Sarà il design, austero e poco in linea con la tradizione sportiva dell’Alfa Romeo, a frenare l’entusiasmo degli alfisti. Ecco perché la 2600, ultima ammiraglia del Biscione con il 6 cilindri in linea a doppio albero a camme in testa, non ottenne il successo sperato.
Archiviata la Ricostruzione postbellica, all’inizio degli anni 60, a boom economico già iniziato, la clientela Alfa Romeo è ancora in attesa di una valida risposta alle ammiraglie Fiat 1800/2100/2300, che, grazie ai loro prestigiosi seppur non così performanti 6 cilindri, hanno riscosso un notevole e meritato successo.
Si può fare di più. L’ammiraglia del Portello battezzata 2000 e presentata nel 1957 non aveva mai convinto, per via del suo aspetto severo e in certe parti inutilmente elaborato e per le prestazioni indegne del marchio, fornite da un 4 cilindri bialbero che, poco più piccolo, aveva invece fatto faville sotto il cofano della precedente e tanto amata 1900.
C’è voglia di ammiraglia. Insomma ci voleva ben altro. Quando sarebbe arrivata una degna erede dei potenti “Alfoni 6C”, tanto apprezzati fino all’inizio degli anni 50? Questa erede viene finalmente presentata al Salone di Ginevra del 1962 e si chiama 2600, ma per molti è una delusione. Sviluppata con poca convinzione e con un budget risicato, come d’altronde la 2000, perché in Alfa Romeo ormai hanno puntato sulla Giulietta e punteranno ancor di più sulla Giulia, la 2600 ne riprende in pratica la scocca, con lievi aggiornamenti al frontale e alla coda, senz’altro riusciti ma non sufficienti a darle personalità.
Un gran motore. Rimane l’aspetto severo, che, come la 2000, ne fa una vettura ministeriale e di rappresentanza ideale, ma a questo punto, data la cilindrata, le dimensioni dovrebbero essere maggiori. Detto ciò, rispetto alla 2000, la nuova ammiraglia Alfa Romeo ha dalla sua qualcosa in più, come sottolinea Quattroruote nell’introduzione alla Prova su strada, pubblicata a luglio del 1962: “La 2600, come conferma la nostra prova, mostra invece di avere un motore potente e molto elastico che par quasi sin troppo generoso per una macchina la cui abitabilità è rimasta quella della 2000. In poche parole si potrebbe dire che la 2600 è essenzialmente un gran motore”.
Senza badare a spese. Proprio così: per lo sviluppo del suo 6 cilindri, che mantiene l’efficace distribuzione bialbero, fiore all’occhiello del’Alfa Romeo, ma che rispetto a quelli delle rinomate 6C vanta la novità della corsa corta, la Casa del Portello non ha lesinato risorse tecniche. La potenza di 132 CV è da considerarsi ragguardevole per l’epoca; va poi rammentato il fatto che questo stesso motore, montato sulle bellissime derivate 2600 Sprint e Spider, arriva a erogare 145 CV grazie all’aumento del rapporto di compressione e all’alimentazione con una batteria di tre carburatori doppio corpo anziché monocarburatore.
Bocciata dagli alfisti più elitari. Venduta, al lancio, a un prezzo di listino di 2.700.000 lire, l’Alfa Romeo 2600 è valutata da Quattroruote in modo non troppo lusinghiero per quanto riguarda l’abitabilità, ritenuta modesta, e il grado di finitura, giudicato scarso per una vettura della sua classe. Offerta nelle tinte grigio alba, grafite, verde uranio, blu, cobalto e nero, questa “ammiraglia di nicchia” fino al 1969 sarà prodotta solo in 2051 esemplari. Il che la dice lunga sul gradimento da parte di un pubblico che non vede e non vedrà più l’Alfa Romeo come una Casa di riferimento per questa classe di automobili.
Oggi è rara e costosa. In parte rivalutata, soprattutto per il fatto di essere stata l’ultima berlina Alfa Romeo a montare un bialbero 6 cilindri in linea, oggi la 2600 è rarissima e i pochi esemplari in vendita, se in buone o ottime condizioni, in Italia stando alle quotazioni di Ruoteclassiche arrivano a spuntare quotazioni fino a 27.000 euro. All’estero c’è qualcuno che pretende ben di più, come su un recente annuncio tedesco online, nel quale compariva un prezzo di ben 54.900 euro poi scontato a 47.500! Si tratta pur sempre di un’Alfa Romeo e girare oggi con una macchina del genere, che molti hanno proprio dimenticato ma che spicca di sicuro per la sua austera signorilità, può fare la differenza.