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Piccole bombe tedesche: VW Golf VR6, sta a vedere che è meglio della GTI

La convinzione – o sarebbe meglio dire, cocciutaggine – tipicamente tedesca che con l’ingegneria si possa risolvere tutto, trova una risposta molto convincente nella Volkswagen Golf VR6. Alloggiare un 6 cilindri a V nel vano motore di una media, trovando spazio per tutte le componenti vitali, trasmissione inclusa, non è certo facile. Eppure, con un piccolo trucco, a Wolfsburg ci riescono a inizio anni 90 e la terza generazione della Golf può sfoggiare un motore decisamente raffinato e originale.

V6 in… linea. Il cuore della Golf VR6 merita infatti qualche spiegazione: con una cilindrata di 2.8 litri e 174 CV di potenza, la sua peculiarità risiede nell’avere le testate realizzate in una unica fusione: questo perché l’angolo tra le due bancate è di soli 15 gradi. Del resto, il nome chiarisce tutto: la V non necessita spiegazioni, ma è la R la chiave di tutto, in quanto è l’iniziale di “Reihenmotor”, ovvero, in tedesco, motore in linea. Alla fine, l’ingombro è inferiore sia a quello di un 6 cilindri in linea sia a quello di un V6, caratteristica che rende possibile l’alloggiamento trasversale sulla Golf.

Sportiva ed elegante. Abbinato alla trazione anteriore – ma, nel 1995 arriva anche la VR6 Syncro, a 4 ruote motrici e con cilindrata portata a 2.9 litri per 190 CV – permette a questa esotica Golf di stracciare senza paura la sorella GTI nello 0-100 (7,6 secondi), mentre la velocità massima di 225 km/h la spinge al top del listino. Sportiva quindi, ma senza sacrificare il comfort e l’eleganza, a partire dagli splendidi cerchi di lega BBS da 15” abbinati a pneumatici da 205/50 e proseguendo con sedili Recaro e dotazioni di serie come cruise control e aria condizionata.

Una supercar per Quattroruote. Nella prova di Quattroruote dell’ottobre 1992, oltre addirittura a considerarla una supercar e a far notare che, con 45 milioni di lire, il prezzo è decisamente elevato, viene lodato il sistema Eds, che limita il pattinamento delle ruote in accelerazione. Viene inoltre sottolineata l’elasticità del propulsore e la precisione del cambio, mentre 1.155 kg per l’epoca non sono pochi. Nei primi anni 90, inoltre, l’idea di una trazione anteriore con molti cavalli poteva lasciare perplessi, facendo ipotizzare un comportamento dinamico nervoso, che invece la prova su strada smentisce del tutto, evidenziando altresì il notevole equilibrio dinamico della VR6.

Penalizzata dall’Iva, oggi è molto rara. Alla guida il sottosterzo viene giudicato non fastidioso, nonostante l’ingente massa che grava sull’asse anteriore, mentre lo sterzo non viene considerato all’altezza delle prestazioni. Il giudizio sulla vettura, in ogni caso, risulta complessivamente molto positivo e la scarsa diffusione nel nostro Paese è principalmente imputabile alla tassazione che colpiva le auto oltre i 2.000 cm³, determinando un prezzo di listino decisamente sproporzionato per la tipologia di vettura. La 2.8 VR6 è stata commercializzata in versione a tre e cinque porte, mentre la 2.9 VR6 solo in quella a cinque. Poi basta fare una rapida ricerca online per scoprire che queste vetture sono praticamente introvabili, anche se con quotazioni non esagerate, considerato il motore prestigioso. Possono bastare infatti dieci mila euro, o poco più. A trovarle.

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Categorie: Auto
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