Quelli che negli anni 80 erano freschi neopatentati si trovavano di fronte una varietà di modelli sportivi per tutti i gusti e tutte le tasche, con prestazioni a scendere, da “piccola bomba” a “brillante”, fino a versioni che non potevano di certo provocare scariche di adrenalina. Se la XR2 non brilla, con la Fiesta XR2i la Ford cambia decisamente marcia.
Il segreto sta nell’iniezione. La Ford Fiesta XR2i – prodotta dal 1989 al 1992 nella terza serie del modello – riesce a fare un passo avanti dalla categoria semplicemente “brillante” nella quale ricadeva la precedente versione Mk II a carburatori (da 95 cavalli), grazie a una vera e propria “iniezione” di fiducia. Una piccola “i” indica, infatti, la presenza dell’iniezione elettronica Weber in abbinata all’accensione elettronica, che trasformava il quattro cilindri, 8 valvole, da 1.598 cm³. I cavalli diventavano 110 (poi, 107), l’estetica diventava più sfacciata e, in mezzo a una concorrenza votata alle piccole cilindrate sovralimentate, la Ford confermava la ricetta “motore più grosso aspirato”, con la quale è difficile sbagliare.
Passa i 190 all’ora. Le prestazioni, infatti, si facevano più interessanti: velocità massima di 192 km/h, mentre sullo 0-100 bastavano 9,8 secondi, con un’erogazione pastosa che offriva coppia motrice già dai 2.800 giri, per poi allungare verso le zone alte del contagiri senza esitazioni. Le prove dell’epoca esaltavano anche la frenata, non tanto per l’impianto (che al posteriore aveva ancora i tamburi), quanto per la generosa gommatura (185/60R13) che, complice il peso abbastanza contenuto in 970 kg, aiutava a rallentare la XR2i. Il telaio pagava pegno rispetto alle rivali coeve, a causa di una certa morbidezza delle sospensioni, abbinata a uno sterzo poco reattivo, fatto che finiva col mettere in crisi il retrotreno.
Quattro fari inconfondibili. Se la versione a carburatori, commercializzata fino al 1989, era più anonima, a livello estetico la XR2i non scendeva a compromessi, sfoggiando uno dei frontali più aggressivi visti in quegli anni, grazie a due fendinebbia e due abbaglianti supplementari, accoppiati a riempire il paraurti più avvolgente, che si raccordava ai parafanghi allargati e alle minigonne. Un look spudoratamente da “kit tuning” anni 80 che, complice un prezzo mediamente inferiore di almeno un paio di milioni di lire rispetto alla concorrenza, fece innamorare molti giovani.
Ben accessoriata. Anche la dotazione di serie particolarmente ricca aveva il suo peso: dai finestrini elettrici alla chiusura centralizzata, ma anche specchietti retrovisori regolabili dall’interno, sedili specifici ben profilati (volendo, in opzione c’erano anche quelli Recaro) e tappezzeria di velluto. Tra gli optional, anche il tetto apribile e l’aria condizionata. Deludente invece il quadro strumenti, identico a quello delle versioni “normali” e il volante a due razze, decisamente non in linea con il carattere della vettura. Solamente quattro, poi, le tinte disponibili: nero, rosso, bianco e grigio medio metallizzato.
Salto di cubatura. Tra il 1992 e il 1994 l’1.6 lascia il posto a un 1.8 16 valvole da 126 CV prodotto in pochi esemplari e abbastanza ricercato, anche se meno ambito rispetto alla versione con l’1.6 RS Turbo.