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Honda Prelude 2.0i 16V 4WS

Nella storia delle auto ci sono numerosi esempi di vetture valide, che non hanno lasciato il segno, o addirittura rimaste vittima di modelli dello stesso marchio capaci di raggiungere una fama maggiore, tanto da oscurarne i pregi. Questa, in generale, almeno in Italia, è la storia della Honda Prelude. Oggi parliamo della prima a essere importata da noi, ovvero la terza generazione, commercializzata come Prelude 2.0i 16V 4WS.

Auto di nicchia. La sigla mette in chiaro tutto ciò che c’è da sapere su questa due porte nipponica, introdotta nell’aprile 1987 sul mercato giapponese e a, partire dall’anno dopo, in tutto il mondo, dove però sarà un oggetto per pochi, tra contingentamento e numeri da nicchia per questo genere di vetture. Il 2.0 indica ovviamente la cilindrata e qui ci troviamo di fronte alla versione più potente del B20A (c’era anche un 1.6), un quattro cilindri a iniezione con testata a 16 valvole per una potenza di 150 CV. La sigla 4WS, invece, indica “4 Wheels Steering”, ovvero le 4 ruote sterzanti, caratteristica distintiva, introdotta proprio con questa generazione.

Più tecnologia che prestazioni. Pensata per essere soprattutto una vetrina tecnologica per la Honda e non una vettura dalle prestazioni assolute, la Prelude faceva leva su un design squadrato, ma filante (Cx, 0,34), soprattutto grazie al cofano molto basso (merito del motore inclinato all’indietro di 19 gradi), dal quale spuntavano i caratteristici fari a scomparsa, poi rimossi a partire dalla generazione seguente. Se qualcuno vede elementi di design in comune con la Honda NSX, soprattutto di profilo, non sbaglia e anche il propulsore inclinato accomuna le due sportive nipponiche, sebbene le prestazioni siano ben diverse. La Prelude 2.0i 16V 4WS, infatti, si fermava a un comunque lusinghiero “7,9 secondi” per scattare da 0 a 100 km/h e a una velocità massima di poco superiore ai 210 orari.

I vantaggi delle ruote sterzanti. Era alla voce piacere di guida, infatti, che la Prelude si giocava le sue carte migliori, grazie a un complesso – ma affidabile – sistema meccanico a quattro ruote sterzanti basato su due scatole sterzo autonome, collegate tra loro con un albero dedicato. I vantaggi erano percepibili: in autostrada il cambio di corsia si poteva effettuare con un semplice tocco del volante, con le ruote posteriori che ruotavano di 1,5 gradi nella stessa direzione di quelle anteriori (cioè, in fase), mentre tra le curve si poteva apprezzare un corpo vettura più stabile e manovrabile. A bassa velocità, invece, il sistema provvedeva a muoverle fino a 5,3 gradi nella direzione opposta (in controfase) rispetto a quelle anteriori, consentendo un raggio di sterzata più stretto, facilitando così le manovre e rendendo l’auto più agile.

Ce ne sono poche in Italia. Due anni prima dell’uscita di scena, nel 1989, arriva un facelift che riguarda paraurti e gruppi ottici posteriori, con indicatori di direzione chiari. Si tratta di un’auto decisamente rara in Italia, comprata al tempo da veri appassionati e, oggi, popolare soprattutto tra gli amanti delle giapponesi, con quotazioni tra i 4.500 e i 6-500 euro, di certo non influenzate dal fatto che questa generazione della Prelude si classificò al terzo posto, nel 1988, nel premio Auto dell’Anno.

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Categorie: Auto
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