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Le concept car anni 90: le creazioni dei designer – parte 1

Se vogliamo, il lavoro di uno studio di design si colloca a metà strada tra la bottega artigiana rinascimentale, lo studio di architettura e l’atelier di moda. Anzi, li riunisce tutti sotto uno stesso tetto, liberando fantasia e creatività, ma anche meccanica e tecnica ingegneristica per dare vita a prototipi e concept car che hanno un solo scopo: lasciare a bocca aperta. Nomi che non hanno bisogno di presentazioni come la Italdesign di Giugiaro, Pininfarina, Bertone, Zagato, nella prima metà degli anni 90 si concentrano su sportive da sogno, allo stesso tempo esagerate e concrete – molte delle concept car sono modelli perfettamente funzionanti – per tracciare la strada dell’evoluzione stilistica.

Pininfarina Chronos

Coupé futurista presentata prima al Salone di Detroit e poi a quello di Ginevra nel 1991, la Chronos esplora l’idea di una granturismo elegante, scolpita e muscolare. Basata sul telaio accorciato della Opel Omega Lotus, ne condivideva la meccanica, incluso il potente 6 cilindri in linea biturbo da 377 CV, ricoprendola con una carrozzeria in fibra di carbonio. La caratteristica distintiva dell’auto era il tetto in vetro, nel quale erano annegati dei cristalli liquidi che permettevano di oscurarlo al tocco di un bottone. Le linee fluide e compatte si potevano sposare a vari marchi della galassia General Motors, alla quale fu proposta, ma rimase un semplice esercizio di stile, nonostante la realizzazione di un esemplare funzionante.

Bertone Emotion

Presentata nel 1991, la Bertone Emotion non è andata oltre lo stadio di auto da esposizione non funzionante. Pensata come reinterpretazione sul tema della berlinetta sportiva, sulla base della Lotus Esprit, aveva dimensioni molto compatte (poco più di 4 metri di lunghezza, quasi 2 di larghezza e solo 1,08 di altezza) con linee morbide e arrotondate che inauguravano lo stile dominante del decennio. Molto particolare la conformazione, con abitacolo fortemente spostato in avanti, e le fiancate finemente scolpite, che si raccordavano allo spoiler posteriore integrato e regolabile in base alla velocità. Altrettanto originale la scelta di realizzare una vetratura laterale che si andava a fondere nel lunotto posteriore con una forma a punta, determinando il disegno triangolare del tetto.

Italdesign Nazca M12

Disegnata da Fabrizio Giugiaro per Italdesign, la BMW Nazca M12 fu presentata al Salone di Ginevra del 1991, riscuotendo enormi consensi e la segreta speranza – poi frustrata – che il marchio bavarese avesse finalmente messo in cantiere un’erede per la M1. La carrozzeria in fibra di carbonio era tutt’altro che di uso comune anche nelle supercar dell’epoca e questo consentiva di mantenere un peso di soli 1110 kg che, abbinati ai 300 CV del V12 M70 di 5.0 litri e all’aerodinamica da record, consentivano alla Nazca M12 di raggiungere i 297 km/h. Originale l’accesso all’abitacolo: una porta inferiore convenzionale e un finestrino superiore ad ala di gabbiano, avvolti da una capote a goccia in vetro.

Italdesign Nazca C12

Passa un anno e con la C12 il design si evolve ulteriormente: superfici più affusolate, soprattutto nella parte anteriore, e fari spostati in basso e di forma allungata, ai lati della griglia, con un stile che in parte ricorda quello della Serie 5 E39 del 1995. Il V12, grazie alle cure di ALPINA, ora sviluppa 350 CV e la velocità massima tocca i 311 km/h, grazie anche a una cura dimagrante a base di carbonio, ora usato anche per i sedili e parti del telaio. Rimasta anch’essa allo stadio di prototipo, verrà affiancata nel 1993 dall’ultima evoluzione sul tema, ovvero la Nazca C2 Spider che presentava una porzione di tetto in metallo per ovviare alla rimozione dei finestrini e un cofano trasparente per il V12, portato a 380 CV.

Pininfarina Ethos

La prima della trilogia “ecologica” delle Ethos, arriva nel 1992, anticipando i tempi soprattutto per quanto riguarda materiali e tecnologia. Al telaio, leggero e robusto grazie agli estrusi di alluminio, viene abbinata una carrozzeria spider realizzata con materiali termoplastici avanzati, a ridotto impatto ambientale. Ancora più rivoluzionaria la scelta del propulsore, ovvero il tre cilindri 2 tempi Orbital, con pistoni orbitanti al centro della camera di combustione che permettevano di spremere 95 cavalli da un semplice 1.3 litri, tra l’altro combinando ottimi valori di coppia e allungo e consumi contenuti.

Bertone Blitz

Nel 1992, quando la mobilità elettrica era argomento da salone e da velleitarie sperimentazioni, Bertone presenta al Salone di Torino, coerentemente con il tema “Uomo e ambiente”, la Blitz, una concept car biposto spider alimentata a batterie. Per contenere il peso opta per un telaio in tubi d’acciaio aeronautico ricoperto da una carrozzeria in materiale composito (vetro epossidico e Nomex), con inserti in carbonio. Originale nel design la fiancata che prosegue a coprire parte delle ruote anteriori, inglobando portiere incernierate anteriormente e apribili verticalmente, mentre l’abitacolo offre la particolarità dei sedili sfalsati.

Pininfarina Ethos 2

Il secondo capitolo della serie Ethos, presentato nel 1993 al Salone di Ginevra, evolve il concetto con un abito da coupé fortemente profilato – con tanto di parafanghi posteriori coprenti – per un CX da record pari a 0,19. Merito anche del sottoscocca completamente carenato e dei cerchi in lega pieni, mentre qui il propulsore, sempre realizzato dalla Orbital, è un bicilindrico di 0.8 litri con 56 CV. Per il resto sono confermate tutte le scelte ecologiche riguardo ai materiali già mostrati sulla prima Ethos.

Bertone Karisma

Difficile immaginare che la Karisma, studio di coupé quattro posti sportivo disegnato da Bertone e presentato al Salone di Ginevra del 1994, sia basato su una Porsche 911 modello 964, con passo allungato di 53 cm. In pratica è l’antenata della Panamera anche se stilisticamente segue una strada propria e ben definita, con ampie superfici vetrate soprattutto lungo le fiancate, animate anche da portiere con apertura ad ali di gabbiano e sbalzi ridotti per ottenere l’effetto di un’auto compatta. Il difficile compito di non appesantire la linea al posteriore, nonostante la presenza del 6 cilindri boxer, viene risolto con l’espediente del lunotto curvo alla base che si specchia in un voluminoso ed evidente cofano motore color titanio.

Bertone Kayak

Ben più che una concept car, quanto piuttosto una vettura perfettamente funzionante – e volendo pronta per una produzione in serie – la Kayak viene esposta in anteprima da Bertone al Salone di Ginevra del 1995 e l’anno seguente a quello di Torino. Ha le forme di una moderna coupé che mescola abilmente richiami classicheggianti – vedi il baule spiovente – con suggestioni futuristiche che, allo stesso tempo, richiamano il modello su cui si basa – la Lancia Kappa – soprattutto nel frontale. Il nome Kayak è giustificato dalla linea di cintura alta e dagli sbalzi anteriori e posteriori che ricordano la forma della piccola imbarcazione. Non sarà apprezzata dai vertici Lancia che sceglieranno una strada più “facile” per la Kappa coupé, con gli esiti che conosciamo.

Italdesign Bucrane

Gli anni 90 segnano anche la voglia di visibilità dei Costruttori coreani, tra i quali Daewoo. Forte del rapporto con la Italdesign di Giugiaro – la Matiz sarà un successo – prova ad immaginare una coupé sportiva e muscolosa, non certo la comfort zone del marchio. Presentata nel 1995, la Bucrane si caratterizza per la scenografica – anche se non inedita – soluzione delle portiere sdoppiate con la parte inferiore ad apertura tradizionale e i finestrini che si sollevano ad “ali di gabbiano”, ma anche la scocca in fibra di carbonio e acciaio non è usuale. Prevede un V6 di 3.2 litri e 240 CV, ma rimarrà una concept car, anche se lo stile dei fari carenati frontali e del montante posteriore si possono ritrovare sulla Maserati 3200 GT.

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Tags: concept car
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