Era il papà della Ferrari F40. Se n’è andato ieri, 23 agosto 2022, l’ingegnere Nicola Materazzi, classe 1939. Ha contribuito alla creazione di veri mostri sacri del motorismo italiano come la Lancia Stratos, la Ferrari 288 GTO e la F40. Aveva curato 38 progetti, “da un go-kart alla Formula 1”.
Lo avevamo intervistato nel 2018 (Ruoteclassiche di febbraio) a Sapri, dove viveva, tra i suoi dodicimila libri (di meccanica e non solo) e il mare. Ci aveva parlato degli anni a Maranello, della sua “ossessione” per il turbo, dei suoi ricordi di Villeneuve, di competizioni, della sua idea della figura del progettista…
La vita e i progetti. Nicola Materazzi era nato a Caselle in Pittari, Salerno, nel 1939. Dopo la laurea in Ingegneria Meccanica approda alla Lancia come calcolatore e partecipa al progetto Stratos; in particolare, con la Silhouette Gruppo 5 scopre le potenziali del turbo. Nel 1978 progetta la Formula Fiat-Abarth, poi passa alla Osella dove si occupa della F. 2 per la stagione ’79 e della F. 1 per la stagione ’80. A fine del 1979 arriva la chiamata di Enzo Ferrari: al reparto corse di Maranello assume il controllo dell’ufficio tecnico promuovendo il passaggio al turbo. Cura anche auto di serie – e derivate – come 288 GTO, Testarossa, 288 GTO Evoluzione, F40. Gli incarichi successivi sono alla Cagiva e poi alla Bugatti dove si interessa della EB110. Nel 1999 progetta la Edonis per conto della B.Engineering.
Il nostro video. E nel video di Ruoteclassiche dedicato ai Grandi Progettisti aveva raccontato: “Io sono il papà dell’F40, ma non solo dell’F40, soprattutto del GTO Evoluzione che è stato il progenitore dell’F40, il GTO Evoluzione è stato completamente progettato da me, ho fatto persino la carrozzeria…”. E spiegava: “Io ho preteso, e m’è costato non pochi sacrifici, d’imparare a progettare tutto di una vettura. Perché spesso la gente non si rende conto che se io ho un motore che va al 120 per cento e un telaio o una sospensione che va al 60, la macchina va al 60, cioè l’elemento più debole che condiziona in definitiva il comportamento globale dell’oggetto. Questa è una cosa di cui pochi tengono conto. Ma per me è fondamentale. Il succo di questo mio lavoro lo dimostra l’F40, perché in tutte le sue parti l’F40 ha una sua omogeneità…”.