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“Ayrton Senna Forever”: la mostra che arriva all’essenza del campione (e dell’uomo)

C’è davvero lo spirito di Ayrton nella mostra “Ayrton Senna Forever”, al Museo nazionale dell’Automobile di Torino. Lo avverti nelle sue macchine, nei suoi oggetti personali, come le tute, i caschi, le scarpette, le lettere. E da alcune chicche di cui vi diremo.

Le macchine. si va dai kart alle importanti Formula Ford Van Diemen 1.6 e 2.0 e alla Ralt di F.3 del periodo britannico, decisivo per arrivare sui taccuini dei principali manager della F.1 nel 1983. Si passa poi al clou delle monoposto del circus iridato, ognuna delle quali ha avuto un ruolo nell’ascesa del campione brasiliano: la Toleman TG184-Hart dell’esordio nel 1984, le Lotus 97T2-Renault del 1985 (prima vittoria di Ayrton in F.1) e la 99T4 del 1987 (prima al G.P. di Monaco), la McLaren-Honda (con le quali Senna ha conquistato tutti e tre i suoi titoli mondiali, nel 1988, 1990, 1991). Fino all’ultima, sfortunata, Williams FW16-Renault. E una prima chicca: la Mercedes-Benz 190 E 2.3-16, che arriva dalla Collezione Mercedes Classic, con la quale Ayrton vinse, ancora all’esordio in F.1, la “Race of Champions” al nuovo Nürburgring nel 1984 (ne parleremo sul numero di maggio della rivista).

Oggetti personali. Ma il campione di San Paolo, in questa rassegna torinese, lo ritrovi soprattutto nei suoi oggetti personali, come per esempio i caschi, disposti in una spettacolare sequenza che parte da un inedito esemplare bianco, del 1974, con tanto di dedica al suo maestro, Lucio Pascual, detto il “Tche”, per continuare con quelli di formula, in cui il mitico colore giallo cambia, a seconda delle stagioni e della monoposto. E poi nelle tute: ci sono tutte quelle importanti, dalle prime attillatissime di pelle per il kart, a quelle ignifughe di F.1, quando Ayrton correva per la Toleman, per la Lotus (nere e gialle, e gialle), e per la McLaren (rosse). Fino all’ultima, blu e bianca, che indossava nel 1994 con il team Williams. A proposito di quest’ultima, mi ha colpito vedere, in una teca, il cinturino di chiusura della tuta con cui Ayrton ebbe lo sfortunato incidente a Imola.

Sbarco a Rozzano. Altri oggetti personali di rilievo sono le scarpette da gara e le lettere, alcune risalenti ai primi anni di corse. Riguardo al suo esordio assoluto in Europa, con la DAP di Rozzano (la cui sede si trovava a poche centinaia di metri da quella dell’Editoriale Domus), sono esposti ben due kart della scuderia italiana, uno dei quali, il 100 due tempi, fu oggetto di un servizio su Ruoteclassiche nel 1999, all’interno del quale chi scrive pilotava il mezzo di Ayrton.    

Evocativa. Senna sempre vivo nella memoria? Sì, assolutamente, grazie a una mostra così “intima” e sentita, perché a curarla è stato Carlo Cavicchi, grande amico di Ayrton ed ex direttore di Quattroruote, che ha inseguito per mesi, “catturato” e riunito, come non era mai stato fatto prima, l’universo del campione, incluso ciò che stava al di fuori delle corse. Oltre alle macchine, infatti, all’“Ayrton Senna Forever” potrete ammirare centinaia di immagini scattate al campione sudamericano che amava tanto l’Italia – anche per le sue origini nostrane, per via dei bisnonni materni – da parte dei più famosi fotografi di corse.  

Imperdibile. Senna è rimasto nella memoria di chi lo ha ammirato all’epoca, anche da chi lo ha visto correre come un rivale, e oggi attira molto chi si è appassionato alla sua figura leggendaria, pur non essendo ancora nato, 30 anni fa. Ebbene, la mostra sull’asso brasiliano mi ha emozionato: e spero che abbia lo stesso effetto anche su di voi. Consiglio: portate i vostri figli, i vostri nipoti a vederla, e date loro modo di capire quanto grande era, come uomo e come pilota, Ayrton Senna.

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