Ferrari ha presentato le Monza SP1 e SP2. I primi modelli della serie Icona rinverdiscono il mito della spider Ferrari mono o biposto, nata con la stessa 127 S del ’47 e proseguita per tutti gli Anni 50. Ecco un profilo delle barchette Monza da competizione che hanno corso nella categoria Sport e che hanno montato sia il quattro sia il più tradizionale 12 cilindri.
Fu spider dall’inizio. La storia della Spider Ferrari da competizione inizia con i primi vagiti dell’azienda. Enzo Ferrari, dopo aver lasciato l’Alfa Romeo per dissidi sulla gestione, volle capitalizzare l’esperienza acquisita con lo sviluppo delle vetture da corsa del Biscione e diventare costruttore. Fondò l’Auto Avio Costruzioni (gli fu proibito di dare il proprio nome alle sue macchine) e produsse solo due esemplari dell’815. Finita la guerra e, soprattutto, riconquistata la libertà in merito alla denominazione delle vetture, iniziò la sua avventura di produttore con la 125 S dodici cilindri. Pressoché contemporaneamente questa si evolse in 159 S e, quindi, in 166 con propulsore portato a due litri. Nel 1951 Il Circus aveva dovuto “subire il ritiro dell’Alfa Romeo dopo la vittoria del titolo (il primo di cinque) da parte di Juan Manuel Fangio con la 159. Per la stagione successiva il campionato fu aperto alle vetture di Formula 2. Alberto Ascari, con la Ferrari 500 F2, vinse tutte e sei le gare. Il copione fu ripetuto l’anno dopo: sempre alla guida della 500 F2, il campione milanese trionfò in sette prove su otto. Ma per il ’54 cambiò radicalmente la filosofia e fu sancito il ritorno a “veri” modelli Formula 1 con motori di massimo 2,5 litri se aspirati. L’incarico per la progettazione del propulsore andò ad Aurelio Lampredi, che lavorò sul 4 cilindri bialbero ottenendo soddisfacenti risultati nello sviluppo. Ma Accanto alle 625 F1 e 553 Squalo la Casa di Maranello rivolse le dovute attenzioni anche alla categoria Sport.
Ferrari 750 Monza. All’inizio della stagione dal programma sulle monoposto fu derivata la 500 Mondial con unità due litri, rispetto alle quale ne rappresentava un’evoluzione con carrozzeria biposto. Ma il continuo lavoro di aggiornamento di Lampredi diede origine a differenti risultati, con in campo varie sperimentazioni del 4 cilindri. Agendo su successivi aumenti di cilindrata il progettista livornese o ottenne un primo esito, il tipo 625 TF. Successivamente, due esemplari ulteriormente modificati, presero parte al Gran Premio Supercortemaggiore della fine di giugno che si tenne sulla pista di Monza: il primo noto dalle fonti come 735 S o 735 Monza, il secondo come 750 Monza. La conquista del primo e secondo posto (Umberto Maglioli e Mike Hawthorn) diede avvio alla genealogia di questo modello, caratterizzato dal motore Superquadro di 2999 cm³. La produzione complessiva si attestò su circa 30 esemplari. Su una di queste vetture trovò la morte Alberto Ascari il 26 maggio 1955 a conclusione di una seduta di test sul circuito brianzolo.
Ferrari 857 S (o Monza) e 860 Monza. L’evoluzione del modello portò alla definizione del tipo 857 S, o 857 Monza, contraddistinto dal 4 cilindri bialbero Lampredi portato a 3,4 litri e del quale furono approntati pochi esemplari (le fonti ne indicano quattro, tutti carrozzati da Scaglietti). Questa versione portò a un ulteriore esito, il tipo 860 Monza, ovvero la massima evoluzione del “piccolo 4 cilindri progettato da Lampredi, contraddistinto da un alesaggio di 102 mm e corsa di 105 mm. L’860 Monza (secondo le fonti, solo tre esemplari) fu allestita sul telaio tubolare tipo 520. Debuttò alla 12 Ore di Sebring del ’56 dove conquistò le prime due posizioni al traguardo grazie a Eugenio Castellotti e Luigi Musso. Ottenne successivamente il secondo e terzo posto alla Mille Miglia (Peter Collins e Luigi Musso dietro la 290 MM di Castellotti). Corse, quindi, alla Mille Chilometri del Nürburgring e di Kristianstad ma senza ottenere significativi risultati.
Ferrari 250 Monza. Unendo il telaio della 750 Monza al motore 12 cilindri a V “Colombo” monoalbero di tre litri della 250 MM fu ottenuto il tipo 250 Monza, contraddistinto da sospensione posteriore con ponte De Dion e trasmissione pure posizionata al retrotreno per agire sulla stabilità globale. Complessivamente furono allestiti quattro esemplari, due da Pininfarina (uno di questi fu aggiornato nel ’57 con carrozzeria simile alla 250 Testa Rossa) e due vestiti da Scaglietti, che presero parte a diverse corse in mani private.