Fake, una mostra appena inaugurata al Museo dell’auto di Torino cerca di fare chiarezza sul fenomeno delle auto false: all’inaugurazione, una tavola rotonda moderata dal direttore di Ruoteclassiche, David Giudici, alla quale hanno partecipato diversi autorevoli esponenti del mondo dell’industria automobilistica e del collezionismo storico.
Tutti sanno che esiste, ma nessuno ne vuole parlare. Non solo: negli ultimi anni il fenomeno dei falsi nel mondo del collezionismo di auto storiche si è addirittura moltiplicato, come denunciato in varie inchieste da Ruoteclassiche. Tanto da diventare oggetto di una mostra appena inaugurata al Museo dell’auto di Torino dal titolo inequivocabile: “FAKE”. Mostra introdotta da una tavola rotonda moderata dal direttore di Ruoteclassiche, David Giudici, alla quale hanno partecipato diversi autorevoli esponenti del mondo dell’industria automobilistica e del collezionismo storico, supportati dai risultati e dai mezzi portati a Torino dall’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli (ADM) decisa a impegnarsi da subito con più intensità per arginare questo problema. “Il fenomeno è infatti sempre più preoccupante”, ha fatto notare Marcello Minenna, Direttore Generale ADM, “Tra autoveicoli, ciclomotori e parti accessorie, nel 2021 l’Agenzia ha sequestrato oltre 36.000 pezzi contraffatti, con un incremento rispetto all’anno precedente di circa il 300%”.
Ma come è nato il fenomeno? Chi sono gli interpreti principali? Quali mezzi esistono per contrastarlo? A rispondere sono stati chiamati Adolfo Orsi, storico dell’auto, giudice internazionale nei più famosi concorsi di eleganza nonché perito di tribunale; Roberto Giolito, responsabile dello Stellantis Heritage; Cristiano Bolzoni, Manager di Maserati Classiche; Paolo Regazzi, manager Brembo; Barbara Herlitzka, manager della Martini & Rossi; Tomaso Trussardi, membro del CdA Trussardi e Ceo di “Fast Cars Slow Food”.
Quando è nato e perché il fenomeno della falsificazione delle auto storiche?
Adolfo Orsi: Ho iniziato a occuparmi di auto storiche nel 1986. All’epoca credevo che il nostro fosse un settore frequentato solo da appassionati, ma poi mi sono reso conto che non è altro che una sezione della vita normale. Voglio dire: c’è molta gente che cerca di guadagnare su questa passione. Il fenomeno della falsificazione però non è recente: negli anni 60-70 c’era già chi trasformava delle berline in vetture torpedo e da corsa partendo da una base simile. Ma il boom è iniziato negli anni 80, quando la 1000 Miglia è diventata un evento di grande richiamo e i prezzi delle possibili partecipanti si sono moltiplicati. Come noto, per potervi partecipare bisogna essere in possesso di vetture costruite prima del 1957, i cui modelli avevano partecipato alla 1000 Miglia. Va da sé che eliminando le tantissime barchette di derivazione Fiat, che erano la maggioranza delle partecipanti alle 1000 Miglia vere, possedere una barchetta Ferrari, Maserati o Osca, per fare qualche esempio, offriva grandi possibilità di partecipazione. Parlo di barchette perché sono le vetture più facilmente falsificabili in quanto sono le vetture più basiche che esistano: c’è un telaio, un po’ di carrozzeria, due strumenti, ed è tutto lì. Sono quelle che hanno un valore di mercato più alto e il costo di fabbricazione più basso. Molti di questi progetti di falsificazione, che ovviamente non potevano essere realizzati nell’arco di uno o due anni, hanno poi visto la luce nei primi anni ‘90, quando hanno iniziato a essere omologati o commercializzati.
Vi è mai capitato di incappare in un fake?
Roberto Giolito (Stellantis Heritage): C’è un’altissima percentuale di vetture che viene rigettato, che non hanno in sé le caratteristiche della totale autenticità e in questo caso vengono evidenziate. In realtà, non ci è mai capitato di assistere a delle vere e proprie clonazioni, di falsi, di qualcosa che davanti ai nostri occhi sembrasse una ricostruzione totale, ma di casi di non conformità al concetto di autenticità. Che non vuol dire conforme, ma che i componenti sono autentici, quindi in qualche modo riconducibili a un periodo. L’autenticità deve basarsi sul fatto che la vettura abbia i suoi componenti di origine.
Tomaso Trussardi: La vettura fake di pregio non mi è mai stata proposta, ma vetture Frankenstein ahimè ne ho comprate parecchie. Posso dire che da amatore sicuramente di fregature ne ho prese molte e me ne sono sempre accorto dopo. La verità è che è sempre molto difficile comprare vetture originali, soprattutto se le auto sono youngtimer, quelle che piacciono a me, che sono sempre un po’ pasticciate. Alla fine ho deciso di risolvere il problema comprando delle auto in pessime condizioni e ricostruirmele io, sono le cosiddette restomod.
Cristiano Bolzoni (Maserati Classiche): Da quando lo scorso dicembre abbiamo aperto ufficialmente alla possibilità di certificare una Maserati ci sono arrivate 80-90 richieste di certificazione. Ebbene, sei di queste sono vetture che stiamo curando come Fake. Non solo: nel mese di marzo, quindi tre mesi dopo l’inaugurazione di Maserati Classiche, ero già stato coinvolto in tribunale per cinque casi vetture dubbie, uno in America riguardante una Maserati da corsa. Quando abbiamo una vettura dove già da una prima analisi capiamo di essere in contatto con una Fake, segnaliamo alle autorità competenti la situazione in modo tale che ci sia un iter legale affiancato al nostro giudizio tecnico.
Quali sono i criteri grazie ai quali un’auto si considera autentica?
Cristiano Bolzoni: Maserati si è approcciata seriamente al concetto di tutela delle vetture classiche nel 2016-2017. È stato un parto impegnativo che ci ha portato a lavorare seriamente negli ultimi due anni e a lanciare il nostro programma lo scorso 14 dicembre. Diciamo che ci sono tre prerogative che devono essere soddisfatte per far sì che una vettura Maserati possa essere dichiarata autentica. Il primo è legato al concetto stesso di autenticità: il fatto che sia una Casa automobilistica che attesti l’autenticità di un documento è un elemento fondamentale che mancava. Maserati non si era mai approcciata prima in questo contesto. Il secondo tema è invece legato alla vettura stessa in quanto deve essere rappresentativa e deve avere gli elementi specifici e funzionali tali per cui la vettura possa essere ricondotta a una vettura autentica. Il terzo tema, che per me è molto sensibile se legato alle vetture che hanno un trascorso nelle competizioni, è la presenza di una continuità storica che sia rappresentativa di quella vettura. Non è possibile, soprattutto oggi, ritrovare nel pollaio una vettura che ha vinto quattro volte Le Mans e che ha partecipato a varie 1000 Miglia senza che nessuno ne sappia nulla dopo 50 anni. Se mai succedesse, grazie ai primi due criteri, che sono complementari, ma che devono coesistere con il terzo, facciamo un’indagine.
Falsificare un’auto è facile?
Adolfo Orsi: Falsificare un’auto oggi è difficile, ci vogliono delle grandi competenze. È una continua lotta tra guardie e ladri. Fino a 30 anni fa era molto più semplice. Poi, le nostre ricerche (quelle da parte delle guardie) si sono perfezionate e dall’altra parte hanno iniziato a costruire dei falsi più veritieri, più facilmente scambiabili per veri. Diciamo che oggi giudicare delle vetture false solamente con l’esame visivo è praticamente impossibile. A meno c he non ci siano degli errori marchiani, ma è difficile. Occorre fare una ricerca storica, cercare di verificare la storia di questa vettura, verificare se la vettura ha avuto delle modifiche all’epoca, se ha subito degli incidenti, verificare i documenti di provenienza. Dopodiché, come ultimo passo, verificare la vettura. E nel verificare la vettura a volte la conoscenza tecnica di un perito non è sufficiente, bisogna usufruire di altre conoscenze. Come quelle fornite dalle università per la verifica dei materiali o da specialisti per quanto riguarda la verifica delle saldature. Soprattutto quando si è coinvolti in cause giudiziarie, non parlo di valutazioni private, diciamo che diventiamo un po’ come gli investigatori della CSI, mettiamo sostanzialmente il cadavere sul banco e da lì iniziamo a vedere se ci sono delle tracce di incidenti, se i denti corrispondono con le impronte… La punzonatura, per esempio, è una condizione necessaria, ma non sufficiente a stabilire che l’auto sia falsa. A volte nel corso degli anni le automobili hanno perso la loro identità e quindi la punzonatura del numero di telaio è stata effettuata in un momento successivo. Il segreto per un falsario è quello di trovare un numero di telaio libero. Questo è più facile con le vetture da corsa dove molte sono andate distrutte in quanto soggette a incidenti. Quella vettura non dovrebbe essere più esistente. Trovare un numero di telaio lasciato libero fino a oggi induce chi ha la preparazione e la conoscenza di costruire un falso utilizzando quel numero di telaio.
Chi sono coloro che costruiscono i falsi? E chi coloro che li comprano?
Adolfo Orsi: Chi costruisce falsi normalmente è una persona che si è specializzata su quel modello, ed è per questo motivo che è estremamente pericolosa. Perché conosce tutto di quell’auto. Tante volte è proprietario di una vettura autentica e può costruire una copia del telaio partendo da quello originale, mischiando particolari nuovi, usati e originali. Le vetture da corsa avevano moltissimi ricambi, molte volte veniva cambiato il motore tra le prove e la gara. Se esistono dieci vetture probabilmente esistono venti motori originali. Di ricambi ne sono rimasti in giro tantissimi. Oltretutto queste vetture vengono ancora utilizzate nelle gare storiche quindi c’è chi riproduce anche questi pezzi. C’è una amplissima disponibilità di ricambi e mettere insieme un telaio (la base di tutto è il telaio) con un motore non è difficile. L’autotelaio oggi si può replicare ampiamente, soprattutto se si riescono a trovare dei materiali con le stesse caratteristiche tecniche del materiale originale. A Modena, per esempio, c’erano stati degli stock di vecchi tubi in vendita. Si compra il materiale originale, si costruisce l’autotelaio, magari lo si lascia all’aperto coprendolo con un po’ di sale per sei mesi così che faccia un po’ di ruggine e da lì si inizia a costruire la macchina. Per i documenti oggi c’è Photoshop che aiuta tanto. È una lotta che tutti i giorni diventa sempre più difficile. Compra il falso invece chi vuole pagare di meno. Perché la vettura falsificata non ha mai lo stesso valore della vettura originale. Chi è attratto dal prezzo pensa di fare l’affare della vita e compra la vettura a basso prezzo. Nel 90% dei casi è così. Poi c’è il 10% di persone che compra le auto senza chiedere una consulenza agli specialisti.
A volte capita che le auto fake siano certificate. Come si può limitare questo fenomeno?
Roberto Giolito (Stellantis Heritage): In Italia il novero di enti sancito dal Codice della Strada abilitati a certificare un veicolo in effetti è già descritto: si tratta di un gruppo sparuto di enti. La Casa costruttrice in questo caso avrebbe però una leva in più: quella di poter confrontare la storia, la tracciatura della vita di un veicolo con le sue caratteristiche di origine, anche se nei nostri archivi la disponibilità di documenti non è totale. È chiaro che la tomografia per i componenti meccanici sarebbe importantissima: un motore Abarth, per esempio, presenta delle finezze sulla parte meccanica riconoscibilissime. Ma dovremmo ogni volta smontare la vettura e farne in qualche modo una operazione alla CSI per poterne sancire l’autenticità. E questo non può sempre avvenire, anche per i costi elevati che comporta. Quindi il criterio è quello di partire dalla storia, dalla conformità delle punzonature, di tutto quello che è visibile a occhio nudo e dall’analisi dei materiali.
D.Come difendersi dai fake allora?
Paolo Rezzaghi (Brembo): Da sette anni abbiamo la contezza effettiva del mercato dei fake che ci riguarda e abbiamo cominciato a metterci mano. Molte aziende si nascondo dietro al fatto che il fake non esiste, per noi invece è sempre stato argomento da copertina. Facciamo vedere tutto ciò che esiste di falso perché dobbiamo mettere a conoscenza i nostri consumatori che il problema esiste e che è un problema molto serio. Soprattutto nel nostro settore, quello dei componenti di sicurezza: pastiglie, dischi, pinze freno. Una pinza freno fake può essere un ricambio pericoloso e provocare danni anche molto seri. Non è solo un fattore estetico. Abbiamo trovato pinze freno, soprattutto in Cina, che si sono rotte durante l’uso. Altro problema è quello della qualità, che non è la stessa con la quale noi costruiamo i nostri prodotti. E poi è un problema economico per l’azienda che ne viene fortemente danneggiata. Dal 2010 abbiamo iniziato a registrare tutti i nostri marchi nei paesi soprattutto del sud-est asiatico. Poi, nel 2015, abbiamo avviato le prime nostre azioni di controllo, iniziando da Cina e Taiwan. Parallelamente, l’attività online ci permette di tenere sotto controllo tutto il mercato dei fake su internet. Oggi monitoriamo più di 100 piattaforme di vari siti di e-commerce in tutto il mondo.
Barbara Herlitzka (Martini & Rossi): Per noi è sempre stato un grande problema, perché il marchio Martini è molto antico. Il tema della falsificazione ha così sempre coinciso strettamente con la tutela del marchio, perché se una Delta Martini Racing è un fake noi non riusciamo ad accorgercene; quello che invece cambia molto è se le nostre bande Racing, che sono registrate, vengono messe a caso o con un design improbabile, spesso frutto della creatività del falsario, su qualsiasi vettura. Da un lato, certamente, il fatto che un marchio sia copiato significa che è il marchio è famoso, però dal punto di vista della tutela del marchio stesso se questo viene utilizzato da chi non ne è titolare, diventa un danno grave. Anche se mantiene vivo il ricordo di una stagione sportiva gloriosa.
C’è modo di utilizzare le nuove tecnologie per certificare in maniera definitiva un’auto storica e consacrarla all’originalità?
Cristiano Bolzoni: Assolutamente sì, credo sia una opportunità che vada a supporto del resto. È una cosa in cui Maserati crede molto, ovvero la possibilità di abbinare un certificato elettronico di tipo NFT a una vettura in modo tale che la documentazione di quella vettura, quindi l’attestato di autenticità, le perizie che sono state fatte, il vissuto dell’auto, gli eventi a cui la vettura può aver partecipato (come una 1000 Miglia o un concorso di eleganza) vengono tutti storicizzati all’interno di questa nuova opportunità. Che è inviolabile, potenzialmente eterna, il cui accesso è una prerogativa solo della Casa automobilistica.