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La Dakar Classic 2024 su un vecchio Pajero

Dici Parigi-Dakar e si apre un mondo parallelo, affascinante, dove si mescolano sprezzo del pericolo, mal d’Africa e culto del mezzo meccanico che soffre con te e – quasi sempre – ti riesce a portare a fine tappa. Certo, da quanto Thierry Sabine ha creato nel 1978 questo leggendario rally-raid partendo dalle motociclette molto è cambiato. Nei partecipanti, che includono da decenni anche auto, camion e quad; nella rotta, che per motivi geopolitici si è spostata in Sud America tra 2009 al 2019 e oggi batte la sabbia dell’Arabia Saudita (Parigi è sparita sia dal percorso che dal nome). Nonostante i cambiamenti, il Dakar Rally (o la Dakar, come la chiamano gli aficionados) mantiene il suo spirito originario: un test estremo di resistenza e abilità di navigazione per piloti, copiloti e mezzi meccanici. 

Sfida raccolta con entusiasmo da Marco Lera e Alexia Giugni, che dopo aver raggiunto il traguardo della Dakar Classic lo scorso anno con una Panda 141 quest’anno sono stati decisamente più competitivi a bordo di un Mitsubishi Pajero sempre iscritto alla sotto-competizione riservata alle vetture da raid degli anni Ottanta e Novanta. L’occasione per parlarne è stata la serata Dakar dello scorso 14 marzo alla sede del Club Milanese Automotoveicoli d’Epoca, di cui Marco è presidente.

Prima con la Panda. Un rally-raid con un Mitsubishi Pajero preparato può sembrare un’esperienza non facile, ma abbordabile con la giusta preparazione. Marco e Alexia (coppia nella vita, oltre che nell’abitacolo) hanno iniziato però in maniera più hardcore, con una Panda 4×4 serie 141 nell’edizione 2023. La sfida in quel caso è stata quella di portare una macchina così piccola al traguardo, senza mai guardare la classifica. Mossi solo dalla voglia di fare tutte le tappe e arrivare in fondo, riuscendoci tra mille difficoltà. Quest’anno, forte del motore tre litri V6 e di telaio e sospensioni del Pajero del 1990 preparato da R Team, l’equipaggio ha sbloccato il livello successivo, quello in cui guidi col coltello tra i denti per capire cosa effettivamente sei capace di fare. E con un mezzo maggiormente performante Marco e Alexia hanno potuto dimostrare il loro valore, potendosi sbizzarrire a cavallo delle dune seppur con la costante preoccupazione di rimanere insabbiati che affligge chi pilota professionista non è.

Il re giapponese del deserto. Per Mitsubishi la Dakar è stata da sempre una feconda terra di conquiste. La casa automobilistica giapponese ha partecipato ufficialmente a 26 edizioni, a partire dal 1983, inscrivendo il proprio nome nell’albo d’oro ben 12 volte. Il Pajero, robusto e affidabile, si è guadagnato il soprannome di “Re del Deserto” grazie alle sue straordinarie performance sulle dune. La prima vittoria arrivò nel 1985 con Patrick Zaniroli, ma il trionfo divenne sublime tra il 2001 e il 2007 con ben sette titoli consecutivi, che consolidarono la leggenda del fuoristrada nipponico come dominatore indiscusso della Dakar.

Un salto nel passato. Prima dell’era dei prototipi supertecnologici, la Dakar era un’avventura riservata a mezzi più spartani e robusti, protagonisti spesso di una gara di affidabilità e resistenza piuttosto che di una lotta serrata con il cronometro. La Dakar Classic è nata proprio per rievocare quello spirito pionieristico, permettendo a equipaggi con vetture ormai d’epoca di cimentarsi nuovamente sulle dune (ormai saudite). Limitata a circa 100 partecipanti, la Classic è riservata a veicoli originali o ricostruzioni fedeli di modelli che hanno partecipato alla Dakar tra gli anni Ottanta e Novanta. L’occasione giusta per chi non si lascia intimorire da una tale sfida muscolare, ripagata dal godimento di sfrecciare tra le dune a bordo di una replica della Porsche 911 di René Metge o Jacky Ickx, oppure di rivivere le gesta di Ari Vatanen al volante della Peugeot 205, o ancora ruggire con il possente camion DAF cabina doppia del recentemente scomparso Jan De Rooy.

Vecchie glorie. Una sotto-competizione un po’ all’ombra della vera Dakar, quella dove hanno già fatto capolino (e vinto) i veicoli full-electric e dove la tecnologia moderna fa la differenza. Al bivacco però nessuna “discriminazione” tra i partecipanti della Classic e quelli della competizione principale. Anzi, la curiosità verso i concorrenti al volante delle storiche è sempre molta perché i piloti con qualche partecipazione alle spalle guardano sempre con nostalgia alle vecchie glorie del tempo che fu.

Spirito sportivo al primo posto. La Dakar Classic si differenzia dalla competizione principale per vetture moderne per il format. Non è una gara di velocità pura, ma una sfida di regolarità. L’obiettivo è percorrere ogni tappa rispettando velocità media e rotta prestabilite, con penalità assegnate per ogni scostamento. Questo permette a mezzi di epoche diverse di competere ad armi più o meno pari, esaltando le abilità di navigazione e la strategia degli equipaggi. Il tutto sempre all’insegna dello spirito di adattamento e alla capacità di improvvisare. Può capitare – come a Marco e Alexia – di aver quasi finito una estenuante tappa marathon e di “cadere” da una duna piegando un braccetto della sospensione. Nel mezzo del nulla, con il bivacco lontano, non resta che percorrere i chilometri mancanti con le ruote davanti totalmente divergenti, avanzando con la scioltezza di uno spazzaneve.

Spinti da un sogno. In attesa delle riparazioni all’arrivo di tappa sono fascette, fil di ferro e ostinazione a mandare l’auto avanti. Fino alla sera, quando l’assistenza ufficiale può ripristinare – più o meno – la meccanica in attesa della giornata di gara successiva. Con un pizzico di tranquillità in più, visto che alla Classic non vengono assegnati punti di campionato o premi in denaro. Soltanto il sogno di percorrere 7.500 km in 14 giorni in condizioni difficili, dove un attimo di distrazione può comunque costare caro. L’edizione 2024 della Dakar Classic ha visto trionfare l’equipaggio Milla-Viňas a bordo di una Toyota Land Cruiser, seguiti dagli italiani Traglio-Briani su Nissan Pathfinder e Bedeschi-Bottallo sempre su Toyota Land Cruiser. Marco e Alexia sono stati primi porta bandiera della squadra R Team, al settimo posto.

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