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Piccole bombe francesi: Renault Clio V6, la pazzia al potere

Quando nel 1998 la Renault espone al Salone di Parigi la concept car che darà origine alla Clio V6, la sorpresa è relativa: gli ingegneri francesi infatti sono clamorosamente recidivi sul tema, in quanto non hanno fatto altro che ripescare la pozione magica che aveva trasformato la Renault 5 nella belva a trazione posteriore e motore centrale che aveva infiammato la prima metà degli anni 80.

Assemblata in Svezia. La genesi della Clio V6 però è curiosa: inizialmente si vuole creare una sportiva a motore centrale partendo dalla Twingo, poi sfruttando il telaio della barchetta Spider, infine, con l’acqua alla gola, accordandosi – nel luglio 1999 – con la TWR di Tom Walkinshaw, storico preparatore, manager e pilota inglese, affidandogli la progettazione e l’assemblaggio iniziale (in Svezia) di una piccola serie di esemplari basati sul telaio ampiamente rivisitato della Clio II e dotati del motore a V6, 24 valvole, da 2.946 cm³.

Veloce, ma selvatica. Un motore nato per pacifiche berline e monovolume, che, grazie a un nuovo albero a camme, nuove valvole e modifiche sia all’iniezione sia alla centralina, arriva a sviluppare 230 CV: la “Phase 1” può quindi arrivare a 235 km/h di velocità massima e scattare da 0 a 100 in 6,4 secondi. L’entusiasmo però viene subito smorzato dopo i test dei primi esemplari: il look aggressivo – che evoca con i vistosi allargamenti nel posteriore la R5 Turbo – e l’abbondante riserva di potenza, non si sposano con un comportamento stradale appagante. La biposto transalpina, infatti, è troppo nervosa e difficile da guidare, se non addirittura pericolosa, tanto che alcuni giornalisti arrivano a dire che “è meglio guidarla piano”. Un controsenso per una sportiva.

Seconda serie più “civile”. Il fatto è che la Clio V6 paga la fretta con la quale è stata realizzata, e (il passato si ripete) l’essere stata realizzata, come la R5 Turbo, sul telaio, pur modificato, della vettura normale. Le cose migliorano con la “Phase” 2 che esce nel 2003, adottando il frontale e i gruppi ottici della Clio II restyling: le modifiche importanti ovviamente sono meccaniche, sotto forma dell’assale posteriore completamente ridisegnato, dell’allargamento della carreggiata anteriore e di una nuova barra antirollio, oltre a pneumatici maggiorati. Anche il motore, sottoposto alle cure di Renault Sport e con una centralina ad hoc, guadagna 25 CV, migliorando ulteriormente le prestazioni della Clio V6: la velocità massima tocca i 245 km/h e lo 0-100 scende a 5,8 secondi. Ma è al volante che la “Phase 2” diventa un po’ più docile.

Meno di 3.000 esemplari. La Clio V6 però rimane una splendida incompiuta, anche a causa di interni insipidi, molto simili a quelli di una Clio standard e con un prezzo – da oltre 36.000 euro a quasi 40.000 nell’arco dei cinque anni di produzione – che fece storcere il naso a più di un potenziale acquirente. Verranno prodotti in tutto solo 2.940 esemplari, 1.631 della “Phase” 1 e 1.309 della “Phase 2”. Ne consegue che adesso è un’auto rara, dalle quotazioni elevate – anche 50.000 euro, in ottime condizioni -, ma con un fascino decisamente inferiore alla sua antenata, la R5 Turbo.

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