Un piccolo gruppo di Alfa Romeo Arna ha dato vita al secondo Raduno Mondiale dedicato a una delle automobili più sfortunate di sempre. Prodotta in collaborazione con la Nissan, era basata sulla meccanica dell’Alfasud: dei 200.000 esemplari previsti, tra il 1983 e il 1986 ne furono prodotti circa 60.000.
Nove esemplari rigorosamente originali dell’utilitaria del Biscione, in perfetto stato di meccanica e carrozzeria, si sono dati appuntamento la scorsa domenica 24 giugno alla sede dell’Alfa Blue Team (uno dei più importanti musei privati intitolati al marchio milanese) alle porte di Milano: presenti la versione base L, la più accessoriata SL e la sportiva TI).
Brutto anatroccolo. Dopo una conferenza introduttiva intitolata “Guida al Lancio Arna” tenuta dallo scrittore e storico Fabio Morlacchi, che ha ripercorso la strategia di Marketing dell’Alfa Romeo al debutto di questo modello sui listini italiani (soffermandosi sulle strategie e le precise indicazioni – alcune oggi ravvisabili come eufemisticamente fantasiose – dirette alla forza di vendita per spingere sulla clientela potenziale), le Arna sono partite con direzione Caravaggio per una visita al santuario cinquecentesco e, successivamente, alla vicina Cascina Bornocchia (azienda agricola che si estende su un’area di 290 ettari). La celebrazione dell’Alfa Romeo Arna e delle sue vicende è proseguita in un momento conviviale che ha proseguito la domenica alfista. A conclusione del meeting il gruppo di orgogliosi partecipanti si è lasciato sfuggire una tutto sommato meritata riflessione sulla bistrattata vettura costruita nello stabilimento avellinese di Pratola Serra. “In fondo l’Arna non è stata del tutto un’automobile da commiserare”, affermano all’unisono.
Joint venture ante litteram. Il ciclo di vita dell’Alfa Romeo Arna iniziò negli Anni 70, con l’azienda milanese ancora dentro al calderone bollente delle partecipazioni statali. Per rispondere alla Volkswagen Golf, l’azienda di Arese decise di inserirsi nel segmento C, un comparto di mercato completamente nuovo originato appunto dalla media a due volumi di Wolfsburg. Il primo passo fu la creazione di una società ad hoc, la Alfa Romeo Nissan Automobili S.p.A., fondata a Tokyo. L’accordo di partnership, viene firmato il 9 ottobre 1980 da Takashi Ishihara di Nissan e dall’allora presidente dell’Alfa Romeo, Ettore Massacesi.
Sotto la pelle un cuore Alfa. Per una precisa ragione di economie di scala la dirigenza dell’Alfa, piuttosto che affrontare un ingente investimento dagli esiti difficili da prevedere, si affidò a un pianale già esistente, riflesso di una strategia orientata al risparmio già in atto da qualche tempo e profondamente ridimensionata nella prassi rispetto agli anni d’oro del Biscione. Utilizzando, quindi, il pianale della Nissan Cherry e il motore boxer dell’Alfasud, l’Alfa Romeo scommetteva sul potenziale del nuovo modello. A Pratola Serra fu costruito un nuovo stabilimento, specchio di un ordinativo annuale che la dirigenza stimò in non meno di 60.000 esemplari annui.
Non solo difetti. Introdotta nel 1983 l’Alfa Romeo Arna (l’acronimo sta per Alfa Romeo Nissan Automobili) fu in brevissimo lanciata sui nostri listini: l’Arna L (tre porte) con il 1.2 da 63 Cv, costava circa dieci milioni di lire. Le si affiancava la Arna SL, con carrozzeria 5 porte e allestimento più ricco. Dal punto di vista tecnico la vettura presentava una serie di caratteristiche di tutto rispetto: dimensioni compatte (la lunghezza è di poco inferiore a 4 metri), carrozzeria con lamiere zincate, plastiche della plancia di discreta qualità (con ricircolo d’aria per l’impianto di ventilazione, un elemento di pregio al confronto con le concorrenti) e un temperamento brillante (garantito dal motore boxer Alfa Romeo).
Un’esistenza breve e poco intensa. Presentata al Salone di Francoforte del 1983, la nuova Alfa Romeo per il segmento C fu lanciata sul nostro mercato spinta dal famoso claim commerciale “Arna. E sei subito alfista”, prepotente richiamo, almeno formale, alla tradizione Alfa Romeo in un’ottica dettata dalle leggi del marketing. Nondimeno, l’Arna non fu convincente nei risultati di vendita. Nel corso del 1984 fu approntato un aggiornamento consistente relativo all’accensione elettronica, fu montato un carburatore doppio corpo e potenza crebbe leggermente leggermente (il 1.2 fu portato a 68 Cv). Arrivò inoltre la versione sportiva TI con spoiler anteriore e posteriore, cornici dei vetri in colore nero, contagiri, cerchi in lega e gomme ribassate a richiesta ma, soprattutto, motore portato a 1,3 litri e 86 Cv per 170 km/h di velocità massima ( al prezzo di poco meno di quattordici milioni di lire). Dal punto di vista commerciale, dopo un primo anno lusinghiero (25.000 esemplari venduti) le vendite proseguirono in un inesorabile calando fino al 1987: dopo circa 60.000 esemplari venduti (con la Fiat che produceva la Ritmo e la Lancia la Delta, vetture di livello superiore) la produzione cessò.