Negli anni Venti Ettore Bugatti ha costruito quella che era con grande probabilità non solo l’automobile più grande ma anche la più veloce e lussuosa al mondo.
Un passo di 4,3 mt e oltre sei di lunghezza in totale. È la Bugatti Type 41 Royale, una sorta di elegante architettura semovente più grande anche della già monumentale Isotta Fraschini Tipo 8 e dell’Alfa Romeo RL SS, altre due mastodontiche creazioni rappresentative degli anni Venti. Era l’epoca in cui le grandi cilindrate fungevano da status symbol, la loro opulenza serviva a dimostrare l’agio e il potere di chi le possedeva. E mai come nel caso della Royale una vettura ha saputo assolvere a questo compito: era concepita con il massimo del lusso e destinata, come dice il nome, a regine e imperatori.
Esclusiva come poche. Con un prezzo di 100mila marchi tedeschi, la Type 41 Royale era in media tre volte più costosa delle limousine concorrenti e rispetto alle altre Bugatti valeva più o meno dieci volte tanto. La vettura è stata realizzata nel 1926 e commercializzata dal 1932 con la prima vendita di un esemplare roadster all’industriale parigino Armand Esders. Visto che il proprietario l’avrebbe guidata solo di giorno, la vettura è priva di fari anteriori con un ulteriore guadagno estetico. Seguirono altre tre versioni costruite – una Cabriolet, una Pullman Limousine e una Travel Limousine. Oltre a una Coupé Napoleon con interfono elettrico per le comunicazioni tra passeggero e autista.
Tocco d’arte. Per “vestire” cotanta vettura si sono messi all’opera nomi famosi della carrozzeria quali Kellern & Cie, Weymann, Binder, Bugatti, Weinberger e Park Ward. Ciliegina sulla torta, la Type 41 Royale è l’unica automobile made in Molsheim dotata di un ornamento sopra all’inconfondibile radiatore a forma di ferro di cavallo. Un elefante danzante, nientemeno. E per di più firmato Rembrandt Bugatti, fratello di Ettore, artista celebre e particolarmente apprezzato proprio per i suoi bronzi di animali.
Veloce e maestosa. Quale spinta era necessaria per muovere un tale gigante? Il motore a otto cilindri in linea era areonautico, Ettore Bugatti l’aveva disegnato nel 1927 per il governo francese. Nella versione originaria aveva una capacità di 14.7 litri, poi è stato portato a 12.8 per le Royale: quello che però nel frattempo non è cambiato è la potenza, impressionante, di 300 CV. Nonostante la stazza, che poteva arrivare a tre tonnellate e mezzo, le “Bugatti reali”, a trazione posteriore, potevano filare fino a 200 km/h. E con un serbatoio da 200 litri anche le lunghe percorrenze erano garantite.
Meccanica haute couture. Tutto in queste vetture era unico, anche la meccanica, studiata con un albero verticale a coppie coniche che collegava l’albero motore, montato su nove cuscinetti a sfera, e l’albero a camme. E poi, frizione a secco multidisco con cambio a tre marce e sospensioni a quarto di ellittica raddoppiate per dare maggiore confort. Eppure, nonostante le prestazioni e la qualità straordinarie, dei sei esemplari che hanno visto la luce fino al 1933 solo quattro sono stati venduti. La buona notizia è che tutti sono arrivati fino a noi: due si possono vedere al museo Cité de l’Automobile di Mulhouse, in Francia, e uno nel quartier generale Bugatti a Molsheim. Genio com’era, visto l’insuccesso commerciale Ettore Bugatti ha pensato ben presto a una versione differente di quel motore enorme, stavolta da impiegare per le locomotrici dei treni espresso. Locomotrici che dopo solo nove mesi erano già operative nelle ferrovie francesi.