Dopo la presentazione del piano industriale effettuata da Sergio Marchionne in questi giorni a Detroit si aprono nuove speranze per gli stabilimenti del Gruppo, nei quali – secondo l’AD di FCA – saranno salvaguardati tutti i posti di lavoro grazie ai nuovi modelli che verranno prodotti in Italia nei prossimi anni. Quindi anche il destino di Mirafiori, su cui aleggiavano nubi minacciose, potrebbe avere una svolta positiva.
Costruito a partire dal 1936 e inaugurato da Benito Mussolini nel 1939, lo stabilimento Fiat di Mirafiori, a sud di Torino, è stato uno dei più grandi d’Europa e vi si sono prodotti praticamente tutti i modelli della Casa dal dopoguerra fino alla “Grande Punto” (poi trasferita a Melfi).
Oggi in attesa di un piano di ristrutturazione, la fabbrica di Mirafiori, in passato, è stata un’autentica città nella città dove erano impiegate fino a 50.000 persone tra operai e colletti bianchi. Simbolo delle grandi lotte operaie degli anni Settanta, essa ha sempre costituito una realtà a parte, non solo per le sue dimensioni (occupa una superficie di due milioni di metri quadrati, comprende una pista di prova e undici km di binari ferroviari), ma anche per il suo strettissimo rapporto con la città.
Danneggiata dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, durante la quale la fabbrica di Mirafiori venne convertita a uso bellico, riprese l’attività civile nel 1947 con la produzione della “Topolino” e della “1100”. Nel 1956 Mirafiori venne ampliato con l’apertura di Mirafiori Sud, mentre, a partire dagli anni Settanta, accolse le prime modernissime linee di montaggio dove venne installato l’innovativo “Robogate”, un sistema flessibile per assemblare le scocche delle vetture. Attualmente a Mirafiori si produce l’Alfa Romeo “Mito”.