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Anniversari: i 50 anni della Innocenti Mini

A fine anni 60 Innocenti valuta la possibilità di realizzare una propria utilitaria che replichi lo schema della Mini inglese prodotta a Lambrate, ma con stile proprio. Sono chiamati a proporre sia Giovanni Michelotti, sia Marcello Gandini (Bertone). I progetti rimangono però nel cassetto dove li troverà il giovane Geoffrey Robinson quando la British Leyland Motor Corporation nel 1972 lo metterà a capo dell’azienda milanese da poco rilevata. Piace il disegno Gandini e, dopo due anni di sviluppo, nasce la Innocenti Mini, nelle versioni 90 e 120, presentata due volte nel 1974: prima a un grande evento a lei dedicato a Saint Vincent (AO) e poi al Salone di Torino.

Linee tese e squadrate. La utilitaria si presenta modernissima: lunga appena tre metri, sfruttati al meglio con le ruote alle estremità, il portellone posteriore e un’amplissima superficie vetrata. Colpiscono le linee tese e squadrate, tipiche di Gandini e artefici dell’ottima abitabilità. La Mini italiana appare avveniristica nella sua semplicità. Due sono i motori, a 4 cilindri: 998 cm3 (49 CV) per la “90” e 1.275 (65 CV) per la “120”; la meccanica è tutto-avanti, le sospensioni a ruote indipendenti. La Mini 90 ha un allestimento più semplice: particolari esterni in nero anziché cromati, finta pelle dei sedili invece di panno; la strumentazione, dal design molto moderno, sulla Mini 120 ha in più contagiri, manometro olio e voltmetro.

Piace subito. La Mini di Bertone piace subito, in particolare al pubblico femminile, che ne apprezza la classe, dell’idea ma anche della fattura. Pressoché in contemporanea nasce l’Autobianchi A112, altrettanto riuscita, e il confronto fa bene a entrambe, anche se non ai prezzi, piuttosto “salati” per delle utilitarie (da Quattroruote 2/75: Mini 90 Lire 1.820.000; A112 lire 1.702.400; Fiat 127-903 lire 1.590.400). Nel 1976 De Tomaso acquista Innocenti e amplia la gamma con la sportiva “De Tomaso” (motore 1.275 portato a 77 CV e personalizzazione sportiva assai riuscita) e nel 1977 con versioni meglio rifinite (SL) delle 90/120. Nel 1980 compare la Mille, una “90” ristilizzata con paraurti/fascioni in resina nera, velluto e moquette a profusione nell’abitacolo e alzacristalli elettrici.

Arrivano i tre cilindri. Nel 1982 servono nuovi motori perché è scaduto l’accordo di fornitura con la British Leyland e De Tomaso si rivolge in Giappone, alla Daihatsu, che fornisce degli inusuali 3 cilindri, 993 cm3 da 53 CV; cambia il nome in “Innocenti Tre cilindri”. L’anno dopo all’efficiente motorino nipponico è applicato il Turbo (prima utilitaria sovralimentata) per la Mini Turbo De Tomaso, da 71 CV. Nel 1984 il nome cambia in “MiniTre”; è il primo atto di un crescendo di versioni e allestimenti: Minidiesel (1984, 993 cm3, 37 CV), Minimatic (stesso anno e motore, 51 CV, cambio automatico), Innocenti 650 (1984, due cilindri, 617 cm3, 31 CV).

Anche a passo lungo. Nel 1986 è la volta della “990”, versione a passo lungo dotata di varie migliorie, tra cui gli optional condizionatore, tetto apribile e interni in alcantara. A fine 1987 la 650 è sostituita dalla Innocenti 500 che ottiene un successo superiore alle aspettative grazie al brillante tre cilindri di 548 cm3 (32 CV). Nel 1990 Innocenti è acquisita da Fiat, che rinomina i modelli Small 500 (cilindrata 659 cm3, 31 CV) e Small 990: dal 1992 sono dotate di catalizzatore. L’anno dopo si arriva all’ultimo atto di una storia lunga e di successo: la 500 SE, che monta il motore 659 sulla carrozzeria della 990. La “Mini quadrata” va in pensione dopo vent’anni di onoratissima carriera e 350.000 esemplari venduti (150 mila con motore giapponese).

Franco Guglielmi

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