Il telaio alleggerito della Topolino viene accoppiato a un motore creato appositamente dal costruttore reggiano, con freni anteriori derivati da quelli della Fiat 1100 B.
In vigore dal 1937 al 1965, la categoria riservata alle vetture Sport venne creata dal Reale Automobile Club Italiano con un regolamento specifico che, tra l’altro, vietava l’uso del compressore e imponeva l’obbligo di utilizzare autotelai derivati da quelli di normale produzione, rispettando comunque le caratteristiche tecniche fondamentali dichiarate dalle Case costruttrici. Massima libertà invece per la carrozzeria, che poteva addirittura essere sostituita con un’altra, comunque conforme alle norme dell’allegato C del Codice Sportivo Internazionale vetture Sport, declinato in quattro classi di cilindrata. La più piccola, quella fino a 750 cc, si è concretizzata in numerose creazioni, spesso uniche, che non venivano prodotte dalle stesse Case, ma montavano il motore o il telaio di costruttori diversi, rivisti dai preparatori. Che, in tutti i casi, equivale a dire artigiani, ma non certo in senso dispregiativo, anzi. Oggi hanno un valore storico immenso: da qualsiasi prospettiva le si voglia guardare, sfoggiano tale e tanta tecnologia che riescono a stupire ancora per modernità e semplicità costruttiva. Dopo avervi raccontato la Siata 636 Gran Sport, ecco la storia della Moretti 750 Sport del 1947.
La Moretti 750 Sport ha un po’ di cuore emiliano. Perché il costruttore, Giovanni Moretti, era di Reggio Emilia. Per seguire la sua vocazione vendette la bicicletta (unico bene in suo possesso), ancora giovanissimo, e si trasferì a Torino. Lì iniziò a costruire automobili sul finire degli anni Quaranta, prima con una minicar bicilindrica (la Cita) e poi con una più prestazionale 4 cilindri di 600 cc, vettura di una certa eleganza che si collocava nel segmento di mercato lasciato libero tra la Fiat 500 C e la 1100. La stessa che, maggiorata a 750 cc, partecipò nel 1952 al rally transafricano Algeri-Le Cap, una specie di Parigi-Dakar ante litteram.
Dopo 17 mila km le due Moretti iscritte risultarono prima e seconda di classe. Ma della bontà del progetto alla Moretti si erano ben convinti già dagli esordi. E così, prima dell’arrivo dei motori bialbero e dei telai tubolari, a Torino realizzarono una barchetta che sfruttava il telaio della Topolino abbinato alla meccanica Moretti. A partire dal motore con testata di alluminio, distribuzione monoalbero in testa e albero a tre supporti. Grazie a un generoso carburatore Weber da 32 erogava circa 30 CV. Anche il cambio a 4 marce e il differenziale erano realizzati da Moretti. I freni anteriori, invece, erano derivati da quelli della 1100 B.
Configurazione del tutto simile a quella che la coppia Avalle-Avalle portò in gara alla Mille Miglia. Questo esemplare così realizzato vanta una sinuosa carrozzeria in allumino dove si ritrovano le suggestioni stilistiche dell’epoca, a partire dalle citazioni delle barchette realizzate da Fontana a Padova. Partecipa sicuramente a qualche gara minore. E cambia (come è tipico delle auto da corsa) di continuo proprietario. Passando in rassegna l’estratto cronologico è registrata a Pavia, Piacenza, Milano, Varese e infine Ravenna. Una decina d’anni fa l’acquista Davide Fanton: “È eccezionale, straordinaria per elasticità e robustezza. Non mi ha mai dato problemi nonostante l’abbia utilizzata in gare impegnative, come tante edizioni delle Mitiche Sport a Bassano”. Gara certo selettiva, ma poca cosa per chi potrebbe affrontare la “Dakar”…