Sono passati quarantacinque anni dal lancio della Nuova Giulia Super del 1974, ultimo atto della lunga e felice vita di questa berlina, iniziata nel 1962 con il modello 1600 TI. Nel 1976 arriva sul mercato un’inedita versione a gasolio, equipaggiata con il motore diesel Perkins di 1,7 litri, già impiegato dall’Alfa Romeo per la gamma commerciale F11-F12, leggermente aggiornato per l’occasione. Non fu un successo, ma scopriamo perché.
“Una Giulia che va a nafta! Solo qualche anno fa, un’Alfa Romeo di questo tipo sarebbe stata addirittura inconcepibile per l’appassionata clientela della Casa milanese, tipicamente sportiva”. Ecco l’incipit della prova su strada di Quattroruote della Nuova Giulia Super Diesel, pubblicata nel luglio del 1976. Negli anni Settanta le vetture a gasolio cominciano a entrare nella mentalità e nel gusto degli automobilisti, quasi sempre per necessità, visto il costo crescente della benzina, anche se sono acquistate solo da chi fa moltissimi chilometri. Ma tra un motore diesel di quell’epoca e uno di oggi ci sono non solo una cinquantina di anni, ma un’intera era geologica in termini di potenza e riduzione delle emissioni.
Il ricordo dell’ingegnere. Ma perché la Casa di Arese decise di immettersi in questo mercato, in quell’epoca dominato di fatto da Mercedes, Opel e Peugeot? Lo racconta l’ingegner Domenico Chirico, entrato all’Alfa nel 1952, in un’intervista pubblicata sul libro “Alfa Romeo, gli anni di Arese”. Chirico ricorda: “Il diesel arrivò prima del fine carriera, con la crisi energetica. La direzione commerciale dell’Alfa Romeo volle a tutti i costi una versione a gasolio. Noi non avevamo motori diesel. Qualcuno disse, ‘C’è la Perkins che li fa, provate a metterli sulla macchina’. Sembrava un trattore! Faceva un rumore orribile, come in parte anche i motori successivi, fino a quando non sono arrivati i common-rail attuali…”.
Insonorizzata e appesantita. La Giulia Diesel beneficiava delle modifiche estetiche introdotte nel 1974, quando vennero rinnovati il frontale e la coda: il primo appesantito da una calandra in plastica nera con uno scudetto Alfa più grande, la seconda caratterizzata dall’assenza delle nervature sul cofano bagagli e ai lati della targa. La Diesel si riconosce dalle versioni a benzina solo per la scritta posteriore. Ma torniamo al motore, un quattro cilindri in linea in ghisa di 1760 cm³ a iniezione indiretta con pompa rotativa CAV-Rotodiesel. La potenza è di 55 CV Sae a 3800 giri/minuto (metà di quella della 1600!). Si tratta, come detto, della stessa unità dei mezzi commerciali Alfa, con qualche modifica alla coppa dell’olio e all’impianto di raffreddamento, ma anche meglio insonorizzata grazie all’aggiunta di pannelli fonoassorbenti che però fecero aumentare il peso sull’avantreno, aggravato già dall’ulteriore carico del “nuovo” motore della Casa inglese, pesante 80 kg. Le marce sono sempre cinque, il rapporto al ponte un po’ più lungo.
Vince sui consumi. Anche all’interno la Giulia Diesel è identica alle altre versioni, unica differenza la necessità di attendere il preriscaldamento delle candelette prima dell’avviamento, mentre per spegnere il motore è prevista una manopola posta sotto la chiave di accensione. Ovviamente, il contagiri ha una sequenza di cifre adeguata. Gli abilissimi tecnici dell’Alfa fanno di tutto per rendere gradevole l’uso su strada di questa inedita versione, pur nelle costrizioni dettate dal Perkins, poco potente e, come detto, rumoroso. Quattroruote, nel corso della prova, raggiunge una velocità massima di 136.54 km/h, mentre l’accelerazione sul chilometro da fermo si compie in 43,51 secondi e i 400 metri, sempre da fermo, fanno arrestare il cronometro dopo 23,11 secondi. Il consumo è certamente la voce che interessa di più i potenziali acquirenti. La Giulia a gasolio si rivela piuttosto parca ed economica. A 120 km/h si fanno 12,5 km con un litro, a 80 km/h ben 18,86 km con un litro e in città circa 11 km/litro.
Produzione limitata. Tra i pregi della pagella ci sono il basso consumo, le cinque marce, la frenata sicura. Tra i difetti, la rumorosità elevata ai bassi regimi, il confort modesto, la scarsa abitabilità posteriore. La carriera della Giulia a gasolio sarà breve e poco fortunata: uscirà di produzione nel 1978 dopo che la catena di montaggio ne ha prodotte 6573. E ciò ne fa oggi un modello assolutamente raro. Altri modelli diesel marchiati Alfa Romeo avranno più successo. Citiamo, tra le altre, l’Alfetta 2.0 turbodiesel da 82 CV del 1979; l’Alfetta 2.4 turbodiesel da 95 CV del 1983; la 164 2.5 turbodiesel da 114 CV del 1987 (tutte con motori VM); le 156 1.9 turbodiesel JTD e 2.4 turbodiesel JTD del 1997 con l’iniezione common-rail, una tecnologia sviluppata dal Gruppo Fiat e poi ceduta alla Bosch, con potenze rispettivamente di 105 e 136 CV. L’ultima generazione della Giulia ha motori turbodiesel di 2,2 litri ancora più performanti con potenze di 160, 190 e 210 CV.
Rara ma non pregiata. Quanto costava nel 1976 la Giulia Nuova Super Diesel)? 5.605.000 lire, più interno in texalfa (64.900 lire), appoggiatesta (70.800 lire), lunotto termico (56.600 lire), orologio (35.400 lire), volante in legno (56.600 lire), pneumatici 165 SR 14 (76.700 lire). Queste le concorrenti: Mercedes 200 D (8.408.000 lire); Opel Rekord 2000 (5.782.000 lire); Peugeot 204 (4.215.000 lire); Peugeot 505 GL (7.480.000 lire). Quanto vale oggi la Giulia a gasolio? Un esemplare nella categoria A+ di Ruoteclassiche 5.000 euro, ovvero la metà dell’analoga versione di quello stesso periodo ma equipaggiata con motori a benzina. Se foste in cerca di una Giulia, date un’occhiata anche al nostro vademecum “Guida al Collezionismo – Alfa Romeo”.