Nel mondo della moda è un’abitudine consolidata, ovvero combinare tra loro abiti e accessori di lusso con altri pezzi acquistati nelle catene d’abbigliamento, ma nel mondo dell’automobile è una pratica quantomeno poco pubblicizzata anche se più diffusa di quanto uno possa immaginare. Del resto, meglio nascondere a chi spendeva centinaia di milioni di lire per una fuoriserie prodotta in poche migliaia di pezzi che in realtà ospitava delle componenti presi da umili utilitarie o da anonime berline.
La Lamborghini Miura 850. La lista sarebbe lunghissima e siamo certi che gli appassionati sarebbero in grado di elencarne a decine, ma noi ne abbiamo scelte alcune, secondo noi interessanti o sorprendenti, con protagoniste auto inglesi, italiane e francesi prodotte tra gli anni 60 e gli anni 90. Partiamo con una vera leggenda tra le sportive, ovvero la Lamborghini Miura, un capolavoro del design e della meccanica che però, al posteriore, esibisce gli stessi identici gruppi ottici della coeva Fiat 850 spider. Intendiamoci, la piccola Fiat, nata da un’idea di Bertone e disegnata da Giorgetto Giugiaro, è tutt’altro che un’auto comune, ma ai tempi, al prezzo di una Miura se ne potevano comprare addirittura sette.
Americana un po’ francese. Che dire inoltre della Ford GT40 mk1, una vera icona tra le sportive americane e un’auto dalle prestazioni straordinarie, capace di trionfare ripetutamente a Le Mans. I caratteristici gruppi ottici circolari che adornano il posteriore provengono da una piccola tre volumi francese, la Simca 1000: prima di storcere il naso vale la pena ricordare che anche questa poteva sfoggiare un pedigree sportivo, sia nella versione elaborata da Abarth, la 1150 Corsa da 170 km/h, sia grazie alle tre generazioni della versione Rallye, di cui l’ultima – del 1977 – poteva raggiungere i 183 km/h.
Una faccenda tutta italiana. Rimaniamo sempre in ambito super sportive degli anni 60 per scoprire che Lamborghini era recidiva, in quanto anche la Espada, prodotta tra il 1968 e il 1978 non si vergognava di far ricorso alle stesse luci posteriori della prima serie della Fiat 124 Sport Coupé, mentre un altro prestigioso marchio italiano, Maserati, si era rivolta all’Alfa Romeo per la Ghibli. Stiamo parlando chiaramente della prima Ghibli, quella lanciata nel 1967, spinta da un V8 da 310 CV e disponibile sia coupé sia spider: la fonte di approvvigionamento qui era la Giulia Super.
Le insospettabili supercar inglesi. Trasferiamoci in Inghilterra per scoprire come negli anni 90, alcune supercar britanniche avessero fatto ricorso a pezzi di provenienza meno esclusiva. Sulla Jaguar XJ220, autentica supercar realizzata solamente in 281 esemplari, a un occhio attento il posteriore rivela un dettaglio scottante, che l’accomuna a una decisamente anonima Rover 200, ma ottimamente integrato nella caratteristica griglia posteriore. Passiamo all’Aston Martin DB7, esclusivissima e lussuosa Gran Turismo con insospettabili legami con il Sol Levante: nei primi anni ‘90 infatti il marchio inglese gravitava sotto l’orbita Ford, proprio come la Mazda. Ecco allora che i gruppi ottici allungati della 323 F trovarono posto sulla DB7, ma non solo: la maniglia interna delle portiere è la stessa della mitica mx-5. L’ultima è una vettura tanto affascinante quanto inusuale, la Morgan Aeromax: sposa linee retro e futuristiche, proprio come la sfortunata Lancia Thesis e le sottilissime luci a LED sono proprio le sue.
Asse franco-tedesco. Per finire, un’auto poco conosciuta che invece usa le luci posteriori di una vera bestseller: stiamo parlando della Venturi 400 GT, rara supercar francese dei primi anni 90, spinta da un 3 litri biturbo da 408 CV e prodotta in sole 73 unità. Un numero irrisorio se paragonato agli esemplari della prima BMW Serie 3 della storia, 1.364.039.