Non è nella tradizione della Citroën realizzare berline di grandi dimensioni dal carattere troppo sportivo: per questo, meglio lasciar fare a tedeschi e italiani, ma già con la CX 25 GTI Turbo la Casa francese aveva dimostrato di saper realizzare un veloce “incrociatore” capace di tenere testa al meglio della produzione europea sulle Autobahn. Ecco, l’erede XM, con la motorizzazione più prestigiosa (il 3.0 V6 24V), si dimostra la “stradista” ideale, grazie anche alle sofisticate sospensioni e a un abitacolo-salotto, con poltrone eccellenti.
Linea firmata Bertone. Disponibile sul mercato italiano dall’ottobre 1989 e premiata come Auto dell’anno 1990, l’ammiraglia del Double Chevron nasce in sinergia con la proprietaria del gruppo PSA, la Peugeot, e quindi, in buona parte, eredita parti meccaniche – come pianale e motore – dalla 605 della Casa del Leone. Tutt’altra storia per il design, elemento distintivo di ogni Citroën, che qui porta la firma di Bertone e, per l’epoca, è decisamente innovativo, oltre a rappresentare uno stacco (voluto) netto rispetto alla CX.
Look da astronave. Linee nette, spigolose, ma filanti (0,28 il valore del CX), con la fiancata scavata che sale verso la coda, la quale presenta gruppi ottici a sviluppo orizzontale, con la particolarità degli indicatori di direzione negli spigoli superiori. Un design in controtendenza rispetto alle forme arrotondate dei primi anni 90, che conferisce alla XM un aspetto futuristico – qualcuno la definirà “astronave” -, confermato anche dalle innovazioni tecnologiche che il modello porta in dote.
Tocca i 235 km/h. Pensata per offrire il massimo del comfort anche ad alta velocità, la XM non delude le aspettative, con il 3.0 litri, inizialmente il PRV 2 valvole per cilindro da 167 CV, che crescono a 200 nella versione a 24 valvole. In quest’ultimo caso, la velocità massima è di ben 235 km/h, valore di tutto rispetto. Con il restyling del 1994 (frontale ridisegnato, con gli “Chevron” spostati al centro della calandra divenuta più “aperta”) detto “Phase II”, arriva anche l’ultima evoluzione con cilindrata di 2.963 cm³ e medesima potenza massima, sostituito tre anni dopo da un motore nuovo di zecca, denominato “ES 9J4”. La cilindrata è leggermente inferiore, 2.946 cm³, così come la potenza, 190 CV, ma il propulsore è meno assetato e possiede una coppia più sostanziosa a tutti i regimi, favorendo ulteriormente la fluidità di marcia.
Sospensioni “idrattive”: gioie e dolori. Dove la XM stupisce – anche se ci saranno grattacapi sui primi esemplari – è alla voce sospensioni, denominate “Hydractive”: un’evoluzione delle leggendarie sospensioni idropneumatiche, qui arricchite da un controllo elettronico che tiene conto non solo dei sensori posizionati su ogni ruota, ma anche di quelli su acceleratore, cambio, freni e sterzo, permettendo di ritarare fino a 20 volte al secondo la risposta degli ammortizzatori. Purtroppo, la scarsa qualità dei cablaggi porta a false segnalazioni sulla strumentazione e a malfunzionamenti delle sospensioni (irrigidimento), problemi che costeranno in termini di immagine al modello, anche se verranno risolti nella “Phase II”.
Posizionata “alta”. Il prezzo dell’ammiraglia francese, pericolosamente vicino a quello di alcune rivali tedesche, e la non elevata affidabilità di certe componenti frenarono le vendite (partite invece “con il botto”). Motivo per il quale non è assolutamente facile trovare oggi una XM 3.0 V6, anche se potrebbero bastare sette mila euro per un esemplare in buone condizioni. Non male per un’astronave.