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Piccole bombe francesi: Renault Supercinque GT Turbo, la regina dei semafori

La Supercinque – questo è il nome della nuova versione dell’utilitaria Renault – arriva sul mercato alla fine del 1984 con un design firmato da Marcello Gandini, che rinnova sapientemente il look della piccola francese di successo. Pochi mesi dopo ecco la Supercinque GT Turbo, la quale non solo raccoglie il testimone della Alpine Turbo, ma diventa a sua volta una vera icona della Régie.

Motore trasversale. Se le differenze sembrano minime, sotto la nuova carrozzeria ci sono cambiamenti importanti che riguardano principalmente il pianale e l’avantreno, ora di tipo MacPherson a molle elicoidali; inoltre, il motore è disposto trasversalmente, anziché in posizione longitudinale, come sul modello precedente. Motore che, sulla Supercinque GT Turbo è lo stesso 1.4 utilizzato dalla R5 Alpine Turbo, ma dotato di accensione elettronica e portato a 115 CV, i quali diventeranno 120 sulla Phase 2 del 1987.

Arriva a 204 km/h. La turbina è una Garrett T2 raffreddata a olio per i primissimi esemplari e a olio/acqua dal luglio 1986, che soffia a 0,7 bar e contribuisce alle prestazioni esuberanti, favorite dalla massa ridotta a soli 830 kg. La GT Turbo tocca infatti i 200 km/h con otto secondi per passare da 0 a 100 km/h, mentre la Phase 2 arriva rispettivamente a 204 e 7,8 secondi, numeri che si fanno rispettare ancora oggi, soprattutto su una vettura che misura solo tre metri e 60 centimetri di lunghezza e che, ai tempi, poteva permettersi di umiliare – soprattutto nel mitico “semaforo-semaforo” – numerose sportive di rango.

Bisogna darle del lei. L’assetto della GT Turbo risulta irrigidito e ribassato, mentre l’impianto frenante prevede quattro freni a disco – con gli anteriori autoventilanti -, abbinati a cerchi di lega da 13” dal disegno a stella, su pneumatici 175/60 13 o, in opzione, 195/55 13, misure oggi molto difficili da reperire. La fama di vettura impegnativa condotta al limite deriva dalla nota tendenza, già presente sulla Alpine Turbo, e addirittura estremizzata sulla R5 Turbo a motore centrale, all’alleggerimento del retrotreno in fase di rilascio, fatto che rendeva il passaggio dal sottosterzo al sovrasterzo, una materia per esperti. Anche i freni, complici i cerchi di diametro ridotto, stentavano a contenere la massa seppur ridotta della GT Turbo, tanto che nel 1987 l’impianto frenante viene aggiornato, con tutti e quattro i dischi che passano da 228 a 238 mm di diametro.

Sfacciatamente aggressiva. La caratterizzazione estetica della GT Turbo non poteva che seguire le orme delle sue antenate, con paraurti anteriore che integra i fendinebbia, minigonne collegate ai passaruota allargati e quella coda con una specie di estrattore ante litteram, dal quale sbuca il terminale di scarico. Non mancano loghi “GT Turbo” sulle fiancate e in coda, mentre all’interno spicca la strumentazione arancione su fondo nero e il volante a tre razze dal disegno racing smaccatamente anni 80.

Difficile trovarne una originale. I sedili sportivi di tessuto hanno fianchetti molto squadrati, le modanature di plastica sono decorate con una striscia rossa, mentre i colori della carrozzeria disponibili sono tre toni di blu, grigio e bianco, due di rosso e un solo nero. La produzione termina nel 1991, lasciando un vuoto non colmato pienamente dalle versioni sportive della Clio. Motivo per il quale, oggi, le GT Turbo sane e non pasticciate sono rare e ovviamente costose.

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