Lo slogan “Piace alla gente che piace”, con il quale fu lanciata nel 1985 l’Autobianchi Y10, calzava a pennello per la piccola di lusso italiana. A maggior ragione se applicato alla versione più prestigiosa, ovvero la Y10 Turbo, un concentrato di grinta e di dotazione importante, che fece scuola.
La preferita dagli Yuppies. Ripercorrere la storia dell’Autobianchi Y10 Turbo è come rivedere il milionesimo passaggio televisivo di uno di quei film che negli Anni 80 hanno fotografato i cambiamenti della società. In “Yuppies” di Carlo Vanzina è Ezio Greggio, nei panni di Willy, venditore di automobili, a rubare la scena con una fiammante Y10 Turbo con gli interni di Alcantara, dotata addirittura di telefono. Non ci sarebbe stato troppo da sorprendersi a trovarlo nella lista degli optional, in quanto nessun’altra utilitaria vantava un design così innovativo e finiture da modello di classe superiore.
Regina di eleganza. Nell’ordine: vetri elettrici anteriori e posteriori (a compasso), chiusura centralizzata, orologio digitale e volante a quattro razze sottili, dall’aspetto in realtà non particolarmente sportivo. Il cruscotto offriva, oltre al contagiri, il manometro e termometro olio e l’indicatore della pressione di sovralimentazione. È pure disponibile – ma costosissima e oggi introvabile – la versione Solid State, ossia completamente digitale, molto futuristica.
Non sono fendinebbia. Esternamente la Y10 Turbo non compromette la sua classe innata con caratterizzazioni vistose, limitandosi a cerchi di lega da 13” (opzionali) con pneumatici più larghi e ribassati (155/70), terminale di scarico di acciaio inox, piccoli adesivi “Turbo” nella parte bassa delle fiancate e una targhetta sul portellone, anch’essa minimalista, così come la sottile linea rossa sui paraurti. Quello anteriore, più avvolgente, può ospitare i fari supplementari – elemento essenziale nel look della “Turbo” –, che non sono fendinebbia, in quanto collegati alle luci abbaglianti e che si accendono solo se anche questi ultimi sono attivati.
Arriva a 180, ma meglio i rettilinei. Quella che fino a ora, dalla descrizione sembra una pacifica compatta, ha in realtà un’anima ben diversa, provocata dallo stesso quattro cilindri monoalbero, otto valvole, da 1.049 cm³ della Touring, ma con una differenza sostanziale: la presenza di un turbocompressore IHI a 0,6 bar dotato di intercooler. La potenza arriva a 85 CV e, complici i 790 kg di massa, le prestazioni sono assolutamente rispettabili: 0-100 in 9,5 secondi e 180 km/h di velocità massima. L’assenza di “upgrade” meccanici (al posteriore i freni sono ancora a tamburo) e al retrotreno c’è un assale rigido, limitano però la dinamica di guida, influenzabile dal tiro-rilascio. Un eufemismo per dire che la Y10 Turbo dà il meglio di sé in linea retta.
Stop nel 1989. Cinque anni scarsi di produzione, e questo rende le Y10 Turbo rare, ancora di più se si tratta delle Martini, la serie speciale del 1987 che riprende le livree da rally. Snobbate per anni, ormai le piccole Autobianchi Turbo sono ambite, soprattutto dai lancisti, con quotazioni arrivate a 12.500 euro, per esemplari in ottime condizioni.