Continua sul sito la pubblicazione delle storie fotografiche della nostra iniziativa #AmarcordTopolino. Ecco la seconda delle quattro che in redazione abbiamo giudicato le migliori. Arriva dalla Svizzera italiana, con un carico di emozione…
Tu non sai quante volte avevo iniziato a scriverti. Poi, come spesso mi accade, accantono con la volontà di riprendere, ma il tempo, inesorabile, mi porta fuori strada. Oggi però è diverso, oggi ho messo mano a quella scatola che mi porto dietro da sempre e che da sempre voglio valorizzare e conservare come merita. Ci sono tutte – o quasi – le foto delle auto che hanno accompagnato la mia infanzia. Le tue auto. Mi ha colpito questa, la 500 C Belvedere, quella con un solo listello sulla portiera, perché quella con due listelli, mi spiegavi, era la Giardiniera. Siamo a Maggio del 1955 ed era il giorno della mia prima Comunione. Se giri la foto, c’è la tua calligrafia, unica nella sua rotondità, che rimarrà per sempre a segnare il trascorrere del tempo. Già, il tempo. Tu allora con i tuoi 34 anni, mamma con i suoi 30 in quella Torino che ci vedeva in piena rincorsa dopo gli anni difficili ormai alle spalle. Mi viene da sorridere nel vedermi impettito con quel doppio petto bianco, le scarpe bianche, la scriminatura che cercava di governare i riccioli. E alle spalle “lei” con la sua livrea inconfondibile e i suoi 16,5 CV (Cuna) come recitava il libretto d’uso. La Belvedere aveva sostituito la Topolino balestra corta, quella di CV, ne aveva solo 8 e per la nostra famiglia iniziava a essere un po’ piccina. Che bello quando al Sabato si partiva per andare a Bra dai nonni, quando si ritornava e ci si fermava al dazio per le merci. Un mondo passato, un mondo che mi ha fatto crescere e del quale vado orgoglioso. C’è un problema però, caro papà. Ti sto scrivendo, è vero; ma tu non ci sei più. Te ne sei andato da tanti anni, troppi. Io però son certo che, da dove sei, troverai il modo per leggere queste poche righe e sorridere con questa foto che conservo con immensa gioia. Sai cosa farò? Leggerò questa lettera a mamma, che con la poca luce rimastale negli occhi e i suoi novant’anni, non può essere autonoma. Le parlerò di te, le parlerò di noi. Già la vedo sorridere. (Beppe Fissore – Ascona, Svizzera)