Nel 1990, l’Audi 100 giungeva alla sua quarta e ultima iterazione con la serie C4. Un anno dopo venne presentata la S4, la variante più prestazionale della gamma.
All’alba del Terzo Millennio, Audi era una realtà consolidata e matura. Dopo aver posto le basi alla sua affermazione sportiva e commerciale negli anni 80, con l’ultima decade del XX secolo, la casa di Ingolstad puntava con decisione alla parte alta del mercato. Per gli appassionati del marchio, la serie C4 della fortunata Audi 100 segnava lo spartiacque tra le Audi di impostazione classica e quelle considerate “contemporanee”. Fino al 1990, Audi rappresentava una proposta pragmatica per chi cercava auto robuste e di buona fattura, con un’immagine importante ma non lussuosa in senso stretto. Tutto questo non bastava per accedere al famigerato alto di gamma: furono modelli come l’ammiraglia Audi A8 (1994) e la successiva A6 serie C5 (1997) a colmare definitivamente il gap con le prestigiose rivali.
Nel 1991, anche la compassata Audi 100 decise di indossare le vesti della berlina sportiva e, dopo le S2 basate sull’Audi 80 (B4), debuttava anche la più grande “S4”. Trent’anni fa, questa berlina di segmento E iniziò a restringere il divario con i modelli ad alte prestazioni della concorrenza e pose le basi per la diversificazione della gamma sportiva, che si sarebbe sviluppata con i modelli S e RS, al vertice dell’offerta
Senza dare nell’occhio. La produzione dell’Audi S4 iniziò nell’agosto del 1991. Il nuovo modello sostituiva l’uscente Audi 200 Turbo Quattro della serie C3 basato, la prima vera berlina dall’indole sportiva prodotta da Audi. A livello estetico, l’Audi S4 giocava molto sull’understatement, soltanto in cerchi in lega di maggior diametro e la griglia del radiatore a maglie più larghe consentivano di distinguerla dalle sorelle più mansuete.
Inizialmente, l’Audi S4 venne proposta con un solo motore, il cinque cilindri turbo da 2,2 litri 20 valvole dotato di intercooler. L’unità, equipaggiata con una gestione elettronica Bosch Motronic, erogava 227 CV a 5.900 giri/min e 350 Nm di coppia a 1.950 giri/min. La trasmissione si avvaleva di un cambio manuale a cinque marce e della celebre trazione integrale Quattro, un unicum nel segmento delle berline ad alte prestazioni dell’epoca. Quanto bastava per trasformare una tranquilla auto da famiglia in una cacciatrice di GT capace di accelerare da 0 a 100 km/h in meno di sette secondi e toccare una velocità massima di 244 km/h (235 con l’automatico opzionale). Due le carrozzerie: berlina e Avant (familiare).
Arriva la Plus. Dopo aver saggiato le doti sportivi della C4, i tecnici di Ingolstadt decisero di spingersi oltre con una variante ancora più potente, costosa ed esclusiva: l’Audi S4 4.2 V8 Quattro, disponibile dall’ottobre 1992 al luglio 1994. La nuova variante si distingueva per l’adozione del poderoso V8 aspirato da 4,2 litri che rimpiazzava il motore turbo cinque cilindri in linea.
L’unità sviluppava 280 CV e, a differenza della versione a cinque cilindri turbo, era abbinata ad un cambio automatico a quattro velocità. A richiesta era disponibile un cambio manuale a sei marce. Anche in questo caso la potenza era distribuita mediante la trazione integrale. Inoltre, sui modelli S4, l’avanzato sistema di sicurezza Audi “Procon-Ten” che allontanava il volante dal guidare in caso di impatto era offerto di serie.
Nuova identità. La produzione delle S4 Turbo Quattro e S4 V8 Quattro terminò ufficialmente nel 1994. In realtà, le varianti ad alte prestazioni della serie C4 non uscirono di scena. In quell’anno, l’Audi 100 venne sottoposta ad un restyling e, oltre all’aggiornamento della linea venne adottata la nuova nomenclatura Audi A6. In linea con il cambio di denominazione, i modelli sportivi vennero indicati come S6 e S6 Plus. le differenze tra la S4 uscente e la S6 entrante erano principalmente cosmetiche: paraurti, gruppi ottici e alcune finiture interne. Di lì a poco, nel 1997, il nome “S4” caratterizzò la variante sportiva della nuova A4 (B5), l’erede spirituale dell’Audi 80. A partire dalla seconda generazione dell’Audi A6 (C5), i modelli più performanti mantennero la denominazione S6, completate con le potentissime RS6.
La S4 di Senna. Tra i proprietari più famosi di questo modello vi fu “tale” Ayrton Senna, che scelse l’Audi S4 in configurazione Avant (station wagon) color argento. Nel 1993, il pilota siglò infatti un accordo commerciale con la Casa tedesca per la distribuzione dei modelli Audi in Brasile.
Nel dicembre 1999, la famiglia Senna e l’Audi si accordarono per la creazione di una joint venture, che nel 2000 prese il nome di Audi Senna. I Senna, attraverso la società Senna Import, possedevano una quota del 49% mentre il resto era di proprietà di Audi Gmbh. Il nome “Senna” rimase fino al 2005, quando Audi ha acquisito le quote della famiglia brasiliana e l’ha trasformata in “Audi Brasil Distribuidora de Veículos”, una filiale controllata direttamente dalla Casa madre.
Il fascino dell’understatement. Le Audi S4 e S6 della serie C4 incarnano pienamente lo spirito delle “superberline” vecchia scuola. Un concetto molto teutonico che vedeva paciose vetture da famiglia trasformate in belve dominatrici delle Autobahn. L’idea non era nuova, ma sulle Audi C4 raggiungeva nuove vette nella dissimulazione delle proprie potenzialità. Le loro prestazioni erano inversamente proporzionali al numero di teste che facevano girare al loro passaggio e, in certi frangenti, passare in sordina ha anche i suoi vantaggi… I modelli al vertice della gamma C4 potevano contare su un altro asso nella manica, la trazione “quattro”, una fedele alleata che rendeva sempre sicura la loro tenuta di strada. Anche in quelle condizioni in cui le rivali più quotate dovevano capitolare.
Il fascino di questi modelli sta proprio nella loro poliedricità e nella versatilità a tutto tondo, un pacchetto esaltato da prestazioni di rilievo e da finiture di alto livello, che rendono le S4 e S6 piacevolissime da utilizzare anche ai giorni nostri. Se vi capitasse un bell’esemplare sotto mano, non lasciatevelo scappare.