Poteva gareggiare in due categorie, Sport e Corsa, fino a quando il regolamento impose una decisione. Il proprietario optò per la versione Sport e portò la vettura in Italia perché fosse ricarrozzata barchetta. Se non fosse per la meccanica, la si potrebbe scambiare per una Ferrari o per una sportiva del Tridente.
Chiamata “la locomotiva azzurra”, la Talbot Lago “T26” era, dopo la guerra, la macchina da battere, sia nella categoria Sport (la “GS” vinse la 24 Ore di Le Mans del 1950 con Louis Rosier e Jean Louis Rosier), sia nella categoria Corsa (nel 1949 si aggiudicò il G.P. di Francia con Louis Chiron, il G.P. del Belgio con Louis Rosier e il G.P. delle Frontiere con Guy Mairesse).
La forza della Talbot era nella cilindrata elevata del suo 6 cilindri e nella robustezza d’una meccanica collaudata. Le macchine erano, in pratica, delle “4500” d’anteguerra aggiornate da Carlo Marchetti, nuovo ingegnere della Casa.
Lo stile, ormai datato, era sostanzialmente simile per le “T 26 C” monoposto e per le “T 26 GS” dotate di fari, sedile per il passeggero e ruota di scorta. Aggiungendo o togliendo questi elementi si poteva correre nelle categorie Sport o Corsa.
Le versatili “quattro litri e mezzo” parigine trovarono modo di esprimersi anche nei rally. E’ il caso della “T 26 GS” del 1953 del nostro servizio, allestita nel 1950 per il gentleman driver Michel Descollonges, che richiese l’impianto di riscaldamento, il rapporto al ponte corto, tre carburatori Zenith-Stromberg, il cambio di velocità con preselettore Wilson e i freni idraulici a tamburo Lockeed.
Nel 1951 le autorità sportive, per evitare che la stessa vettura si presentasse al via in categorie diverse con la sola aggiunta o eliminazione dei parafanghi, decretarono che dal ’52 le Sport avrebbero dovuto avere i parafanghi solidali con la carrozzeria.
Così Descollonges portò la “T 26 GS” da Rocco Motto, a Torino; questi, indiscusso maestro dell’alluminio, rese la Talbot molto più leggera e competitiva.
Dal punto di vista meccanico, la parte più innovativa del progetto era la testata con valvole inclinate e comandate da due alberi a camme, posti nella parte superiore del basamento, che agivano su aste piuttosto corte e perciò soggette a una minor inerzia.
Motore | 6 cilindri in linea – Alesaggio 93 mm – Corsa 110 mm – Cilindrata 4482 cm3 – Potenza 210 CV a 4500 giri/min – Due alberi a camme nel basamento, valvole in testa, aste e bilancieri – Tre carburatori Zenith-Stromberg EX 32. |
Trasmissione | Frizione monodisco a secco – Cambio a 4 marce Wilson servoassistito – Pneumatici 6.00×18. |
Corpo vettura | Autotelaio a longheroni con rinforzi a X – Sospensioni ant. a ruote indipendenti con balestra trasversale inferiore e bracci triangolari superiori – Sospensioni posteriori ad assale rigido, balestre semiellittiche – Ammortizzatori idraulici – Freni idraulici a tamburo – Sterzo a vite senza fine. |
Dimensioni e peso | Passo 2500 mm – Carreggiata anteriore 1385 mm – Carreggiata posteriore 1330 mm – Peso 1170 kg. |
Prestazioni | Velocità da 190 km/h a 230 km/h (secondo il rapporto al ponte utilizzato). |