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Le kit car inglesi: dal capanno alla strada con tanta fantasia

Impossibile contarli tutti: nei 70 e oltre anni dalla loro prima apparizione, i marchi che si sono cimentati nella produzione di kit car si sono succeduti con destini diversi: alcuni con una vita effimera, altri prosperando per poi essere schiacciati dalle logiche di mercato e da normative sempre più restrittive, altri ancora in buona salute, ma con numeri risibili. Quello delle auto vendute in scatola di montaggio e che – con buone conoscenze di meccanica – si potevano assemblare nel proprio garage durante i lunghi e freddi inverni, è peraltro un fenomeno prettamente inglese, che nel resto dell’Europa si è sviluppato in forme decisamente inferiori. Sarà perché l’anima da “garagista” – termine sprezzante con il quale Enzo Ferrari definiva i vari team di Formula 1 britannici – non è mai venuta meno, così come la fantasia e la voglia di dare vita ad auto divertenti, originali e poco costose.

Elva MkII

Una delle prime a vedere la luce è la Elva MkII, prodotta a partire dal 1957 e pensata per un utilizzo agonistico. Il nome del marchio britannico è la contrazione della frase francese “Elle va” – ovvero “Lei va” – alludendo ovviamente alle performance, garantite soprattutto dal peso piuma: la carrozzeria, infatti, era in alluminio e successivamente vetroresina. Il motore invece era un Coventry-Climax di 1.100 cm³.

Elva Courier

Sempre prodotta dal marchio britannico con sede a Bexhill, nel Sussex, ma destinata all’uso stradale, è la Courier, una spider prodotta dal 1958 venduta in kit di montaggio sul mercato britannico e invece esportata come vettura completa negli USA e in Europa. Circa 400 esemplari furono completati, con una scelta, per quanto riguarda il propulsore, tra l’1.5 della MGA e quello della Riley.

Caterham Seven

Una delle capostipiti – e tuttora sulla cresta dell’onda – è la Caterham Seven, basata sulla Lotus Seven, del 1957, prodotta da un giovane Colin Chapman anche in kit di montaggio, per evitare la tassa sulle auto nuove. Dal 1973, la licenza per produrre questa spartana biposto scoperta e dal piacere di guida inimitabile è stata acquisita dalla Caterham, che la produce in varie versioni con motori che vanno dagli 80 agli oltre 300 CV, a dire la verità in grande maggioranza come vetture finite.

Westfield Seven

Si può tranquillamente definirla un clone, del resto anche la Westfield Seven è una riproposizione dell’originale progetto del geniale ingegnere e costruttore inglese. Questa estrema somiglianza però diede vita ad una disputa legale al termine della quale la Westfield fu costretta a cambiare alcune componenti costruttive, scegliendo di affidarsi alla fibra di vetro per le parti della carrozzeria, mentre Caterham usa l’alluminio.

Westfield Eleven

Parlando di repliche di auto famose, anche la Lotus Eleven, vera icona dell’automobilismo sportivo tra la fine degli anni 50 e la prima metà degli anni 60, è stata prodotta fin dalle sue origini in scatola di montaggio. A riproporne i fasti, dal 1982 al 1988, è stata proprio la Westfield, che non ha fatto un grande sforzo di fantasia, chiamandola Eleven: il suo fondatore Chris Smith ha infatti iniziato l’attività vendendo kit, ai quali l’acquirente doveva aggiungere motore e trasmissione, con il primo che generalmente era il classico 1.275 cm³ della Mini Cooper.

Marcos Mini GT

Molto popolare tra il 1965 e il 1970 e riproposta successivamente sotto altri nomi dal 1974 al 1981 e dal 1991 al 1996, l’interpretazione della Marcos su base meccanica Mini ha avuto anche un grande successo in pista. La carrozzeria in vetroresina la trasformava in una minuscola coupé, ancora più leggera, e la facilità di assemblaggio la rendeva alla portata di tutti. Ne sono state prodotte 4 generazioni, con lievi differenze meccaniche ed estetiche.

Marcos GT

Uno sforzo progettuale maggiore l’aveva invece richiesto la Marcos GT, prodotta dal 1964 al 1972. Qui le forme slanciate e acquattate – con la caratteristica coda a papera, rimasta un classico del marchio – erano sempre in vetroresina ma poggiate su un telaio in tubi d’acciaio nuovo di zecca. Inizialmente veniva proposta con il motore (1.8 litri da 116 CV) e il cambio della Volvo P1800, che veniva assemblata in Inghilterra dalla Jensen. In seguito, sarà proposta con motori Ford da 1.6 litri e 2.0 litri, oltre al V6 di 3.0 litri.

Midas Bronze

Può vantare la mano di Gordon Murray – al tempo direttore tecnico della Brabham – che suggerì alcune modifiche aerodinamiche, la Midas, una coupé su base Mini che in pratica è l’evoluzione di modelli già menzionati come la Marcos Mini GT e la GMT (Grand Mini Tourer). La versione iniziale, del 1981, era chiamata Midas Gold e richiedeva da parte del proprietario solo l’installazione dei sedili, dei freni e delle sospensioni posteriori. La versione Silver invece era sprovvista di cambio e trasmissione, mentre alla Bronze mancava anche l’impianto elettrico e numerose finiture. 

Ginetta G4

Una specie di Jaguar E in miniatura, la Ginetta G4, prodotta dal 1961, ha avuto talmente tanto successo nelle competizioni riservate alle kit car, da essere bandita a metà anni 80. Poteva essere equipaggiata con varie tipologie di motori, prevalentemente Ford: da quello di 997 cm³ della Anglia al più potente 1.6 litri da 92 CV, fino a quello utilizzato sulla Lotus, ovvero il twin-cam di 1.557 cm³ da 106 CV. Mentre le sue progenitrici G2 e G3 erano state progettate per uso sportivo, la G4 era un’auto stradale, pur se estremamente competitiva nelle gare in cui poteva partecipare.

Ginetta G30

Negli anni 80 la Ginetta si reinventa, sul mercato delle kit cars, con la G26, seguita dalla G28, G30 e G31. Prodotte in poche decine di esemplari, erano tutte 2+2 eccetto la G30, introdotta nel 1986, omologata ottimisticamente per 5 persone: erano basate su un telaio in tubi d’acciaio elettroplaccato a sezione quadrata e con varie componenti prese dalla Ford Cortina Mk3 o 4 per ridurre i costi, mentre parabrezza e portiere sono della Fiesta di prima generazione. Ovviamente Ford anche i motori: nella maggior parte dei casi unità a quattro cilindri da 2.0 litri, anche se c’era spazio anche per i sei cilindri.

Ultima Mk3

Una delle kit car più famose è senza dubbio la Ultima, creata da Lee Noble, poi fondatore del marchio omonimo: il primo prototipo risale alla prima metà degli anni 80, mentre la Mk3, del 1989, è stata anche utilizzata dalla McLaren per sviluppare la mitica F1. Su un telaio tubolare realizzato dallo stesso Noble, era fissata una carrozzeria in vetroresina che celebrava il look delle Gruppo C degli anni 80, mentre per i motori la scelta – lasciata all’acquirente – andava dai V6 PRV portati ad oltre 300 CV ai V8 Chevrolet da 5.7 o 6.2 litri con potenza massima di 517 CV. Tre erano i livelli del kit di montaggio, dal C che lasciava gran parte del lavoro al cliente, fino all’A che sostanzialmente era l’auto completa.

Sterling Nova

Commercializzata anche in Italia come Puma GTV, l’originale – basata sul telaio della Volkswagen Maggiolino – è l’inglese Sterling Nova. Presentata nel 1971 e caratterizzata dalla futuristica apertura in un intero blocco di parabrezza tetto e portiere, fu un successo immediato, replicato in vari mercati e, come di consueto, venduto sia come kit di montaggio che come auto completa. Ovviamente con auto donatrice a carico dell’acquirente.

GD Mk3

Considerato che si tratta di una delle auto della quale ci sono più repliche in circolazione in assoluto, la AC Cobra può vantare numerose aziende che offrono versioni da assemblare pazientemente a casa propria. Una di esse è la GD Mk3, dove GD sta per Gardner Douglas, azienda inglese che da metà anni 80 commercializza una fedele replica, ampiamente personalizzabile dai clienti. Ha uno sgarbatissimo V8 General Motors con potenze da 430 a 520 CV e ripropone in tutto e per tutto l’esperienza di guida animalesca della mitica Cobra.

Hawk HF

Vedere una Lancia Stratos con il volante posizionato sul lato destro fa un certo effetto, ma almeno non lascia dubbi sulla sua natura di replica artigianale. A partire dalla seconda metà degli anni 80 la Inglese Hawk Cars ha infatti messo in commercio – con il nome di HF – delle fedeli riproduzioni della mitica biposto dominatrice dei rally. Anche qui veniva lasciata all’acquirente la scelta di quanto impegno personale metterci per assemblarla, scegliendo, come motori, tra il 2.0 litri turbo della Delta HF Integrale, il V6 da 2.5 litri o 3.0 litri Alfa Romeo oppure, per esagerare, il V8 della Ferrari 308.

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Categorie: Auto
Tags: kitcar
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