Questa è la storia dell’Autobianchi G31, un’automobile sportiva del Gruppo Fiat a motore centrale-posteriore giunta a un passo dalla produzione. E che, invece, non vide mai la luce…
Tutti gli appassionati sanno che la X1/9, presentata nel 1972, è stata la prima e unica Fiat a motore centrale posteriore, una soluzione adottata sui modelli più sportivi che mal si adattava ai concetti tecnici ed economici della Casa torinese, basati sulla semplicità costruttiva, sulla produzione in grande serie e sui costi contenuti. Come abbiamo svelato nel servizio dedicato alla X1/9, la spider realizzata da Bertone è nata solo grazie a una serie di fortunate circostanze e in particolare al fatto che l’Avvocato Agnelli si innamorò delle sue linee e volle che proprio quella fosse la spider della gamma 128. C’è stata però un’altra sportiva Fiat a motore centrale posteriore giunta a un passo dalla produzione, ma non ha avuto la fortuna di essere “amata” da Gianni Agnelli: l’Autobianchi G31. Questo modello ha dovuto così subire la sorte di molti progetti non convenzionali sviluppati dai centri ricerche della Casa torinese negli anni Sessanta, quelli più prolifici di idee, di soluzioni avanzate e di prototipi rimasti più o meno sconosciuti. Gran parte del merito di questo prolificare di progetti va attribuito a uno dei più grandi tecnici (e stilisti) che l’Italia abbia mai avuto, Dante Giacosa, da tutti conosciuto come il padre della Topolino e della 500, ma a cui in realtà si deve gran parte dei successi della Fiat nel dopoguerra, fino alla metà degli anni Settanta.
Progetto innovativo. Conosciuta con la sigla di progetto G31, questa coupé a motore centrale posteriore viene sviluppata in realtà fuori dai tradizionali centri tecnici della Fiat, presso una società esterna, la Sira (Società industriale ricerche automobilistiche), guidata da Giacosa e comunque parte integrante del Gruppo, nella quale l’ingegnere poteva sviluppare con meno vincoli e imposizioni i progetti più innovativi. Nel 1964, quando è già pronta al debutto l’Autobianchi Primula, la prima auto del Gruppo a trazione anteriore e motore trasversale, progettata sempre da Giacosa, l’ingegnere ha l’idea di utilizzare lo stesso quattro cilindri e parte degli organi meccanici della Primula per dare vita a una sportiva a motore centrale posteriore. Nell’arco di due anni il progetto viene completato dalla decina di tecnici impegnati alla Sira, che, a quanto pare, realizzano anche un primo modello statico, mentre nel 1967 l’autotelaio dell’unico prototipo previsto viene ultimato alla Fiat.
Dalla OSI al Centro Stile Fiat. Per la carrozzeria, Giacosa si rivolge alla OSI, società nata da una costola della Ghia, impegnata nel design, nella realizzazione di prototipi (come l’Alfa Romeo OSI Scarabeo) e nelle produzioni in serie (fra cui l’Innocenti 950 Spider, la Ford Anglia Torino e l’Alfa 2600 De Luxe). La guida del Centro stile OSI è affidata all’ingegner Sergio Sartorelli (che poi passerà alla Fiat, dove disegnerà la 126 e la Ritmo) e fra i suoi collaboratori c’è il giovane designer austriaco Werner Hölbl: sono loro che, assieme a Giacosa, realizzano prima un manichino di gesso e quindi il prototipo della coupé biposto a motore centrale Autobianchi G31. La carrozzeria è filante e piacevole, ma non convince del tutto l’ingegnere, che decide di affidare il progetto al Centro Stile Fiat per realizzare un nuovo prototipo. Intanto sviluppa anche la meccanica, modificando il telaio e montando il più potente quattro cilindri 1600 bialbero derivato dalla 124 Sport.
Nata orfana. La carrozzeria della coupé Autobianchi G31 viene ridisegnata nel 1968 dal Centro Stile Fiat, nel quale sono appena entrati Sartorelli e Hölbl, dopo la chiusura del reparto carrozzerie della OSI, e un giovane designer: si chiama Pio Manzù (in realtà il suo cognome è Manzoni, come il padre, il grande scultore conosciuto con il nome d’arte Giacomo Manzù) e ha tutti i numeri per cambiare le sorti della Fiat con il suo estro. Il primo prototipo completato al Centro Stile Fiat non convince ancora Giacosa, che così dà carta bianca a Pio Manzù per realizzare un nuovo modello. Il risultato è una coupé che avrebbe potuto fare innamorare generazioni di automobilisti: la carrozzeria è potente, slanciata, aggressiva e assomiglia a un best seller come la De Tomaso Mangusta, ma a un prezzo che si può ipotizzare di poco superiore a quello della 128 Sport Coupé. L’unica prestigiosa realizzazione automobilistica di Pio Manzù resterà però la 127: nel maggio 1969, proprio mentre si recava alla presentazione della maquette della 127 ai dirigenti torinesi, perse la vita in un incidente stradale.
Una sportiva vera. Lunga poco più di quattro metri, larga oltre 150 cm e alta circa un metro, l’Autobianchi G31 ha un frontale filante nel quale sono inseriti i fari a scomparsa, mentre nelle fiancate spiccano le cinque feritoie per il raffreddamento del motore e nella coda risaltano i gruppi ottici di forma allungata, il lunotto sovrastato dai listelli orizzontali, lo spoiler sollevabile e il doppio terminale di scarico centrale di forma rettangolare. Il motore a quattro cilindri di 1.6 litri montato in posizione trasversale centrale, la trazione posteriore, le sospensioni a ruote indipendenti, i freni a disco sulle quattro ruote e cerchi di lega Cromodora con pneumatici 175R13 sono le sue principali caratteristiche tecniche. Le prestazioni, seppure mai comunicate, si annunciano entusiasmanti: con i 110 cv del suo “millessei” bialbero può agevolmente superare i 180 km/h e passare da 0 a 100 in meno di 10 secondi.
G di Giacosa. Quando viene presentata, al Salone di Torino nel novembre 1968, con il marchio Autobianchi e la carrozzeria di vetroresina, la G31, in realtà priva della meccanica, conquista subito il pubblico, mentre Quattroruote, pubblicando le fotografie del nuovo modello, annuncia che “non rimarrà una semplice esercitazione stilistica, ma avrà in futuro un seguito di produzione”. Insomma, gli ingredienti per ottenere uno straordinario successo commerciale e di immagine ci sono tutti, ma… come è accaduto troppe altre volte, la direzione Fiat, che pure aveva ipotizzato lo sviluppo produttivo del progetto, rinuncia a un modello così “azzardato”, troppo costoso e che non si poteva inserire nelle normali linee di produzione Fiat. Così il progetto viene accantonato, nasce la 128 Sport Coupé e il sogno della sportiva di Giacosa (a proposito, la G, come ha dichiarato il designer Werner Hölbl, sta proprio per Giacosa) svanisce per sempre.