Era il 1954 quando l’idea di montare sulla sua Citroën 2 CV un secondo motore nel bagagliaio, per trasformarla in una vettura a trazione integrale, balenò nella mente di un certo monsieur Bonnafous, residente nel Sud della Francia. Nel 1955 egli riuscì a immatricolare il suo prototipo e negli anni seguenti percorse oltre 100 mila km, collaudandolo così adeguatamente. Notata e apprezzata dal rivenditore di zona della Citroën, la vettura di Bonnafous fu mostrata a tecnici della Casa, che la valutarono positivamente.
Nata per il Nord Africa
Tuttavia, l’idea di produrre una 2 CV 4×4 ufficiale prese corpo solo quando Jacques Duclos, il dirigente commerciale Citroën che nel 1939 aveva condotto l’indagine di mercato per la TPV (proprio la futura 2 CV), stabilì che una tale versione avrebbe potuto avere un suo mercato, soprattutto nelle colonie del Nord Africa, ma anche in Francia, per l’impiego da parte degli addetti ai grandi cantieri o del Corpo Forestale. A tale proposito, le richieste in effetti non mancavano, prima fra tutte quella della Compagnie Française des Pétroles (la futura Total), che allora era fortemente impegnata in Algeria. Il 7 marzo 1958 la Citroën presentò alla stampa, al Mer de Sable d’Ermenonville, il primo prototipo del modello che siglò AW, realizzato dalla Panhard, in procinto di essere acquisita, che ricevette pure il compito di occuparsi della futura industrializzazione. Un secondo prototipo, perfezionato, fu presentato al pubblico nel novembre 1958, alla Fiera dei Veicoli Commerciali di Parigi. Nel luglio 1959 un terzo prototipo fu provato su un campo di addestramento militare nei pressi di Fontainebleau, allo scopo di ottenere un eventuale ordine dall’esercito francese, che in effetti arrivò, ma per pochi esemplari. Quest’ultimo prototipo, molto simile alla vettura definitiva, fu presentato al pubblico il 9 settembre 1959 al pré Catelan di Parigi, in concomitanza col Salone dell’Automobile.
Due motori e due cambi
La produzione di serie, tuttavia, fu avviata solo nel dicembre 1960. L’estetica di base della 2 CV Sahara, come fu battezzata indicando quello che avrebbe dovuto essere il suo terreno d’impiego ideale, era comunque quella del modello antecedente il restyling, operato sul resto della gamma nell’autunno di quell’anno. Tratti distintivi erano però la ruota di scorta alloggiata sul cofano anteriore, per lasciare libero il vano posteriore dove era montato il secondo motore, i due fori sulle porte anteriori, dai quali sbucavano i bocchettoni dei due serbatoi benzina, alloggiati sotto i sedili, i parafanghi posteriori “tagliati” nella parte inferiore e l’apertura sul cofano posteriore, per consentire il raffreddamento del motore, assicurato dalla normale ventola di serie. Specifici poi erano i paraurti tubolari, più robusti di quelli delle altre versioni e ancorati a un telaio del tipo “Outre-mer”, rinforzato e munito di protezioni per gli organi meccanici. Caratteristica peculiare della meccanica della 2 CV Sahara era la possibilità di utilizzare singolarmente o contemporaneamente i due motori, che potevano essere avviati separatamente.
Anteriore o integrale
Grazie a una tiranteria che passava in un tunnel centrale ricavato nel pianale, la frizione e l’acceleratore di ciascun motore erano comunque azionati da un’unica pedaliera; anche i due cambi avevano un unico comando, tramite una leva a pavimento, che per via della sua notevole lunghezza sarebbe stata ben presto soprannominata “Tour Eiffel”. In tal modo si poteva marciare con la sola trazione anteriore, come su una normale 2 CV, oppure, agendo su un’apposita leva, con la trazione integrale. In caso di necessità poi, si poteva marciare anche solo con la trazione posteriore, ma per farlo occorreva prima sganciare il collegamento tra la cloche e il cambio del motore anteriore. La dotazione specifica era completata da un assetto rialzato e dall’impianto frenante del retrotreno posteriore invertito. Nella marcia a trazione integrale la 2 CV Sahara risultava estremamente agile ed efficace su terreni difficili con pendenze fino al 40%; su asfalto poi, grazie alla potenza che di fatto era doppia, aveva prestazioni superiori rispetto a quelle di una 2 CV normale. A tale proposito si narra che uno dei primi esemplari fu dato in prova al pilota Olivier Gendebien, che volle collaudarlo a lungo nella sua tenuta in Camargue; nel viaggio di trasferimento da Parigi e in quello di ritorno egli si divertì a sorpassare diversi automobilisti esterrefatti nel vedere una “lumaca di latta” che filava a più di 110 km/h.
Unico limite il prezzo
La 2 CV Sahara era certamente frutto di un’idea geniale, ma con un prezzo di listino più che doppio rispetto a quello della versione normale trovò clienti quasi esclusivamente tra le grandi imprese e tra le amministrazioni pubbliche; in prevalenza nazionali, ma anche all’estero: alcuni infatti finirono in Svizzera, in mano a medici condotti, e pure in Italia (vedi Ruoteclassiche del febbraio 2001). Ottantacinque poi vennero costruiti in Spagna e destinati tutti alla Guardia Civil. Una tale clientela era solita far durare a lungo il proprio parco auto. La 2 CV Sahara poi vantava una robustezza eccezionale; per cui la sua produzione fu alquanto limitata e terminò nel 1965, dopo 693 unità costruite; un ulteriore esemplare però fu assemblato nel 1971 utilizzando le parti avanzate nei magazzini. Nel 1961 intanto la potenza dei motori era salita da 12 a 14 CV; nel 1962, dopo la dichiarazione d’indipendenza dell’Algeria, la denominazione del modello era mutata in 2 CV 4×4, mentre nel dicembre 1964, come sul resto della gamma, erano state adottate le porte anteriori “controvento” al posto di quelle “a vento”. Il progetto di una sua evoluzione, siglata AT, non ebbe invece seguito, ma le modifiche studiate furono progressivamente incorporate nella produzione di serie. Oggi sembra che della 2 CV Sahara (o 4×4) siano sopravvissuti un centinaio di esemplari, ovviamente molto valutati e ricercati dai collezionisti.
Analisi di mercato
Secondo un recente censimento, delle poco meno di settecento 2 CV Sahara assemblate dal costruttore, ne sopravvive un centinaio. La versione 4×4 dell’utilitaria francese è quindi una sorta di araba fenice. Il che giustifica valori di mercato elevatissimi per una vettura dalle “umili” origini. Il restauro è piuttosto complicato, ma giustificato dalle attuali quotazioni. Tra una “Sahara” in buone condizioni e una come nuova la forbice è di oltre il 50%, secondo quanto avviene nelle transazioni. Una vettura perfetta appena uscita da un restauro e in condizioni da concorso (label A+ delle quotazioni di Ruoteclassiche), infatti, è quotata 120 mila euro, una in buone condizioni (AB) vale circa 89 mila euro, mentre per un esemplare che necessita di cure (B+) si scende a 53,5 mila euro.
TECNICA
Motore | Cilindrata | Potenza | Velocità | Trazione | Dimensione | Esemplari Prodotti | Periodo di Produzione |
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anteriore e posteriore, 2 cilindri boxer | cm3 425 | CV 24-28 (complessiva) | km/h circa 100 | anteriore, integrale, posteriore | mm (LxLxH) 3780x1460x1600 | 694 | 1960-65 (un esemplare assemblato nel 1971) |