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Cruscotti digitali: il meglio della fantasia Anni 80

Gli anni del turbo, delle grafiche esagerate, dei kit aerodinamici, ma anche l’arrivo delle monovolume, l’invasione delle auto giapponesi, le prime supercar. Non ci si annoiava negli anni 80 e tutte le Case automobilistiche si sfidavano sul campo del design e dell’innovazione tecnologica lasciando correre la fantasia. Il risultato è stato un fenomeno che ha caratterizzato quel periodo: l’ascesa dei cruscotti digitali, con un tripudio di LCD, forme e colori che trasformavano gli abitacoli delle automobili in astronavi e facevano sognare un futuro che, con gli occhi di oggi, fa tenerezza.

Tipo DGT e Y10: italiane futuristiche. Alcuni degli esempi più esagerati sono delle Lancia rimaste allo stadio di prototipo: la Orca del 1982 di Italdesign, la Megagamma del 1978 e la Medusa del 1980 disegnate da Giugiaro, ma molti sono finiti anche sulle utilitarie. Partiamo dalla Fiat Tipo DGT: anche se arriva tardi, nel 1988, è quella che ha lasciato il ricordo più forte, complice un cruscotto su due livelli orizzontali dal design innovativo, dove tutte le informazioni erano visualizzate con un mix di barrette illuminate per il contagiri, cifre per il tachimetro, spie e luci a profusione. Più tradizionale – ma solo nella forma del quadro strumenti – è quello della Autobianchi Y10, la prima utilitaria di lusso che poteva essere equipaggiata con il sistema Solid State. Qui il colore predominante dell’illuminazione era un futuristico azzurrino, al posto del verde della Tipo con una grafica semplificata.

La BX stupisce. Fedele allo spirito innovatore del marchio, la Citroën BX Digit del 1985, un allestimento disponibile sulla versione 19 GT, accentua la sensazione di trovarsi a bordo di un mezzo venuto dal futuro. Già i comandi raggruppati sui “satelliti” ai lati rappresentavano un unicum, ma è il display centrale a cristalli liquidi ad essere protagonista: su di esso, dominato da una grafica con  potevano essere visualizzate 14 funzioni tra cui l’ora, il consumo di carburante, la velocità media, oltre a tachimetro e contagiri, rispettivamente in basso e in alto, quest’ultimo a forma di arco.

L’Alfa 90 non osa, la Dedra sì. Anche Alfa Romeo con l’Alfa 90 – sulla versione Quadrifoglio Oro – non si fa mancare una strumentazione optoelettronica, anche se le grafiche e i numeri sono stampati e sono solo i led luminosi a muoversi in corrispondenza delle cifre. Ben diverso il caso della Lancia Dedra, che però esce nel 1989, cinque anni dopo: il progresso tecnologico si vede chiaramente, sotto forma di 4 schermi quadrati affiancati tra loro che terminano con uno rettangolare, lancette luminose e un look minimalista che risulta sorprendentemente moderno ancora oggi.

Renault: 11 o 21, trionfa il digitale. Ma torniamo all’estero: Renault risponde per le rime ai rivali del Double Chevron con la Renault 21 TXE che sfoggia un’illuminazione rosso arancio e grafiche degne del film Tron, anche se, purtroppo, non ci abbina il sintetizzatore vocale presente sulla più grande 25. Bastava invece comprare una Renault 11 Electronic per avere sia la strumentazione a cristalli liquidi che permetteva di escludere la visualizzazione di alcuni indicatori, che, appunto, il mitico sintetizzatore vocale che informava se la portiera era chiusa male, come il più servizievole dei droidi da compagnia.

Supercar e super cruscotti. Per finire, le due regine incontrastate del genere: la Vector W8 e l’Aston Martin Lagonda. Qui si raggiungono vertici assoluti: schermi a tubi catodici incastonati in cruscotti avvolgenti e grandi come cassettiere e pulsantiere degne di una sala giochi pronte ad accendere costellazioni di luci. Sulla Vector W8 la particolarità del cruscotto, oltre al fatto di essere posizionato in basso e la presenza di uno schermo futuristico con la silhouette della vettura sta nella presenza di una miriade di pulsanti di stile aeronautico. La Lagonda si può fregiare del titolo di prima vettura di serie a utilizzare un quadro strumenti digitale: farlo nel 1976 era sicuramente un’impresa, infatti il costo di sviluppo del sistema, che sfruttava diodi luminosi e comandi a sfioramento, si rivelò quattro volte superiore al budget dell’intera vettura.

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