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In Italia spunta la seconda Otav sopravvissuta

Soltanto due vetture: è ciò che resta oggi della Otav, acronimo che sta per Officine Turkheimer per Automobili e Velocipedi. La fabbrica milanese, fondata da Max Turkheimer nel 1905, chiudeva i battenti nel 1908, esattamente 110 anni fa.

“Rarissima Otav costruita a Milano nel 1905, carrozzeria Castagna, due esemplari rimasti al mondo. Richiesta 35.000 euro”. Un annuncio di vendita così non capita certo di leggerlo tutti i giorni. Poi si scopre che per vedere la seconda superstite bisogna volare ad Asunción, in Paraguay, e la storia si fa ancor più interessante: la Otav acquistata nel 1905 dal dottor Andrés Barbero, infatti, è stata la prima automobile a solcare le strade del Paese sudamericano. Oggi è esposta al Tapcy, il Museo dell’Automobile Club della capitale.

La “sorella” in vendita, invece, non è mai uscita dai confini europei: prodotta negli stabilimenti di Via Lambro, a Milano, fu venduta in Inghilterra e poi, agli inizi degli anni Sessanta, in Germania. È a Düsseldorf che Giuseppe De Angelis, appassionato di auto storiche ascolano, l’ha trovata e acquistata. Ruoteclassiche l’ha intervistato per ripercorrere le vicende di questo rarissimo pezzo di storia automobilistica italiana.

Quando e come è entrato in possesso di questa vettura, signor De Angelis?
“L’ho vista su internet in un sito specializzato, intorno al 2008. Ho preso il primo aereo disponibile insieme alla donna che poi sarebbe diventata mia moglie: ero troppo curioso di vederla e, devo dire, è stato un colpo di fulmine per entrambi. Abbiamo concluso l’acquisto con l’anziana vedova del proprietario la quale, per non fare disparità, spartì la somma ricavata tra i nipoti. Ho poi organizzato il ritiro e la prima sosta in Italia è stata un raduno a Brescia tra gli amici del Club Mille Miglia, dove è stata premiata per l’originalità e l’anzianità. Infine  è arrivata ad Ascoli Piceno, la mia città”.

Ma è vero ne sono rimasti solo due esemplari al mondo, uno in Italia ed uno in Paraguay?
“Essendo appassionato di ricerche, ho subito iniziato a cercare di conoscere la storia di quest’auto e della fabbrica che l’aveva costruita. Ho trovato libri, riviste, articoli e foto che ne raccontavano la storia sin dalla fondazione. Consultando dei libri inglesi, ho scoperto che il mio esemplare fu utilizzato in Inghilterra: ho anche un filmato di un raduno svoltosi attorno agli anni Cinquanta. Poi l’auto è stata venduta in Germania e anche di quel periodo ho molto materiale, che ho scovato e messo insieme nel tempo; negli anni Sessanta, poi, l’auto faceva bella mostra di sé in un night club di Düsseldorf: ci sono le foto. Nelle varie ricerche mi sono anche imbattuto in un modello analogo custodito in Paraguay nel museo dell’Automobil Club: ho avuto anche una corrispondenza con loro e ricevuto delle foto. Tutto vero, quindi”.

Che tipo di interventi di manutenzione ha  dovuto fare nel corso del tempo, trattandosi di un’auto del 1905?
“La cosa incredibile è che, non conoscendo l’auto, pensavo di avere problemi anche perché era ferma da oltre 30 anni. E invece, quando io e il mio meccanico ci siamo messi al lavoro, nel giro di pochi minuti l’abbiamo accesa con grande incredulità e stupore. Circolarci è tutta un’altra cosa… Non è molto agevole e sicura, oggi! Comunque è entusiasmante”.

Quest’auto ha partecipato a qualche raduno?
“Ho partecipato a parecchi raduni, soprattutto statici (l’auto non è regolarmente immatricolata. Essendo un po’ difficile da guidare, in quanto essenziale in tutto (freni di derivazione ciclistica, mancanza della retromarcia, trasmissione a cinghia): non conviene avventurarsi nel traffico cittadino di oggi”.

Unica in Italia, unica in Europa, quasi unica al mondo. Come mai ha deciso di disfarsene?
“Nel frattempo ho ritrovato casualmente e subito acquistato un’auto sportiva degli anni 50 (una Taraschi Giaur 750), di cui avevo una corposa documentazione fotografica e di ricordi in quanto mio padre, proprio con quella che ho ritrovato, partecipò alla Mille Miglia nel 1954. Di conseguenza, per il valore affettivo che aveva per me, tutto il poco tempo a disposizione l’ho dedicato a quest’ultima che uso regolarmente (ho partecipato alle Mille Miglia del 2015 e 2017 e a numerosissimi raduni). La Otav la vendo a patto che vada nelle mani  di qualche appassionato come me, che sia in grado di apprezzarne la storia”.

La Otav del signor De Angelis racconta un’epoca.
Nella Milano della Belle Époque, Turkheimer, che aveva già fatto esperienza con la produzione di biciclette e con il commercio di motociclette, inizia a produrre in proprio veicoli a due ruote. Al 1905 risale la fondazione della Otav, in via Lambro: parte la produzione di piccole ed economiche vetture a due posti spinte da un motore motociclistico. Turkheimer intercetta una nuova fetta di mercato: a lui non interessano le grandi berline per i nobili che possono pagare l’autista, ma vetture biposto per una borghesia che vuole andare sempre più veloce, che vuole “guidare” un’epoca di cambiamento.
Un solo modello, da 5,5 HP e circa duecento esemplari realizzati, con  carrozzeria firmata dalla fabbrica Castagna di Milano, commercializzati nella versione “Carrozzeria Normale” al prezzo di  2.250 lire, e nella versione con capote a mantice reclinabile, detta “Carrozzeria Spider”, per 2.400 lire. La Otav guarda sempre avanti, nel senso letterale del termine: non ha la marcia indietro. Ciò consente di  limitare il prezzo ed il peso; l’auto ha un variatore di velocità ed un freno operativo sulle ruote posteriori.

Buone le vendite, anche all’estero, ed altrettanto  buone le prove sportive: nel 1906 una Otav guidata dal conte Sormani di Milano vince nella sua categoria la corsa “Coppa Milano-Sanremo”. Tre giorni di tragitto a 30/35 km/h senza considerare le soste. Al secondo anno di vita l’azienda va in crisi; scompare nel 1908, fondendosi con la Junior di Torino: a Londra le vetture vengono commercializzate con il marchio OTAV-Junior, ma l’attività cesserà comunque del tutto nel 1909. Max Turkheimer torna ad occuparsi di motociclette e velocipedi, e la produzione  continua per molti altri anni con l’uso del marchio . Ma questa è un’altra storia.

Elisa Latella

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