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Dream car e design visionario ad Atlanta

In mostra ad Atlanta diciassette auto da sogno che grazie alla creatività visionaria dei loro autori hanno condizionato il mondo dell’auto nel secolo scorso.

Ci saranno anche due concept italiane nella vetrina delle Dream Car del XX secolo allestita all’High Museum of Art di Atlanta (Usa), mostra che aprirà al pubblico dal 21 maggio per protrarsi fino al 7 settembre. Con il titolo “Dream Cars: Innovative design, Visionary Ideas” questa esposizione intende riunire sotto uno stesso tetto alcuni dei più spettacolari esempi di car design realizzati dai migliori produttori statunitensi ed europei tra il 1934 e il 2001. Auto da sogno esibite nei Saloni dell’auto dei rispettivi anni di costruzione con il solo scopo di sorprendere il pubblico unite a vetture prodotte in tiratura limitata ma così innovative da aver sfidato i canoni estetici delle varie epoche, influenzando il futuro dell’industria automobilistica.

Le auto da sogno esposte sono state selezionate tra centinaia di modelli in base a cinque tematiche: l’autorevolezza degli autori, l’impatto nello stile, il design visionario, il processo di progettazione e i riscontri ottenuti nei saloni dell’auto. Quindi, modelli che hanno trasformato l’auto da carrozza a motore a oggetto estremo, come la supersportiva con il corpo in tessuto della Bmw Gina Light Visionary del 2001, geniale realizzazione di un visionario Chris Bangle in grande forma.

Sono diciassette in totale i modelli presenti nella mostra, tra cui due famosi contributi portati alla causa visionaria dell’auto da due designer italiani e altre rarità che meritano il viaggio fino ad Atlanta. Tra queste, la Special del 1947 dell’ingegnere americano Norman Timbs, un esempio di moderna aerodinamicità; la Tasco del 1948 del designer Gordon Buehring (stilista di Cord e Duesemberg); la Edsel Ford Model 40 Special Speedster del 1934, un esempio di pulizia stilistica e modernità straordinari per quel periodo; la Voisin C-25 Aérodyne del 1934, dal design squadrato molto innovativo; la Chrysler Thunderbolt del 1941, la prima auto americana con hard top retrattile; la Chrysler (Ghia) Streamline X “Gilda” del 1955, esempio d’influenza della produzione aeronautica su quella automobilistica; la General Motors Le Sabre del 1951, laboratorio sperimentale su ruote del colosso Usa; la Buick Centurion XP-301 del 1956 che introdusse per prima una telecamera posteriore con schermo sul cruscotto in modo da eliminare gli specchietti retrovisori; la Cadillac Cyclone XP-74 del 1959 show car con bolla retrattile, portiere scorrevoli e un radar che segnala la presenza di eventuali ostacoli sulla strada; una replica perfetta della Bugatti Type 57S Compétition Coupé Aerolithe del 1935, splendido esempio di eleganza sportiva in un’auto di quel periodo. Qui di seguito altre Dream Car esposte ad Atlanta.

Modulo, realizzata da Pininfarina nel 1970 su meccanica della Ferrari 512 S. Ha una carrozzeria a cuneo molto bassa, formata da due gusci sovrapposti uniti da una fascia nel girovita, nella quale si poteva accedere facendo scorrere all’indietro la parte anteriore, compreso il parabrezza. La seduta interna era ispirata a quella delle vetture da competizione.

Stratos HF Zero, disegnata nello stesso anno da Marcello Gandini per Bertone. Anche lei con una forma a cuneo ed estremamente bassa (era alta solo 33 cm) non aveva porte e prevedeva l’accesso dall’anteriore, grazie a un meccanismo idraulico che alzava l’ampio parabrezza di Perspex incernierato al tetto.


Œuf électrique di Paul Arzens del 1942
, ovvero l’uovo elettrico: una bubble car progettata da Arzen (artista, progettista, industriale e ingegnere) francese per uso personale dell’autore a Parigi durante l’occupazione tedesca. Un’auto a forma di un uovo, con tre ruote e alimentazione a batteria per far fronte alla carenza di benzina dell’epoca. È considerata la prima bubble car del mondo, antesignana delle minicar che arriveranno a guerra terminata. Le sue batterie e il telaio in alluminio le consentivano un’autonomia di 100 km e una velocità massima di 60 km/h.

Firebird XP-21, la prima auto spinta da una turbina. La General Motors la realizzò e la testò nel 1954 per valutare la praticità della turbina a gas in funzione di una produzione futura. Il design, opera di Harley Earl, capo dello stile di GM, prendeva ispirazione dal jet Douglas F4D Skyray, con ali, timone e due bolle in plastica come abitacolo, di chiara derivazione aeronautica. Il motore a turbina sprigionava una potenza intrigante, ma la soluzione si dimostrò poco economica, oltre che impraticabile visto che la temperatura in prossimità degli scarichi raggiungeva i 534 gradi centigradi. Visto il successo di pubblico registrato dalla Firebird nel salone dell’auto itinerante Motorama, General Motors presentò nei Saloni successivi altre due show car Firebird: la Firebird II (1956) e la Firebird III (1959). La Firebird simboleggiava infatti l’ossessione dell’epoca per i viaggi aerei e nello spazio e destò sempre grande curiosità tra il pubblico.

Stout Scarab. Prodotto dal 1934 al 1940 in pochissimi esemplari dalla Stout Motor Car Company del pioniere dell’aviazione e dell’auto William Stout Bushnell, lo Scarab è stato ispirato dalla forma dello scarabeo, da cui prende il nome. Stout ha creato un salotto virtuale su ruote protetto da un guscio in metallo in grado di ospitare fino a sette passeggeri. Per farlo ha utilizzato materiali innovativi per l’epoca, come l’alluminio per il corpo, tubi in acciaio per il telaio e legno per l’interno. Quest’ultimo era estremamente modulabile, con i sedili che si potevano spostare secondo le esigenze del momento, anche a formare un salottino o intorno a un tavolo ripiegabile: solo il sedile del pilota era fisso. In pratica un antesignano dei moderni monovolume. Il motore V8 Ford era sistemato all’anteriore e la trazione era posteriore.

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