Il Museo Storico Alfa Romeo ha presentato ieri il primo dei dodici eventi “backstage – dietro le quinte” che ha in programma per il 2019 e disegna una giornata dedicata all’ammiraglia Alfa 6. Sotto i riflettori l’esemplare usato da Papa Giovanni Paolo II.
Milano, anno 1983, mese di maggio. Dal 20 al 22 si tiene il XX congresso eucaristico nazionale. A fare gli onori di casa, Carlo Maria Martini, nominato arcivescovo di Milano dal Papa Giovanni Paolo II, che nel febbraio di quell’anno lo ha ordinato cardinale. Ad attendere sua Santità all’ombra della Madonnina è un’Alfa 6 blindata color bianco capodimonte. Una vettura che è sempre rimasta nella disponibilità dell’Alfa Romeo, e conservata fra le auto del Museo Storico.
Dodici appuntamenti col sapere. Esposta raramente nella collezione, questa Alfa 6 è stata protagonista del primo appuntamento “backstage – dietro le quinte” che il Museo Alfa Romeo ha organizzato per il 2019. Dodici eventi, uno ogni mese, che hanno a tema esemplari di auto della Casa milanese normalmente non visibili al pubblico o temi relativi alla storia dell’azienda non noti ai più.
Sotto la lente d’ingrandimento. L’Alfa 6, auto di non luminoso successo commerciale a dispetto delle indubbie qualità del prodotto, si è presa una giusta rivincita come protagonista lo scorso 20 gennaio ad Arese. Perché la 119 (questo il nome del progetto) non solo è stata apprezzata ed esaminata con curiosità dagli appassionati, ma è anche stata protagonista di un piccolo raduno aperto ai possessori.
Dieci Alfa 6 posson bastare? Una decina i proprietari che hanno risposto con entusiasmo all’invito diffuso dal Museo sui propri canali social, non pochi considerata la relativa rarità del modello. Ecco quindi che nell’esposizione statica prima, e nei successivi giri nel “pistino” dopo, le Alfa 6 dei collezionisti si sono unite a quella del Papa offrendo una panoramica completa dell’evoluzione del modello.
La famiglia al gran completo. Presenti sia esemplari della prima serie mossi dal motore 6 cilindri a V (unità portata a battesimo nel 1979 proprio dalla nuova ammiraglia, alimentate a carburatori e con trasmissione ZF sia manuale 5 rapporti sia automatica) sia esemplari della seconda nelle versioni 2.0 carburatori e 2.5 iniezione elettronica Quadrifoglio Oro. Autentica mosca bianca, infine, la 2.5 turbodiesel equipaggiata con il propulsore della VM a 5 cilindri.
Blindata per sua Santità. Identificata dal numero di telaio 5846, l’Alfa 6 bianca usata da Giovanni Paolo II presenta alcune delle caratteristiche tipiche delle Alfa Romeo blindate dell’epoca (che erano allestite presso carrozzieri esterni, anche se la Casa ha avuto a listino l’Alfetta 2000 elaborazione speciale, rinforzata con una blindatura leggera). Chiaramente presenti i doppi vetri, con gli interni in policarbonato, con la particolarità di due parti in policarbonato alloggiati nello specifico imperiale anteriore con funzione di parasole. Nel baule trova posto il serbatoio dell’estinguente dell’impianto antincendio.
Nulla lasciato al caso. Non è presente invece l’impianto citofonico che permette la comunicazione con l’esterno. I cerchi in lega millerighe e gli pneumatici sono quelli della produzione di serie. Ha destato interesse la presenza di una cerniera a metà del rivestimento padiglione, probabilmente pensata per un’eventuale successiva installazione di antenna per impianto radiomobile al centro del tetto, senza che vi fosse l’esigenza di rimuovere e rimontare la fintapelle. La blindatura non venne effettuata presso fornitori esterni, ma direttamente dagli uomini dell’Alfa Romeo.
L’occhio dell’esperto. Ha fatto discutere gli appassionati più smaliziati lo scudo cromato della mascherina anteriore, con lo stemma maggiorato. Il particolare, che caratterizza i modelli della seconda serie, è corretto: l’auto nacque così, perché nel 1983 era già stata presentata l’Alfa 6 rinnovata. Quest’Alfa 6 non è stata mai targata, pur essendo stata sicuramente usata anche in altre occasioni, visto che il contachilometri è fermo sul valore 1009; le (poche) foto dell’epoca ce la mostrano con la targa “prova MI 4300”.
Alfa batticuore, arrivederci alla prossima auto. Apprezzatissimo, infine, l’approfondimento sulla genesi del modello curato dal direttore del Museo, Lorenzo Ardizio, che ha riservato agli ospiti anche diversi aneddoti sulla presentazione del modello, avvenuta quarant’anni fa a Villa d’Este. Non ci resta, a questo punto, che darvi appuntamento al prossimo evento backstage del Museo. Con una domanda: quale auto finirà sotto la lente d’ingrandimento?