Tra gli anni 50 e 60, il segmento delle convertibili conobbe il suo massimo splendore: c’era voglia di libertà e divertimento e la guida en plein air divenne il simbolo di una società prospera e gaudente. Non solo modelli costosi, anche le utilitarie infatti divennero la base per vezzose spider e cabriolet apprezzatissime nelle località di villeggiatura e, tra queste, vi erano la Renault Floride e la sua erede Caravelle.
Presenza ricorrente sulle Promenades e i Boulevard delle più rinomate destinazioni marittime, la Renault Floride, venne svelata nel 1958 entrando in produzione l’anno seguente. Tre anni dopo, nel 1962, debuttava la sua derivata Caravelle.
Nella seconda metà degli 50, Renault intendeva proporre una decapottabile relativamente economica per gli Stati Uniti, mercato d’elezione per le spider. Per questo l’allora presidente della Régie Renault, Pierre Dreyfuss e il Responsabile del reparto Ricerca e Sviluppo Fernand Picard si recarono negli States per sondare il terreno. Al loro rientro, dopo un contatto con Luigi Segre, siglarono un accordo con la Ghia che, già da qualche anno, aveva stretto solidi rapporti con l’americana Chrysler. L’azienda torinese seguì lo sviluppo della nuova convertibile coinvolgendo Pietro Frua e Virgil Exner Jr. (figlio del noto designer Virgil Exner), coordinati da Giovanni Savonuzzi, in modo da poter bilanciare il gusto europeo e quello americano. Di lì a poco sarebbe nata la Renault Floride.
Suggestioni da “Jet Era”. Il nuovo modello condivideva la base meccanica dell’utilitaria Dauphine, mansueta berlina quattro porte con motore posteriore. La bella spider francese venne svelata nel 1958 e proposta a partire dal ‘59 in tre configurazioni: “Cabriolet”, totalmente priva di capote, “Coupé” con tetto chiuso e la classica “Convertible”, con capote ripiegabile e hardtop opzionale.
Negli Stati Uniti l’auto venne commercializzata “Caravelle”, perché si temeva che in California, patria delle decapottabili, i clienti non avrebbero gradito una vettura dedicata alla Stato della Florida. Inoltre, il nome Caravelle evocava il nome del famoso aereo della Sud Aviation, uno dei più moderni dell’epoca.
Poco stabile. La Floride, tra il 1959 e il 1962, riprese la meccanica della Dauphine nell’allestimento sportivo “Gordini” (con motore di 845 cm3 da 40 CV) mentre, fino al 1968, ha condiviso quella delle “R8” e “R8 Major”. I modelli della prima serie scontavano una tenuta di strada precaria, persino più critica di quella della berlina. L’instabilità era dovuta alle variazioni di camber del retrotreno, dove grava gran parte della massa complessiva. Una manovra brusca, già a 70 km/h, innescare un testacoda e, come molte auto dell’epoca con motore posteriore, risentiva molto dei venti laterali.
Le migliorie. Nel 1960, per migliorare l’handling, furono adottate le sospensioni posteriori “Aerostable”, riprese dalla Dauphine: in questo caso l’azione delle classiche molle in acciaio era accompagnata dallo smorzamento di tamponi pneumatici di gomma. Inoltre, la meccanica beneficiò di una nuova testata. Tuttavia, la tenuta di strada non migliorò molto per via dello schema “tutto dietro” con l’avantreno leggero.
Tuttavia, nata per il piccolo trotto e non per la guida impegnata, la Floride nei primi tre anni totalizzò comunque 45.000 esemplari.
Piacque anche a B.B. La Renault Floride tornò a far parlare di sé quando Brigitte Bardot, sex symbol assoluto del periodo, vinse l’auto durante una lotteria. Le foto fecero il giro del mondo in breve tempo, “B.B.” e la sua Floride finirono persino sulla copertina di Quattroruote di maggio 1961. Pur non disdegnando, di certo, la mondanità, la Bardot era nota per la parsimonia e conservò a lungo quell’auto, anche per via dei costi di esercizio molto contenuti. La “Floride” conservava infatti i bassi consumi, l’affidabilità e la facilità di guida in città della umile Dauphine.
Alla guida. Quattroruote ne apprezzava la buona qualità le finiture e il brio dell’otto e mezzo francese, dalla tonalità gradevole. A pieno carico, tuttavia, la situazione cambia, a causa della limitata potenza del propulsore che richiede un uso continuo del cambio. Quest’ultimo, tuttavia è poco preciso come pure lo sterzo, piuttosto vago anche in virtù dell’asse anteriore molto leggero. La velocità massima, di poco superiore ai 120 km/h, è giudicata modesta. Ma, vista la scarsa tenuta di strada, non può che essere considerato un bene.
L’evoluzione. A partire dal marzo 1962, la Floride adottò i freni a disco e fu equipaggiata con un nuovo motore di 956 cm3 e 51 CV, che anticipava quello della R8. Intanto, la nomenclatura mutava in “Floride S” per la versione con tetto in tela e “Caravelle 2+2” per la coupé, riprendendo la denominazione americana.
La coupé, oltre alla nuova griglia di raffreddamento, spostata sul cofano posteriore anziché doppia sui fianchi si distingueva per un padiglione leggermente diverso, resosi necessario per i posti supplementari.
La Caravelle montava, inoltre, il cambio a quattro marce (con prima non sincronizzata) al posto di quello a sole tre marce previsto sulla Floride.
Cambio d’identità. Nel settembre 1963 per tutti i modelli venne utilizzata la denominazione “Caravelle” e venne impiegato un nuovo motore 1,1 litri (1.108 cm3) da 55 CV, già in uso sulla “R8 Major”.
L’ultima iterazione di questa famiglia di modelli fu la “Caravelle S”, presentata nel settembre del 1965. La versione “S” erogava 57,5 CV mediante l’adozione di un carburatore doppio corpo Weber (Tipo 32 DIR) e rimase in listino sino al 1968. Per oltre vent’anni fu l’ultima auto decapottabile prodotta dalla Régie. Escludendo la R4 Frog, la successiva cabriolet a marchio Renault si ebbe nel 1991 con la R19 Cabriolet.
Poco diffuse. Negli anni 60, in Italia il prezzo delle Renault Floride e Caravelle era superiore a quello delle più mature Fiat 1500 Cabriolet ed era allineato a quello della brillante Triumph “Spitfire”.
Oggi entrambe le rivali mantengono quotazioni più elevate ma per chi desidera un’auto scoperta da passeggio, questa convertibili francesi possono essere una scelta interessante, soprattutto per i costi d’esercizio e la semplicità della meccanica. Il problema riguarda, semmai, la disponibilità delle vetture quanto dei ricambi. Pertanto è consigliabile cercare esemplari in buono stato magari Francia, Belgio e Olanda dove è più facile reperirle ma, a costo di mettere in conto esborsi superiori.