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Piccole bombe tedesche: Volkswagen Golf G60, l’alternativa esotica alla GTI

Se la Golf GTI è un mito indiscusso, c’è un altro modello sportivo che ha saputo ritagliarsi una sua nicchia di appassionati,forse ancora più determinati nel sostenere le doti della propria beniamina. Ha una sigla che gli intenditori riconoscono infatti al volo e che identifica il suo, originalissimo, propulsore. Stiamo parlando della Volkswagen Golf G60.

Un volumetrico in più. Basata sulla seconda generazione della Golf, la G60 viene presentata nell’estate del 1988 con una versione rivista dello stesso 1.781 cm3 adottato dalla GTI: la differenza fondamentale è l’aggiunta del compressore volumetrico denominato “G-Lader”, che aveva un’aspirazione di 60 mm di diametro, da cui il nome “G60”. Grazie anche all’intercooler posizionato davanti alla ruota anteriore sinistra, la potenza totale saliva a 160 CV, con prestazioni che la facevano svettare sia all’interno della gamma Golf sia tra la concorrenza: 7,8 secondi per passare da 0 a 100 e 216 km/h di velocità massima.

Costosissima all’epoca. Esteticamente la G60 si riconosceva, oltre che per le targhette identificative, per pochi particolari: parafanghi più sporgenti, assetto ulteriormente abbassato e, soprattutto, gli splendidi cerchi di lega a raggi BBS da 15” con pneumatici 195/50. La dotazione era molto ricca per l’epoca, dall’Abs al condizionatore, ma il prezzo di listino era altrettanto salato, basti pensare che la GTI 8 valvole costava addirittura 10 milioni di lire in meno. Chi sceglieva una G60 era quindi, sotto certi aspetti, un cliente diverso da quello abituale della GTI, anche per l’indole della vettura.

Coppia a volontà. La robusta coppia, spalmata con regolarità tra i 2400 e i 5600 giri, dava la sensazione di un’auto di maggiore cilindrata, confortevole come una gran turismo e dotata di una riserva di potenza che assicurava una progressione muscolosa fin dai bassi regimi, grazie anche al peso contenuto in circa 1.000 kg. Il tutto condito dalle ben conosciute doti del telaio, qui migliorate da un assetto rigido al punto giusto che esaltava la guida nel misto. Secondo alcuni la G60 era meno “appuntita”, spigolosa e più “civilizzata” della GTI: questioni di gusti e, a ben vedere, la coabitazione nel listino Volkswagen non faceva altro che rispecchiare le diverse utenze.

Anche due versioni specialissime. In Italia ne arrivarono solamente 2.000 esemplari tra il 1989 e il 1991, il brevissimo arco di tempo di produzione; ma se si parla di rarità non si possono non menzionare la G60 Rallye e la Limited. La prima – prodotta in 5.000 unità – era la versione stradale della Gruppo A: adottava la trazione integrale della Syncro ed era riconoscibile per gli evidenti allargamenti della carrozzeria e i fanali rettangolari. Molto più rara (solo 71 unità) invece la Limited, esteticamente riconoscibile da una G60 normale per i fari singoli e la bordatura blu chiaro della calandra. Qui la potenza spremuta dal 1.8 volumetrico arrivava a 213 CV, equivalenti a uno 0-100 in 6,8 secondi e una velocità di punta di 225 km/h. Dimenticando per un attimo queste ultime, ormai auto per collezionisti danarosi, una G60 non si trova comunque a meno di 20.000 euro, più di una GTI coeva.

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