Dopo la versione station wagon, nel 1960 arriva anche la versione scoperta della Dea, che diventa ben presto una delle automobili francesi più esclusive, e non solo per il prezzo elevato. Costruita per un decennio in poco più di 1300 esemplari, ha la sua punta di diamante nel modello a iniezione da 139 CV che corre a 190 chilometri all’ora.
Sono passati sessant’anni da quando la Citroën DS 19 cabriolet è stata esposta per la prima volta al pubblico al Salone di Parigi. Qui, su altrettante pedane, sono in mostra due esemplari della nuova dea, uno di colore rosso corallo e l’altro di colore grigio scuro, entrambi con i sedili in pelle. La “Décapotable”, ieri come oggi, affascina e stupisce per la sua forma armoniosa, la sua eleganza, la sua classe. Un’automobile “chic”, che non ostenta, non si dà arie, ma si mostra con discrezione come tutte le cose belle. E oggi più che mai è molto ambìta dai collezionisti, al punto che le sue quotazioni sono in continua crescita e la rendono una delle Citroën non solo più rare, ma anche più costose.
L’accordo con Chapron. Ma torniamo all’epoca della sua nascita quando, alla fine degli anni Cinquanta, la carrozzeria Chapron di Levallois, nei pressi di Parigi, inizia a realizzare qualche esemplare di cabriolet sulla base della DS, tagliando la berlina e arricchendola di dettagli raffinati: cromature, pelle, tinte speciali. A quai de Javel, sulle rive della Senna, sede della casa del Double Chevron, non rimangono indifferenti a quei pezzi quasi unici, che ricordano alcuni disegni di Flaminio Bertoni, lo stilista della marca, eseguiti qualche anno prima. Si trova così un accordo con Henri Chapron per mettere a listino ufficiale una versione aperta della DS, la cui versione berlina, dopo una difficile partenza causata da alcune problematiche tecniche, sta decollando nelle vendite.
Per metà non cambia. Il primo prototipo è celebrato in una foto in bianco e nero che lo vede con lo sfondo del ponte di Tancarville, vicino a Le Havre: è uno scatto della primavera del 1960 e la vettura è praticamente quella che si vedrà qualche mese più tardi. La parte anteriore è identica a quella della berlina fino al cruscotto. Le portiere invece sono più lunghe, così come sono più lunghi i parafanghi posteriori. La coda è inclinata e mostra un coperchio del cofano quasi quadrato: la forma del paraurti posteriore è del tutto simile invece a quella della berlina, la lunghezza complessiva è superiore di un paio di centimetri e il peso più elevato di 45 kg. Al momento del lancio ufficiale, con la presentazione alla sola stampa il 31 agosto 1960, appare la versione definitiva, che mostra una coppia di luci rotonde ai lati della targa (sulla berlina sono rettangolari) e il volante nero. Tra gli altri dettagli segnaliamo la capote in tela, le frecce poste agli angoli della base della capote, i profili metallici lucidi nella parte bassa delle fiancate.
Personalizzazione spinta. Le combinazioni di colore sono 76: 13 per la carrozzeria, 11 per i sedili e 3 per i tappeti, il prezzo non molto distante dal doppio di quello della berlina, anche se la versione ID 19 cabriolet risulterà un po’ meno cara della DS 19 cabriolet. Il costo elevato è dovuto anche alla complessità della costruzione, che prenderà il via tra febbraio e marzo del 1961. La “cabriolet usine” viene assemblata in parte nello stabilimento Citroën di Javel e in parte in quello di Chapron a Levallois. Nel primo vengono allestiti e rinforzati i pianali, che derivano da quelli delle ID e DS berline, modificati posteriormente con due punti per il sollevamento della vettura come sulla Break (la berlina ne ha uno solo). Nel secondo viene completata la carrozzeria, che Citroën fornisce completa di cofano, parafanghi e parabrezza. Chapron provvede al montaggio degli archi della capote, delle nuove porte, dei pannelli di coda, oltre che di tutto l’abbigliamento interno. Poca o nessuna attenzione è dedicata alla protezione dalla ruggine che, a causa di infiltrazioni varie, attaccherà la parte inferiore della scocca al punto che già dopo pochi anni, a meno che la vettura sia sempre tenuta in garage, diventerà necessario intervenire. Ma questo si scoprirà solo più avanti.
Immortalata da Klein. Intanto la ID/DS cabriolet diventa un oggetto del desiderio grazie anche un’efficace campagna di lancio culminata con il superbo dépliant con le fotografie di William Klein. Su una carta lussuosa a sfondo nero scorrono immagini oniriche dove una elegante coppia è immortalata a Parigi e in campagna apparendo quasi sfumata come, appunto, in un sogno. Gli scatti sono accompagnati da citazioni letterarie di Stéphane Mallarmé, Voltaire, Paul Valéry e altri ancora. La cabriolet prende così il volo anche se la produzione rimane, per così dire, confidenziale: 162 esemplari nel 1961, 211 nel 1962, 245 nel 1963 e così via. La ID cabriolet esce dal listino nel corso del 1965 mentre la DS nel 1971, ultimo anno ufficiale, perché qualche esemplare verrà assemblato anche dopo. In tutto, comunque, le cabriolet “usine” sono (fino appunto al 1971) 1365.
La questione repliche. Abbiamo scritto “ufficiali” perché negli anni a venire, e soprattutto in quelli più recenti, alcuni artigiani proporranno delle copie di cabriolet artigianali, dichiarate, tagliando delle vecchie DS. Ciò però rende difficile distinguere a un occhio poco esperto un esemplare originale da uno replicato. Del resto, è soltanto dal 1961 che i numeri di telaio delle convertibili saranno separati da quelli delle berline, rendendo così possibile sapere facilmente se un determinato esemplare è nato o meno in quella configurazione. Sul mercato italiano la cabriolet è stata importata ufficialmente da Citroën Italia: nel 1963 costava di listino 3.600.000 lire (la berlina 2.300.000 lire), nel 1969 4.280.000 lire (la berlina 2.335.000 lire), quasi quanto una Mercedes-Benz 280 SL roadster o una Porsche 911 E Targa.
Regina della strada. La sua evoluzione tecnica segue quella del modello da cui deriva: per il 1966 viene proposta la DS 21 cabriolet con motore di 2,1 litri da 109 CV Sae anziché di 1.9 litri da 81 CV Sae; da agosto 1966 il liquido per le sospensioni di colore rosso viene sostituito dal nuovo LHM verde, molto più efficiente e affidabile; per l’anno-modello 1968 compare il nuovo frontale a quattro fari carenati con quelli interni direzionali e, per il 1970, il motore 2,1 litri a iniezione elettronica Bosch da 139 CV Sae. Prodotta in poche decine di unità, quest’ultima è la DS cabriolet più veloce di tutti i tempi, capace di sfiorare i 190 km/h, una vera “grande routière” a cielo aperto.
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