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McLaren M6GT: la prima stradale

McLaren ha presentato  il suo modello stradale più estremo di sempre, la “Senna”. Per chi tende a considerare la F1 come la più rappresentativa McLaren omologata per la strada è doveroso ricordare che, in realtà, già nel ’69 Bruce McLaren aveva pensato di portare sulle strade di tutti i giorni le sue imbattibili vetture da corsa. Dal progetto nacque la M6GT, una McLaren Can-AM con la targa travestita da coupé.

Win on Sunday, sell on Monday”, ovvero “Vinci di domenica, vendi il lunedì”. Era questa la filosofia di Bruce McLaren, che sulla scia del grande successo della “sua” M6A nella stagione ’67 del Can-Am Challenge Cup in America (cinque vittorie in sei gare e la conquista del Titolo), maturò l’idea di produrre una piccola tiratura di GT stradali. Il successo nel “Gruppo 7” aveva infatti convinto McLaren ad annunciare, per il ’69, la partecipazione nel Gruppo 4, feudo di Ferrari, Porsche e Alfa Romeo. McLaren, del resto, aveva già vinto la 24 Ore di Le Mans del ’66 (insieme a Chris Amon aveva regalato la prima vittoria alla Ford GT40) ed era, perciò, fortemente motivato a intraprendere la nuova sfida. Sul telaio della McLaren M6 sarebbe stato sviluppato, allo scopo, un coupé idoneo alla partecipazione alle gare Endurance ma, nel pieno dello sviluppo, la FIA si pose nettamente di traverso cambiando i regolamenti: solo previa produzione di almeno 50 esemplari stradali sarebbe stata possibile l’iscrizione in Gr.4. La McLaren, che fin dall’inizio pensò di vendere le vetture senza motore, dovette arrendersi di fronte all’improvvisa impossibilità di continuare il progetto. Tuttavia l’M6GT avrebbe potuto continuare a vivere come pura auto stradale, la più veloce del mondo.

LA PIÙ ESTREMA DI TUTTE
Bruce McLaren, infatti, era stato visionario e concreto allo stesso tempo: aveva dato forma e sostanza a una nuova, stupefacente macchina. Secondo le sue intenzioni, la M6GT doveva porsi come l’auto da strada più estrema che fosse mai stata concepita, come lo sarebbe stata, in futuro, la McLaren F1 progettata nel 1990 da Gordon Murray. La più veloce, quella con l’accelerazione più bruciante di tutte: in pratica, non avrebbe dovuto avere rivali. Per questo si sarebbe affidata ai cavalli di un possente motore Ford V8 da 7 litri di cilindrata. Una scelta non casuale: questo motore, molto affidabile, avrebbe notevolmente ridotto i costi di progettazione e, per i clienti, di manutenzione. L’obbiettivo era faraonico ma, secondo Bruce McLaren, raggiungibile: 250 esemplari l’anno. Il primo, completato alla McLaren Racing e punzonato con telaio BMR6GT-1, fu equipaggiato con un motore Chevrolet LT1 (n.8932386) da 370 Cv per un peso a secco di circa 725 kg. I capitolati di progetto erano stati rispettati: alcuni test probatori dimostrarono che la M6GT era in grado di superare agevolmente le 165 miglia orarie (265 km/h) e di scattare da 0 a 100 miglia (160 km/h) in meno di 8 secondi. Alta 41 pollici da terra (appena 104 cm), era praticamente impossibile da vedere da un abitacolo di un’automobile qualsiasi, ma sapeva farsi riconoscere a distanza grazie al portentoso suono di scarico, possente al limite dell’immaginabile. All’interno questa macchina da corsa targata, realizzata attorno a un telaio monoscocca e vestita con una carrozzeria in alluminio, non concedeva il benché minimo comfort: guida distesa, visibilità discreta solo anteriormente, assetto tutt’altro  che confortevole: anche a bassa velocità il suono del propulsore e il rumore di rotolamento erano insostenibili.

AUTO AZIENDALE
Nonostante fosse tutt’altro che una Gran Turismo per tutti i giorni, il prototipo della M6GT stradale fu equipaggiato con la sua targa stradale “OBH 500H” e divenne l’auto personale del boss, utilizzata come normale veicolo di servizio per andare in ufficio o per partecipare a qualche meeting. Una concept, un “cucciolo”, una versione “demo”. O, più romanticamente, il testamento di Bruce McLaren e della sua filosofia di concepire un’automobile estrema ma che fosse “anche” stradale. Infatti, dopo la sua tragica scomparsa mentre impegnato in un test a Goodwood con la nuova M8D per il campionato Can-Am, il 2 giugno del 1970, la M6GT non ebbe più alcun seguito, fatta eccezione per un altro paio di esemplari, semi-repliche, prodotti dalla Trojan, azienda inglese storico partner di McLaren nella produzione dei modelli Can-Am.

LE PRIME GOMME
Dopo la scomparsa di Bruce McLaren la macchina fu acquistata dal pilota Denis Hulme e da Phil Kerr, co-managing Director dell’azienda. Fu portata in Nuova Zelanda ed esposta all’Auckland Museum of Transport and Technology. Nel 1990 lo stesso Hulme la vendette in America. Per molti anni fu conservata in condizioni perfettamente originali (comprese le 1.918 miglia sul tachimetro percorse dal suo creatore, e ancora con addosso gli stessi pneumatici con cui il geniale pilota/costruttore andava a spasso per le campagne inglesi) nella collezione Mathews di Arvada, in Colorado, prima di essere nuovamente venduta.

Alvise-Marco Seno

 

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