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Volkswagen Typ 3, come vuole la tradizione

Negli anni 60 a Wolfsburg si pensò di ampliare la gamma proponendo una berlina media di segmento più elevato, aggiornato soprattutto nell’estetica ma senza modifiche tecniche radicali. E così dopo il Maggiolino (Typ 1) e il Bulli (Typ 2), con matematica consequenzialità, venne presentata la Typ 3 declinata nei modelli 1500 e 1600.

Il terzo modello della famiglia Volkswagen venne prodotto per oltre un decennio, tra il 1961 e il 1973 e nacque dall’idea di offrire alla clientela un modello superiore al Maggiolino. Al lancio la vettura aveva un prezzo base di 6.400 marchi, un migliaio in più rispetto alla sorella minore.
La Typ 3 venne presentata nel settembre 1961 al Salone di Francoforte e proposta in tre varianti: 1500 “notchback” berlina; la 1500 Variant, familiare a tre porte e una cabriolet, che però non venne prodotta. Al suo posto, la Karmann (storico partner della Volkswagen) realizzò il modello coupé disegnato dalla Ghia.
In un periodo in cui per Volkswagen la continuità era più importante dell’innovazione, la Typ 3 perpetuava la linea evolutiva iniziata con la sempiterna Typ 1. Senza modifiche radicali, anche la nuova “1500” impiegava un motore quattro cilindri boxer da 1.493 cc capace di erogare 44 CV. Come il 1,2 litri della sorella minore, era montato posteriormente e i telaio in acciaio con trave centrale e le sospensioni indipendenti a barre di torsione.

La prima familiare Volkswagen. La nuova famiglia di modelli, inizialmente, non entusiasmò la critica: con meno di 45 CV le prestazioni erano tutt’altro che esaltanti e, anche lo stile, era lungi dall’essere emozionale.
La priorità per i tecnici di Wolfsburg, infatti, era offrire abitabilità e capacità di carico maggiori rispetto al Maggiolino. Per far fronte alle direttive imposte dai vertici aziendali, il motore boxer doveva essere piatto, così come lo era anche il vano di carico della prima station wagon Made in Wolfsburg, 1500 Variant: antesignana di tutte le familiari Volkswagen.
Per via dell’ingombro verticale ridotto venne progettato un nuovo impianto di raffreddamento con ventola radiale montata direttamente sull’estremità dell’albero motore e non in alto come avveniva per il Maggiolino. Anche il radiatore dell’olio venne riposiziona: installato orizzontalmente per favorire il raffreddamento del terzo cilindro, che in precedenza tendeva a surriscaldarsi.   

Alti e bassi. Nonostante la tiepida accoglienza iniziale, la Typ 3 si fece apprezzare per l’affidabilità e la robustezza. La maggior parte delle tappezzerie poté resistere per oltre 40 anni, l’imperiale non si scollava e l’orologio nel cruscotto ticchetta tutt’oggi su gran parte degli esemplari. Anche il “clack” degli interruttori non è smorzato dopo tanti. Il motore, dall’avviamento automatico, se mantenuto opportunamente parte al primo colpo accompagnato dall’inconfondibile suono dei motori Volkswagen prima maniera.
All’interno, spiccavano invece la comodità e la qualità delle finiture: tutti aspetti che consentirono al nuovo modello di farsi apprezzare rispetto al Maggiolino. E, anche la guidabilità era migliore per via della differente distribuzione dei pesi.
Buona la ripresa, nonostante la potenza limitata ma le inerzie del posteriore ed i pneumatici stretti contribuivano a rendere la Typ 3 piuttosto refrattaria alla guida brillante, come pure la sensibilità ai venti trasversali. Per questo, sin dagli anni 80, molti meccanici si sono cimentati nella preparazione sportiva delle Volkswagen, comprese le 1500 e le 1600: perfette per rivestire il ruolo di sleeper (auto dalle prestazioni elevate ma poco appariscenti).

L’importanza del marketing. La Typ 3 Variant, in particolare, ottenne un successo inaspettato anche per merito delle fortunate campagne pubblicitarie. Nella prima metà degli anni 60, queste consentirono alla Volkswagen di scrollarsi definitivamente di dosso l’immagine tetra che, fino al decennio precedente, ne aveva limitato la diffusione soprattutto Oltreoceano. Proprio il mercato americano divenne la destinazione principale per le Typ 3: tra i primissimi modelli compatti a far breccia negli Stati Uniti.
All’epoca non vi erano, infatti, molte altre auto di piccole dimensioni disponibili anche con cambio automatico, che nello specifico era un tre marce. Introdotta nel 1968, questa trasmissione (piuttosto lenta) tuttavia si sposava bene con le specifiche del modello e con i ritmi meno frenetici della vita anni 60 e, inoltre, le donava un tocco di “prestigio”, essendo all’epoca una prerogativa delle auto d’alta gamma.

L’evoluzione. Nel 1963 la gamma si completava con la 1500 S (solo berlina). Questo modello si differenziava per lievi modifiche estetiche, come i copriruota specifici e alcune finiture interne e adottava un motore potenziato da 54 CV, ottenuti mediante l’adozione di due carburatori Solex 32 tipo “PDSIT” e con un rapporto di compressione maggiore (8.5:1). L’unità, come la precedente, era accoppiata a un cambio a quattro rapporti sincronizzati. Invariato l’impianto frenante con freni a tamburo su tutte le ruote.
Nel 1966, con il primo restyling, venne presentata la Volkswagen 1600 “TL” con carrozzeria fastback.
Intanto, le Typ 3 Limousine (berlina) e Variant vennero equipaggiate con un nuovo 1,6 ltri (1.584 cc) da 54CV e un allestimento più ricco, denominato “L”. Due anni dopo, la 1600 “E” fu la prima auto di serie venduta sul mercato tedesco disponibile con iniezione elettronica (Bosch D-Jetronic). Un secondo aggiornamento della gamma si ebbe nel 1969, quando la Typ 3 adottò un muso ridisegnato e più lungo, per ampliare il vano bagagli anteriore. La versione aggiornata adottava poi nuovi paraurti e una fanaleria posteriore completamente rivista.

Le Brasiliane. La Type 3 berlina a quattro porte fu lanciata in Brasile nel 1968 con uno stile unico (simile alla Brasilia) disegnato da Marcio Piancastelli. Questa non ebbe molto successo e venne soprannominata Zé do Caixão (che significa “Joe il Becchino”, dal nome di un popolare regista brasiliano di film horror) per la sua forma squadrata. Considerate le vendite basse, rimase a listino fino al 1970. La versione fastback “TL”, se la cavò un po’ meglio, rimanendo in produzione dal 1970 al 1976, originariamente come due porte e successivamente anche in versione a quattro porte.

Piace la Variant. Come in Germania, la Karmann Ghia originale fu sostituita dalla Karmann Ghia TC (Touring Coupé) basata sul Tipo 3, ma con un look distinto dall’omologa variante tedesca. Nessuna delle due godette di tanto successo quanto la sua sorella Variant. La Variant a tre porte fu prodotta dal 1969 al 1977, seguita da un successore aggiornato con carrozzeria più squadrata, la Variant II, che fu prodotta dal 1977 al 1981.
Le Type 3 brasiliane usavano la sospensione anteriore della Type 1 a differenza della tedesca. L’unica eccezione tra le Type 3 brasiliane era la Variant II, con lo schema MacPherson all’anteriore.

La vecchia guardia. A fronte di uno stile e di una progettazione più attuali, la Typ 3 non raggiunse mai la popolarità del Maggiolino e, quando Volkswagen si “convertì” allo schema tutto avanti (con motore e trazione anteriori), la produzione delle 1600 cessò: dapprima a Wolfsburg e poi anche nell’impianto di Emden. L’ultimo esemplare venne ultimato nel luglio 1973, consentendo alla modesta Typ 3 di concludere la sua carriera con ben 2.584.904 unità.
La famiglia 1600 cedette il posto alla Passat: la prima Volkswagen “moderna” con trazione anteriore e motore raffreddato ad acqua. Per il colosso di Wolfsburg iniziava una nuova era.

Piace ai più giovani. Oggi la Typ 3 sta conoscendo un nuovo successo, soprattutto all’estero, dove molti giovani appassionati, hanno ceduto alla fascinazione di questo modello che, tra Sud America e West Coast si è riscoperta hipster e modaiola. Chi l’avrebbe detto 60 anni fa…

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