmente elaborato e anche la plancia vide la ricollocazione di alcuni comandi. Intanto, nella lista degli illustrissimi clienti figurava anche il futuro Vicepresidente degli Stati Uniti, Nelson Rockefeller.
L’esemplare ordinato da Rockefeller rientrava nel lotto delle 17 limousine realizzate dalla Ghia quell’anno ed è l’unica con quattro luci laterali. La vettura si distingue infatti per il montante posteriore “cieco” che si estende fino alla porta posteriore senza il terzo finestrino.
La volle anche Jackie. Tra gli estimatori di questo modello vi era anche Jacqueline Kennedy, che preferì la Crown Imperial Limousine alle vetture top di gamma Lincoln e Cadillac. Per la First Lady più amata d’America, la Casa Bianca affittò una delle limousine prodotte dalla Ghia model year 1960.
Jackie Kennedy venne immortalata in diverse occasioni con questa vettura, l’ultima apparizione ufficiale del modello, tuttavia, è legata ad un episodio funesto: il corteo funebre per il Presidente Kennedy, assassinato nel 1963.
Dopo aver lasciato la Casa Bianca, l’auto è stata successivamente riconsegnata alla Chrysler ed è scomparsa dai radar fino ai primi anni 80, quando venne inserzionata da un certo signor Gleekley. Questi aveva rimosso le pinne originali, sostituendo la fanaleria posteriore con quella della Lincoln Continental del 1967. Negli anni 90, dopo essere passata in mano ad un collezionista americano, la Crown Imperial è stata ripristinata alle sue condizioni originali. Da allora non è stata più fatta luce sulla storia di questo prezioso esemplare.
Stando a quanto riportato nell’archivio Imperial, la vettura in dotazione alla First Lady è l’unica con carrozzeria e interni neri. Le Imperial Crown del 1960 erano disponibili con rivestimenti in panno della migliore qualità o in morbida pelle “Glove”, nei colori grigio o beige. I particolari cromati e gli inserti in legno massello impreziosivano l’abitacolo, così come la moquette che ricopriva il pavimento. La limousine era dotata di compartimento posteriore separato e poteva ospitare fino ad otto passeggeri: all’occorrenza erano disponibili i due strapuntini a scomparsa, richiudibili a filo con il divisorio.
L’evoluzione. Anno dopo anno, le Crown Limousine ricevettero i consueti aggiornamenti stilistici: a partire dal ’61, oltre all’adozione di una nuova griglia, la fanaleria anteriore divenne flottante, separata dalla carrozzeria. Al posteriore, le pinne vennero dapprima innalzate e poi ridotte a partire dal 1962. Nello stesso anno la fanaleria tornò ad essere “appoggiata” sul profilo del bagagliaio come nei modelli anni 50. Nel 1963, le pinne posteriori scomparvero.
Con il model year 1964 anche la Crown Imperial Landau Limousine iniziò a parlare il linguaggio del nuovo corso stilistico: molto più geometrico e lineare, dominato da un andamento rettangolare perpetuato in tutte le viste dell’auto. Se l’estetica risultava molto meno flamboyant, con questo modello veniva sancito l’ultimo atto dell’intesa italo-americana. L’abilità artigianale della Ghia, portò la Imperial Crown Limousine al suo Zenit. La ricerca dei dettagli profusa nell’assemblaggio delle Imperial rimase insuperata tra le automobili americane del dopoguerra.
Soltanto la Cadillac Eldorado Brougham di seconda generazione, la cui carrozzeria era battuta a mano da Pininfarina, si avvicinava all’esecuzione sartoriale della Imperial Crown Limousine, ma senza raggiungerne lo standard.
Alta sartoria. La “cura” Ghia non lesinava nemmeno le maniglie delle porte: nel modello 1964 erano rivestite in pelle nera, con inserti in legno di noce. Nel bracciolo posteriore destro erano alloggiati i controlli remoti per la radio, mentre sul lato sinistro si poteva azionare la climatizzazione in maniera indipendente dal vano dell’autista.
L’attenzione maniacale nelle finiture perpetuata dalle maestranze Ghia imponeva che le uniche cuciture visibili fossero quelle delle due corone ricamate in filo di seta sugli schienali posteriori. Tutte le altre erano effettuate erano nascoste alla vista. La minuziosa realizzazione prevedeva poi un accurato processo di saldatura, eseguito senza sbavature anche nei punti più nascosti. La lavorazione e la qualità dei materiali è talmente straordinaria che la loro sostituzione per il restauro, al giorno d’oggi può diventare una sfida molto impegnativa.
Come ai vecchi tempi. Dinanzi a cotanta precisione, saltano all’occhio alcune disattenzioni relative al posto di guida. Il sedile anteriore non è regolabile per via del divisorio, ciò poteva rappresentare un problema soprattutto per i conducenti di bassa statura, mentre i più alti potevano contare sull’ampio spazio tra la pedaliera e la seduta. Le porte posteriori potevano essere chiuse a chiave dall’esterno, ma con una chiave diversa. Questa caratteristica rimandava ai primordi dell’automobilismo, quando i proprietari temevano che gli autisti potessero rubare le loro costose automobili… Anacronismi che vennero sormontati con le prime chiusure centralizzate, ma a quanto pare certi retaggi culturali erano ancora ben radicati alla Ghia.
Con l’uscita di scena delle Crown Limousine finiva l’era delle fuoriserie Chrysler. Di lì a poco, anche a Torino, progressivamente, le piccole (e le grandi) carrozzerie, specializzate nella manifattura di modelli di lusso avrebbero chiuso i battenti. Oggi il marchio Imperial è praticamente sconosciuto, così come il nome Ghia suona familiare soltanto ai più nostalgici. La straordinaria caratura di queste auto e l’eccezionale lavoro svolto dalla Carrozzeria torinese meritano di essere raccontate, l’unico modo per sferzare le tenebre dell’oblio e rendere omaggio a questo affascinate capitolo della storia dell’auto.