La prima impressione che suscita la Daihatsu Copen – inutile negarlo – è quella di “auto di Paperino”. Anche se, da biposto con velleità sportive e un look che si ispirava a quello dell’Audi TT prima serie, la spider nipponica è pronta a offrire più di un sorriso quando si gira la chiave, sia con la versione turbo sia con quella aspirata.
Vera col turbo. Per i puristi, la vera Copen, che rispettava i dettami delle Kei-Car, era solo la prima, importata in poche unità dal 2004 al 2006. Guida ovviamente a destra, motore 660 cm³, turbo 16 valvole con 64 cavalli. Misure XXS: 3,39 metri di lunghezza per 1,47 di larghezza e 1,2 di altezza, con un peso in ordine di marcia di 850 kg: sostanzialmente, un giocattolo per adulti, a patto di essere di una taglia il più vicina a quella media di un cittadino del Sol Levante. Lo spazio a bordo era infatti ristretto all’osso e proprio per questo l’esperienza non si dimenticava facilmente, complice il fatto che ogni sensazione di guida veniva amplificata, anche a velocità ridotte.
Compatta aperta. La Copen (il cui nome significa “Compact Open”) non era infatti un fulmine: sullo 0-100 richiedeva 11,7 secondi e toccava i 170 km/h (162 se dotata di cambio automatico), valori che, una volta al volante, sembravano in realtà mortificanti rispetto alla simpatica esuberanza che l’auto trasmetteva. Difficile poi fare paragoni con altri modelli: in Giappone, quando venne presentata, possibili rivali come la Suzuki Cappuccino e la Honda Beat erano uscite di produzione.
Da noi senza rivali. In Italia, non c’erano equivalenti in termini di cilindrata, dimensioni e prezzo (meno di 20.000 euro), e vetture come la Peugeot 206 CC o la Nissan Micra C+C potevano sì svolgere le stesse funzioni di guida “en plein air”, ma senza grande coinvolgimento. A partire dal 2006 inoltre, per incompatibilità con le mutate normative antinquinamento, le Copen europee erano passate a un più tradizionale 1.298 cm³ aspirato da 87 cavalli, e il volante si era spostato “dalla parte sbagliata”, come amano ironicamente ricordare gli anglosassoni, ovvero a sinistra, rendendo la kei car più appetibile al grande pubblico. La velocità massima diventava di 180 km/h, con uno 0-100 decisamente migliorato: 9,5 secondi. Un dato non disprezzabile, valorizzato poi dalla compattezza del corpo vettura guizzante e nervoso, anche se con una tranquillizzante trazione anteriore a rendere la guida meno impegnativa.
Spazio tiranno. Il limite maggiore della Copen era rappresentato dall’assoluta mancanza di spazio, in quanto il baule (210 litri) veniva praticamente “usurpato” dal tetto rigido, una volta ripiegato elettricamente in 20 secondi. La dotazione, considerando i primi anni 2000, era in compenso ottima, è includeva: climatizzatore manuale, due airbag, specchietti elettrici, ABS ed EBD e, nell’allestimento più ricco, rollbar cromato che seguiva la curva dei poggiatesta, sedili rivestiti di pelle e volante Momo. I pochi estimatori che all’epoca, coraggiosamente, ne comprarono una, sicuramente oggi la rimpiangono e, se in Italia ne sono sopravvissute alcune, in Germania (al tempo era il mercato dove ebbe maggior successo, con circa 2.500 esemplari venduti) si trovano più facilmente. Manca poco alla primavera…