Forse sulla lapide di Chris Amon, morto questa notte all’età di 73 anni nella sua Nuova Zelanda dopo una lunga battaglia contro il cancro, dovrebbe essere scritto come epitaffio la frase che disse su di lui Mario Andretti: “Se facesse il becchino, la gente smetterebbe di morire”. Bravo, talentuoso e molto sfortunato, Amon è stato spesso descritto come il miglior pilota di Formula 1 a non avere mai vinto una gara.
Faceva parte del trio di neozelandesi che tra gli anni 60 e 70 sbarcò in Formula 1, assieme a Bruce McLaren e Denny Hulme. Nei suoi 13 anni di carriera nel Circus, 96 gran premi all’attivo e mai un primo posto. Eppure Amon ebbe una carriera brillante, iniziata nel 1963 con Lola e Lotus e proseguita poi con la Ferrari, dove corse dal 1967 al 1969 assieme a Lorenzo Bandini, Jacky Ickx, Pedro Rodriguez ed Ernesto Brambilla. Poi il passaggio in March (1970), gli anni alla Matra (1971-72) e gli approdi in Tyrrel, Tecno, Ensign e Williams, dove chiuse la sua carriera nel 1976. E fu tra i primi piloti a cimentarsi nell’avventura di correre per la propria scuderia, anche se l’annata 1974 della Amon (finanziata coi soldi di John Dalton) fu molto sfortunata: un ritiro in Spagna e nulla più.
Molto più gloriosa invece è stata la carriera di Amon nei prototipi. Nel 1966 vinse la 24 Ore di Le Mans con il connazionale Bruce McLaren a bordo di una Ford GT40, mentre l’anno seguente con la Ferrari, in coppia con Lorenzo Bandini, si aggiudicò sia la 24 Ore di Daytona (con la Ferrari 330 P4 che finì davanti alle altre Rosse di Parkes-Scarfiotti e Rodriguez-Guichet) sia la 1000 km di Monza.
Marco Gentili